Come stanno i candidati in corsa per USA 2016? Dopo un inizio folgorante dove Donald Trump avrebbe, a detta di molti, “trumped” (ovvero asfaltato, alla sua maniera) gli sfidanti, le cose si stanno riportando in equilibrio.
Dopo i recenti fatti di Parigi le issue appuntate sull'agenda della corsa presidenziale 2016, stanno virando verso il tema della sicurezza. Un argomento che, fino ad oggi, era stato declinato per lo più nel senso di sicurezza delle frontiere interne.
Quella della “war on terror” è una issue dalla vita molto difficile negli USA: da protagonista assoluta della vittoria di George W. Bush nel 2004 (insieme ai valori tradizionali), venne accantonata in fretta e furia nella campagna post-crisi di Obama 2008. Fino al 2012 il focus era rimasto sempre sull'economia: dall'healthcare fino all'emergenza-lavoro, dal gas price all'immigrazione. In testa, la disaffezione alla politica, un fenomeno che non è prerogativa del vecchio continente ma che è sentito in maniera viscerale anche oltreoceano, dove sta alimentando da una parte il fenomeno-Trump, dall'altra l'exploit di Bernie Sanders.
Nel #DemDebate monopolizzato dall'economia si fa largo il tema del terrorismo
A seguito dell'inquietante espansione dello Stato Islamico, all'interno del territorio di Iraq e Siria, e degli attentati nel cuore della Francia, la “War on terror” si riaffaccia solo adesso nell'agenda, riportando la politica intenzionale al centro del dibattito. I candidati democratici hanno colto la palla al balzo: il #DemDebate ha dato loro l'occasione per snocciolare in tempo reale le proprie proposte sul tema.
At #DemDebate,@MartinOMalley calls @realDonaldTrump an "immigrant-bashing carnival basher" https://t.co/7sOhkNUvjLhttps://t.co/AXAYgD9LE5
— CBS News (@CBSNews) 15 Novembre 2015
La social-sfida al terrore dei candidati GOP
Più complessa la situazione in area GOP, dove i galli nel pollaio sono davvero troppi e ancora si stenta a trovare il frontrunner che riesca ad insidiare il primato di Trump. Commenta così Andrea Mancia, giornalista, opinionista ed esperto di politica americana, che abbiamo raggiunto telefonicamente:
“Marco Rubio è la nuova stella nascente del GOP, l'establishment si è accorto del senatore della Florida e sta dirottando supporto (e fondi) da Jeb verso di lui. Cruz è quasi sempre comunicativamente perfetto, tuttavia non ha la 'faccia del presidente', ma i suoi donatori (piccoli) sono moltissimi e lo stanno trascinando. Jeb, dopo un inizio campagna in cui il suo cognome non compariva quasi mai (ndr si è preferito comunicare un semplice e amichevole “Jeb!” piuttosto che “Jeb Bush 2016”) adesso l'attenzione si sta spostando nuovamente sulla famiglia”.
Gli attentati di Parigi possono favorire la corsa del secondogenito Bush?
“Sicuramente favoriscono quei candidati che da sempre hanno dimostrato di non trascurare la politica estera e la guerra al terrore. Lindsey Graham in assoluto, ma anche Rubio, Cruz e naturalmente Jeb Bush”.
E The Donald? “E' l'unico che si può permettere di dire le cose come pensa la gente, senza filtri”. Eppure sulla sicurezza è percepito debole, come dimostra il sondaggio di Gallup:
Il tweet del magnate americano non si è fatto attendere, e ha unito il tema del Gun Control a quello del terrorismo. Il risultato non è niente male a livello comunicativo: «Non è interessante che la tragedia di Parigi sia avvenuta in uno dei posti al mondo con le leggi più severe sulle armi?».
Isn’t it interesting that the tragedy in Paris took place in one of the toughest gun control countries in the world?
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 7 Gennaio 2015
“Il politicamente corretto non porta a nulla di buono”, insiste Trump su Fox News, riuscendo ad inserire nella stessa frase “politically correct” (il vero cavallo di battaglia della sua campagna) e l'attualissima parola “war”:
Notevole anche la video-risposta di Marco Rubio: il suo video è impostato come se la sua opinione fosse già quella del presidente. Seduto in una poltrona, aria grave, colori cupi, parole solenni. Tanto basta per un altro social goal del giovane senatore della Florida:
The #ParisAttacks are a wake up call. This is a clash of civilizations. Either they win or we win. https://t.co/9Ydjxy8KCi
— Marco Rubio (@marcorubio) 14 Novembre 2015
Jeb invece riporta subito la sua comunicazione al tone of voice che ha reso celebre (e vincente) suo fratello Walker. Lo scontro di civiltà non è più solo tra le righe dei suoi speech:
The terror attack in Paris is part of an organized effort to destroy Western Civilization and we must defeat it https://t.co/MGBV2NTyxs — Jeb Bush (@JebBush) 14 Novembre 2015
Dove penderà l'agenda dopo che il tema della guerra al terrore è tornato prepotentemente nel dibattito? I media cavalcheranno quest'onda penalizzando alcuni e valorizzando altri? Da che parte penderanno i trend dei social media?
"I social sono lo spazio più libero e meno influenzabile al momento. Paradossalmente è più imparziale Twitter che la CNBC! Occhio ai giornalisti dunque", ci avverte Andrea, che è del mestiere: “Chi analizza la realtà con i filtri ideologici, spesso finisce per confondere i propri auspici con la realtà stessa”.