Sempre più manager credevano di avercela fatta, ma si trovano adesso ad essere i primi a venire risucchiati dal vortice dell’economia globale.
Santa Clara, ore 20,00. Nel quartiere tecnologico-finanziario i parcheggi sono ormai quasi vuoti, ma dalle luci soffuse che s’intravedono al Portal Player Inc. s’intuisce che sta per cominciare una nuova sessione di brain-drain. Invece di tornare a casa come tutti gli altri, i manager del Portal Player si muovono agitatamente nella sala delle conference-call. Parlano con l’India dove i tecnici specializzati si sono appena svegliati. Con i colleghi dall’altra parte del mondo discutono la configurazione strategica del progetto denominato “doppel ganger”.
Per la compagnia è appena iniziato un altro giorno senza fine; entro dodici ore i lavoratori indiani finiranno la loro giornata di telefonate e e.mail con la California, dove i manager del quartier generale di Santa Clara si staranno svegliando. Dice Jeff Hawkey, vice-presidente della Hardware Engineering, che spesso si trova a dover lavorare in orari inusuali: “Continuiamo a passarci la palla tra l’India e la California; ecco perché in 24 ore produciamo tanto lavoro. Molte volte torno a casa, metto a letto i miei figli e poi accendo il mio portatile per cominciare una serie di conference-call”.
I manager del Portal Player, che producono chip e software per gli iPod, dicono di avere più di 90 impiegati hiderbad, raddopiando così il numero di tecnici che lavorano 24h/24. L’ottimizzazione dei cicli produttivi fa sì che questa compagnia, da più di sei anni, sia sempre un passo più in là rispetto alla concorrenza. Migliaia di altre tech-company seguono un simile percorso. L’off-shoring, le migrazioni di lavoro in paesi come India e Russia che hanno costi più bassi, rimangono per questi paesi politicamente sensate a causa della scarsa preparazione del mercato americano e dei suoi manager. Gli esperti insistono sul fatto che la manodopera a basso costo e il lavoro veloce hanno reso l’off-shoring di vitale importanza per tutti i settori dell’industria. Anche i più scettici ne riconoscono i risultati nel lungo periodo, ma ora questo sta provocando strani effetti sui “colletti bianchi” americani. Il timore è che questi effetti, se non propriamente gestiti, possano portare alla crisi dell’off-shoring.
I lavoratori della Sylicon Valley lamentano infatti la pesantezza delle video-conferenze alle sei di mattina, piuttosto che i cellulari che squillano tutta la notte. Durante l’effimero boom delle dotcom, molti di questi manager avevano barattato le loro vite sociali con 80 ore di lavoro settimanale, ma adesso il ciclo di 24h/24 per questi manager risulta ancora più stressante, forse ancor più dei caffeinatissimi anni ’80. Le lunghe giornate di lavoro confluiscono in una miriade di bonus ed azioni. “Si può certamente parlare di workaholics! Tutti lavorano più di prima con e.mail e accessi wireless… è la globalizzazione.”
Dice C.Lockhead, direttore dell’ufficio marketing della Mercury Interactive Coorporation, un’azienda che s’interfaccia con 35 paesi, Israele compreso dove la domenica è un normalissimo giorno lavorativo: “Non puoi nemmeno riposare durante il weekend. Quando cerchi di fare global-business c’è sempre qualcuno che lavora guardando l’orologio. Dopotutto i customer service delle aziende rappresentate in Asia hanno lavorato con l’ora americana per più di dieci anni”. Continua Lockhead “I lunch-break diventano dinner-break dopo le 18,00.”.
