Qualche giorno fa ho appreso che dalla mia terra, la Basilicata, è partita un'iniziativa dei Confesercenti per contrastare la moltiplicazione di sagre estive che, anno dopo anno, stanno aumentando a dismisura la concorrenza sleale nei confronti di tutte le imprese che operano sullo stesso territorio.
Di questa situazione rischiosa per le imprese se ne parlava già da qualche anno in tutto il Paese: in Toscana, avevano addirittura steso il Manifesto della Sagra Autentica, si calcola poi che solo Pisa l'anno scorso ha subito un danno alla ristorazione di ben 4 milioni di euro e nella provincia di Parma, invece, dove in appena 23 comuni solo l'anno scorso sono state realizzate ben 500 sagre, le associazioni di categoria avevano additato questa situazione come "anarchia festaiola" da fermare al più presto e, in luoghi come Alba Adriatica, intanto sono nati dei comitati di ristoratori anti-sagre.
Insomma, ormai il caso si è fatto nazionale, e mentre Confcommercio ha proposto un albo e un regolamento di disciplina del settore, in Basilicata è partita un'interessante strategia di contrattacco sul campo, basata essenzialmente sull'informazione al consumatore, condensata in un "menù anti-sagre".
Quando l'ho scoperto mi è piaciuto molto e sono pronta a scommettere che, se questo tavolo di lavoro potesse (o volesse, visto che "potere è volere"!) allargarsi a tutte le associazioni di categoria, alle reti di impresa e alla istituzioni rappresentanti i territori italiani, potrebbe nascere un nuovo modello di regolamentazione delle sagre di stampo nazionale, capace sia di far conoscere i prodotti tipici e fare turismo sia di non danneggiare produttori e imprenditori che oggi vivono nella situazione di concorrenza sleale.
Italia + Agosto = abbuffata di sagre
Per focalizzare velocemente la motivazione della reazione della Confesercenti, ho voluto mettere in equazione due parole chiave, "Italia" e "Agosto", per farvi vedere in che modo da noi oggi venga declinata la promozione turistica, ovvero attraverso una vera e propria abbuffata di sagre, che paradossalmente ha finito col non rappresentare il territorio né valorizzare la produzione dei prodotti tipici locali e le specialità certificate.
Basta pensare che è impossibile censire con esattezza il numero di sagre organizzate all'estate 2013 in Italia, in quanto pare ne esitano ormai a migliaia e che ogni anno si moltiplichino sempre di più. Solo nel mese di agosto, solo in Basilicata, da cui è appunto partito questo movimento, oggi si contano almeno 160 sagre con un volume di affari stimato intorno ad 1 milione di euro. Valore che non viene in alcun modo gravato da spese o tassazioni e, anzi, è coperto da una normativa che ripara efficacemente le vendite durante le sagre dai controlli fiscali.
In tempo di crisi, poi, anche per lo Stato questa situazione è inammissibile, non a caso proprio nelle ultime ore è arrivata una provocazione da Luigi Casero, vice ministro dell'Economia e Finanze, che all'aumento dell'Iva propone di recuperare 5 miliardi di euro tassando le sagre.
“Per evitare di deprimere ulteriormente i consumi come accadrebbe con l’aumento dell’Iva in calendario dal primo luglio - si legge nella nota diramata dalla segreteria romana della Federazione italiana pubblici esercizi, aderente a Confcommercio imprese per l’Italia, e diffusa dalla delegazione salentina - la Fipe suggerisce di reperire le risorse necessarie ad evitarlo rimuovendo le esenzioni fiscali di cui beneficiano sagre, feste di partiti politici, circoli privati, circoli sportivi e quant’altro”.
La strategia "anti-sagre" della Confesercenti: un menù e una Carta dei Valori
Il parere della Confesercenti Basilicata è che
“le troppe sagre che, in tantissimi casi hanno solo come “specchietto per le allodole” un prodotto alimentare e molte volte senza collegamento con la produzione locale (si pensi solo alle sagre-festa della birra, del wurstel, dell’hamburger, ecc.) nuocciono agli esercizi di ristorazione locale perché sono a tutti gli effetti concorrenza sleale”
arrivando a studiare quindi una strategia “anti-sagre” con un menù (molto poco simbolico, trattandosi di un buffet illimitato a cui si può accedere con un prezzo decisamente concorrenziale rispetto a quello delle sagre) e un'iniziativa di comunicazione che intende invitare ad un tavolo di lavoro comune l'Unione provinciale delle Pro Loco, i comuni, la Regione e l'Apt e costituire una Carta dei Valori.
La Carta altro non vuole essere che il decalogo che fissa le caratteristiche da dare alle sagre vere, quella di tradizione, quelle degne di essere appoggiate e differenziate da quelle “commerciali” con il marchio di qualità delle 3S: ovvero “sagre sicure e sostenibili”.
Quindi il movimento anti-sagre non esprime la volontà di scagliarsi indistintamente contro tutte le sagre, bensì ripulirle dalla speculazione in cui si è caduti, a grave danno dell'economia nel suo insieme.
«Il lavoro di classificazione delle sagre deve essere rigoroso» sostiene Prospero Cassino, presidente Confesercenti «e poi va definito il periodo massimo di durata delle manifestazioni. Le amministrazioni comunali, quindi, vanno invitate ad autorizzare, a dare il patrocinio e a sostenere magari con un contributo soltanto quegli eventi certificati 3S, perché anche la Sagra della pizza non si può affidare a chi non è pizzaiolo».
Cosa ve ne pare?