Negli USA la ripresa economica prosegue; lo testimonia il Bureau of Labour Statistics. La disoccupazione è scesa (il minimo in quasi sette anni, dal maggio 2008), con la creazione di 295.000 nuovi posti "non agricoli" di lavoro negli Stati Uniti .
Il segnale è certamente incoraggiante in termini di ripresa globale, ma come reagiscono i mercati più vicini? La forte iniezione di liquidi programmata dalla Banca Centrale Europea produce effetti concreti sulle dinamiche economiche: il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, che si avvicina sensibilmente alla parità di scambio.
Per molti si tratta di una buona opportunità per il rilancio del nostro Paese: per le nostre industrie che basano il proprio business sull'export, l'euro debole è senz'altro una ottima notizia. Basicamente, un bene venduto ad un determinato prezzo qualche mese fa, ora viene ceduto ad una quantità di euro maggiore.
Seguendo questa logica, la nostra economia, che ormai si basa per oltre il 25% del PIL sulle esportazioni, dovrebbe trarne un gran beneficio e incentivare anche il rilancio nostrano: un euro debole avrebbe anche un effetto traino sugli investimenti stranieri, in particolare, nordamericani.
L'altra faccia della medaglia è, però, l'importazione delle materie prime: il mercato italiano ha flussi molto alti di import, i cui costi, a causa di un euro deprezzato, rischiano di aumentare drasticamente.
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Ma il dato occupazionale resta comunque positivo: secondo l’atteso report sul mercato del lavoro, il tasso "dei senza occupazione" lo scorso mese è scivolato ancora, attestandosi al 5,5% dal 5,7% precedente e rispetto al 5,6% delle previsioni.
Il numero di disoccupati totali è arrivato così a 8,7 milioni dagli 8,9 di Gennaio.
Boom di lavoro negli Stati Uniti: i dati
È boom nel mercato del lavoro negli Stati Uniti, dove aumentano i posti occupazionali a dispetto della fase critica che sta, invece, attraversando il settore della raffinazione. Qui, purtroppo, non mancano i licenziamenti in scia al crollo delle quotazioni petrolifere.
In particolare gli occupati del settore non agricolo sono saliti di 295 mila unità, sorpassando di gran lunga le stime degli analisti che si attendevano, al contrario, una crescita di 240 mila posti di lavoro rispetto ai 239 mila rivisti di ottobre (257 mila la lettura preliminare).
Per quanta riguarda le retribuzioni medie orarie, si ha un incremento dello 0,1% a 24,78 dollari; risultato leggermente inferiori alle prospettive che indicavano invece un +0,2%.
Viceversa, sono aumentati meno del previsto gli occupati del settore manifatturiero, che segnano un aumento di sole 8 mila unità, rispetto alle 12 mila attese e contro le 21 mila precedenti.
I settori e le attività più in crescita
L’economia americana si rafforza creando assunzioni quasi ovunque, stravolgendo così le aspettative degli studiosi.
In particolare, la maggiore occupazione, registrata nel mese scorso, si è avuta con 66.000 nuovi impieghi nel settore alberghiero e del tempo libero, e da servizi per le aziende che hanno aggiunto ben 51.000 posti.
Le costruzioni hanno, invece, generato 29.000 assunzioni, il pubblico impiego settemila e il manifatturiero 8.000 nuovi posti, come già scritto.
A risentirne di più, in senso negativo, sono le attività esposte al crollo del prezzo del petrolio: qui, infatti, le imprese di beni non durevoli, che comprendono le raffinerie, hanno perso 3.000 lavoratori e il comparto minerario addirittura altre 9.300 buste paga.
Ma il risanamento del mercato del lavoro non è ancora compiuto. Lo stesso Dipartimento del Lavoro tiene a precisare che il tasso di partecipazione al mercato occupazionale ha registrato certamente una flessione dal 62,9% al 62,8%, ma che è dallo scorso Aprile in fase stagnante in questa fascia.
Complessivamente, poi, il lavoro marginale resta elevato rispetto a prima della crisi del 2008, quando era dell’8,4 per cento.