Negli Stati Uniti è ormai prassi consueta far vivere in parallelo a giornali e magazine diverse tipologie di blog, dove giornalisti “cartacei” insieme ad altre voci autorevoli, integrano notizie e opinioni con un numero quantitativamente e qualitativamente maggiore di informazioni che riguardano i fatti del giorno.
I dati generali favoriscono l’intraprendere di queste nuove strade; basta pensare che dal 2012, più di 145 milioni di persone – il 67% della popolazione americana “navigante”- leggeranno i blogs almeno una volta al mese.
In questo senso tra le risorse interattive più importanti che i primi 100 giornali e magazine statunitensi offrono ai loro e-readers, la lettura di articoli online su blogs di giornalisti “dedicati”, insieme alla possibilità di commentare l’articolo stesso, è la principale. In totale, il 95% dei più importanti giornali americani (un aumento dell’80% rispetto al 2006) hanno una serie di blogs “d’appoggio” di loro giornalisti e il 58% dei maggiori magazine del Paese offrono il medesimo servizio.
Uno studio della Prospero Technologies di fine 2007 ha individuato che il 78% del movimento d’affari americano che riguarda le applicazioni sui social media, fa riferimento ai blogs e ai loro staff editoriali. A seguire nell’indagine c’erano le conversazioni online, gli RSS feed e le customer reviews.
Nonostante questa esplosione d’interesse verso i blogs, i giornalisti americani non usano questi nuovi strumenti come una piattaforma giornalistica e informativa radicalmente diversa, ma come un nuovo modo di arrivare, attraverso le vecchie metodiche, ad altri lettori e a controllare la concorrenza sulle notizie.
Sfruttano i blog per la loro capacità amplificatrice e penetrante in nicchie di lettori “annoiati” dai tradizionali sistemi d’informazione, ma non attivano in nessun modo processi di condivisione e scambio per la costruzione multidimensionale dell’informare.
In un sondaggio fra giornalisti americani condotto da PR week, PR Newswire e Millward Brown, il 57,7% degli intervistati ha affermato che il blog è servito per misurare le sensazioni popolari riguarda a un evento, il 51 % di giornalisti hanno usato il blog per stabilire come i loro competitors hanno coperto una notizia. Solo pochi giornalisti, meno del 30%, hanno usato il blog come un meccanismo per scavare nelle notizie e riuscire ad avere maggiori informazioni.
Usare il blog come termometro della massa sociale che muove opinioni online è un semplicistico accodarsi degli ormai decadenti processi informativi tradizionali top-down. Pensare ai blog “giornalistici” invece come degli epicentri vibranti da cui far partire un’informazione condivisa (Citizen Journalism) e per questo “etica” è la frontiera verso cui ancora non si è guardato. Informazione “etica” che è figlia del distacco delle opinioni dai flussi di potere e dalle ingerenze di mercato.
Altre ricerche confermano la mancata occasione per i blogs di definirsi come un nuovo medium da sfruttare. Un sondaggio condotto dalla Snynovate per la Marine Association of Relators, ha individuato che solo il 3,9% degli americani adulti ritengono i blogs una nuova risorsa di notizie.
I blogs sono all’ultimo post tra le diverse fonti di informazioni.
Allo stesso modo, un’inchiesta del Pwe Research Center for the People and the Press, ha inserito le discussioni online sui blog alla fine della lista delle nuove risorse usate regolarmente dagli americani adulti per avere informazioni. Solo lo show del commentatore conservatore Rusch Limbaugh serve meno.
Questo post è solo un amo lanciato in questo mare che si sta spalancando. Nuovi post svilupperanno la tematica, considerando anche la situazione italiana. Saremo contenti se i nostri lettori dicano la propria sull'argomento e mettano in luce iniziative che riguardano il rapporto tra blog e giornalismo.