Questa settimana ci spostiamo in un paese asiatico, dando uno sguardo all’Indonesia. Circa 17mila isole e 240 milioni di abitanti (di cui 35 milioni di utenti Facebook), fanno di questo enorme arcipelago un luogo multiculturale. Come sostiene il loro motto “Unità nella diversità”! La ricchezza di questo stato è forse proprio nella quantità di gruppi etnici che vivono e convivono (non senza tensioni) su tutto il territorio, in una centrifuga di influenze provenienti da tutto il mondo.
La capitale è Jakarta, con circa 8 milioni di abitanti e la lingua nazionale è l’indonesiano, ma tra le lingue più diffuse ci sono il giavanese, lingua del gruppo etnico più vasto, e l’inglese.
Paese non economicamente ricco, circa il 50% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, a causa anche di una grave crisi finanziaria asiatica del 1997-1998.
Secondo Yansen Kamto, un illustre indonesiano che lavora nel marketing, vi è un enorme fermento all’interno dello stato Indonesiano. Nell’ultimo periodo sono state molte le aziende estere che si sono dedicate con interesse alla startup scene indonesiana, e che stanno dando una spinta evidente all’economia digitale su tutto il territorio, vedendo nell’ambito dell’e-commerce quello con più potenziale in Indonesia.
Organizzatore dell’IDBYTE, il più grande evento digitale dello stato, si augura che nei prossimi anni le startup che nascono in Indonesia possano continuare a crescere grazie alla conoscenza e alle capacità degli indonesiani.
Alla luce di ciò, è interessante come la politica abbia cominciato ad interessarsi alla startup scene, con diversi aiuti come viene spiegato dal Ministro del Commercio Elka Pangestu, la quale ha notato che molti imprenditori locali sono impreparati per quanto riguarda tutti gli aspetti startup, e ciò limita la loro partecipazione con capitali, in quanto hanno difficoltà a capirne il business model o l’eventuale ritorno economico.
Per colmare questo deficit, il governo stabilirà alcune regole per l’investimento di capitali bancari nelle startup.
Anche in questo caso, come in quello cileno spiegato in "Il progetto Start-Up Chile”, l’aiuto arriva dalla politica, che dopo aver notato un grande potenziale ha deciso di scendere in campo in prima persona, per il supporto della tecnologia e del mondo digitale.