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Fondata nel 1926, Ducati era sull’orlo del fallimento quando, nel 1996, è stata rilevata da Federico Minoli per conto di Texas Pacific Group, un fondo di investimento americano. Da allora, l'ex consulente di McKinsey (che ha lasciato Ducati nel 2007) ha fatto schizzare la produzione di moto Ducati dai 12.000 esemplari del 1996 agli oltre 40.000 attuali: niente male per un'azienda da poco più di mille dipendenti.
Per rilanciare l'azienda Minoli ha scommesso tutto sulla tribù, designando fin dall’inizio non un marketing manager ma un tribe director, responsabile oggi di un gruppo di 30 persone.
Di fatto, non avendo la possibilità di mettere in atto una strategia comunicativa rivolta al grande pubblico, perché troppo cara, Ducati ha puntato sul tam tam della tribù e su un insieme di eventi (tra cui i Ducati Weekends e la World Ducati Week) che le hanno permesso di costruire una tribù virtuale (12 milioni di visitatori all'anno sul sito Ducati.com) intorno ad una tribù reale di dimensioni ben più modeste (200.000 Ducati in circolazione oggi nel mondo, il che significa massimo 200.000 clienti).
Come lo stesso Federico Minoli spiega: “Qui non si parla di clienti, ma di fan. E, in termini di marketing, qual è il fan tipo Ducati? All’inizio, avevo intenzione di segmentare la clientela, ma si è rivelato impossibile: il ventaglio di possibili profili spazia dal cliente fortunato, che espone la sua Ducati nel salotto di casa, al semplice operaio, che risparmia un poco alla volta per riuscire ad acquistare la moto dei suoi sogni. È per questo che preferisco parlare di tribù Ducati.
Per Minoli, infatti, “sono i membri della tribù a fare il lavoro. È questa la cosa geniale. Vi do un esempio: di recente, ci è stato dedicato un grande reportage su un’edizione del week-end del Daily Telegraph. Si trattava della partecipazione della Ducati ad un raduno di moto d’epoca. In termini di relazioni pubbliche, è stato per noi qualcosa di straordinario. A maggior ragione per il fatto che non abbiamo né il denaro né il peso mediatico sufficienti a imporre alla stampa eventi del genere. Ma l’articolo è apparso in prima pagina perché il giornalista è un membro della tribù Ducati”.
Oggi esistono nel mondo 600 club di appassionati Ducati (40 di questi club hanno più di 5 anni), tutti diversi tra loro: si va di “neo-fascisti” di Roma ai “gay di San Francisco”. Si tratta dei Desmo Owners Club, i DOC, una vera e propria tribù che fa della passione rossa la propria bandiera. Hanno tutti il diritto di crearsi le proprie t-shirt Ducati e la rete dà loro la possibilità di incontrarsi: così, un club di Roma porta numerosi Italiani al raduno di Daytona, in Florida.
Minoli non si è solo accontentato di utilizzare la comunità per comunicare, l’ha anche mobilitata perché l’aiutasse a definire cosa rende una moto un’autentica Ducati.
Sono emersi quattro elementi distintivi:
- la disposizione ad L dei cilindri del motore;
- i tralicci in tubi d’acciaio;
- il rombo del motore (brevettato!)
- il comando DESMO (the Desmodromic drive, un’esclusiva Ducati).
Questi elementi distintivi si ritrovano sui modelli da gara che rendono famosa la Ducati in MotoGP e in Superbike, vetrine che ne hanno amplificato la visibilità grazie anche ai successi di piloti come Casey Stoner e Troy Bayliss.
Minoli ha poi ampliato l’offerta Ducati a tutti quegli ingredienti che permettono di celebrare i rituali Ducati e in particolar modo agli abiti. Quindi Ducati non produce più solo moto, ma anche tutta una gamma di accessori e di abbigliamenti speciali da pista (linea Ducati Corsa). Per realizzare l’abbigliamento da pista, Ducati ha lavorato di censimento, fotografando le tenute dei suoi appassionati per poi tradurle in abiti. Tali prodotti sono reperibili esclusivamente presso i Ducati stores ( 140 nel mondo, di cui 50 in Italia).
Ma non finisce qui: l’appassionato Ducati può infatti anche visitare la fabbrica di Borgo Panigale (nei pressi di Bologna), dove può avere accesso a qualsiasi zona, fatta eccezione per quella Ducati Competition che resta segreta (si può intravedere qualcosa attraverso un oblò). La fabbrica è stata trasformata in un vero e proprio luogo di culto della tribù.
“Quando ho rilevato l’azienda, il tetto della fabbrica perdeva. Eppure la prima cosa che ho fatto è stata avviare la costruzione di un museo. L’iniziativa ha immediatamente scatenato uno sciopero degli operai, tuttavia ha subito chiarito quale fosse la direzione in cui intendevamo muoverci. In Ducati, infatti, non possiamo pretendere di differenziarci dalla concorrenza puntando esclusivamente sul progresso tecnico. I Giapponesi, in questo campo, hanno molte più possibilità di noi. Per poter giustificare la nostra strategia di prezzi elevati, dobbiamo, a parità di tecnologia, valorizzare delle qualità extra, come il mito Ducati, la nostra originalità e la nostra storia” afferma Minoli.

Nei prossimi giorni altre interessanti case histories sul Tribal Marketing. Nel frattempo chi volesse iscriversi subito al corso, approfittando anche del prezzo scontato (disponibile fino al 16 aprile), può scaricare qui il pdf con il programma e tutti i dettagli del corso (compreso il modulo di iscrizione). E’ anche possibile iscriversi al corso online qui!
Per ogni ulteriore informazione vi rimandiamo al nostro post sul corso, oppure potete contattare Flavio Glielmi a flavio[@]ninjamarketing.it o allo 3339705800.