Gli esperti sono preoccupati dal sovraccarico di lavoro e dalla velocità a cui esso si muove. Le conseguenze, nel settore dei servizi tecnologici e finanziari, potrebbero essere gravissime: da un bombardamento delle informazioni all’accumulo spropositato di stress. La loro paura è che questo si ripercuota sui “colletti bianchi” di tutto il mondo. Questo vertiginoso turn-over di manager potrebbe portare i senior executive a riconsiderare i benefici ci dell’off-shoring. Dice P.Morici, professore di macro-economia presso l’Università del Maryland “Non si può lavorare tutto il giorno, la sera mettere a letto i propri figli, stare al telefono con la Malesia tutta la notte ed essere di nuovo fresco la mattina. La cosa può funzionare per un paio di settimane, ma poi scoppierà la testa. Quando i tecnici parlano dell’efficienza dell’off-shoring spesso non tengono conto del prezzo da pagare, gli uomini non sono macchine.”
Secondo uno studio condotto nel 2005 dalla Deloitte Consulting Llp., il 62% dei senior executive intervestati in 25 grandi multinazionali riconosce che l’off-shoring richiede uno sforzo manageriale sempre maggiore di quello previsto. Più della metà degli intervistati dice di non riuscire più a trovare supervisor per i loro progetti. Gli avvocati dei lavoro paragonano questa tendenza al boom dell’industria automobilistica degli anni ’20 in cui Henry Ford aumentò la velocità di produzione nelle catene di montaggio senza aumentare i salari. Questo turn-over era aumentato del 400% in un anno nell’area degli stabilimenti di Detroit e aveva aiutato la crescita delle associazioni dei lavoratori negli anni ’30.
M.Courtney, presidente della Wash Tech, dice: “Ci sono alcuni impiegati a cui vengono pagati gli straordinari per i meeting notturni con Shanghai, mentre altri, i techies, sono fieri della loro dipendenza del lavoro”. Le video-conferenze all’alba e le riunioni alle nove di sera hanno allungato spropositatamente i tempi di lavoro. Oggi, con l’economia globale, i lavoratori subordinati assistono ad un incremento delle ore lavorative e ad un aumento del precariato, contro una riduzione delle ricompense e delle opportunità. Aggiunge Courtney: “Sono preoccupato che il livello di stress di questi manager cresca a dismisura e che possano aumentare anche le già eccessive 50 ore settimanali. Gli orari sono particolarmente lunghi nelle startup quando le compagnie lanciano le loro operazioni oltre oceano”.
Dice P. Hazelhust, vice-presidente dei servizi finanziari per la Yodlee Inc. che controlla 170 tecnici di cui 30 a Redwood City e 140 a Bangalore: “L’off-shoring non ricava nessun vantaggio da tecnici stagionali scoppiati”. Alcuni manager hanno recentemente iniziato ad alternare incontri settimanali: alle 8 a.m di mercoledì e alle 9 p.m di giovedì, così che sia gli americani sia gli indiani riescano a far combaciare i loro orari. Aggiunge Hazelhust: “I lavoratori sarebbero più disponibili se questo fardello venisse condiviso tra le varie zone del mondo.”
Non è chiaro come gli orari di lavoro della Sylicon Valley possano diventare la norma, anche perché altrimenti saranno sempre gli stranieri a fare turni massacranti. Nel 2005 saranno approssimativamente 830.000 i lavoratori dei settori delle telecomunicazioni che si muoveranno all’estero. Secondo i dati forniti dalla Foster Reseach Inc. saranno 3,4 milioni i posti di lavoro abbandonati entro la prossima decade.
La Tata Consultancy Service of America, con sede a Bombay, ha 42.000 impiegati in tutto il mondo, inclusi 14.000 in India che seguono progetti americani lavorando con turni cha vanno dalle 7 a.m alle 3 p.m e dalle 2 p.m alle 10 p.m. Arup Gupta, presidente della compagnia, sentenzia: “Possiamo essere noi quelli cha faranno il lavoro in eccesso, questi tipi di orari sono scritti nel DNA degli indiani, che in un modo o nell’altro devono pur guadagnare.”
Tradotto dall'osservatorio MACAO-connection presidio di O-Onlus