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  • Le microplastiche liberate dalle bustine di tè sono solo la punta dell’iceberg e il packaging sostenibile è il futuro

    Uno studio ha scoperto che le bustine di tè in nylon rilascerebbero miliardi di microplastiche in ogni singola tazza di tè, ma è tutto il settore food a mettere potenzialmente a rischio la nostra salute

    7 Ottobre 2019

    Le bustine di tè in rete di nylon furono considerate una vera rivoluzione: secondo un articolo del New York Times, già nel 2006, si trattava di un’innovazione che avrebbe diversificato un mercato abbastanza consolidato offrendo un formato più elegante: “Invece della carta“, si legge nell’articolo “le foglie saranno avvolte in sacchette di rete di nylon a forma di piramide, dando vita a bevande più gustose senza dover ripescare residui di carta o di foglie nel liquido“. Una sorta di “update” della classica bustina, senza effetti nocivi. Pare, però, che non sia proprio così: questo tipo di bustine di nylon riempirebbe infatti il liquido di microplastiche, secondo un nuovo studio pubblicato di recente dai ricercatori della McGill University di Montreal. Nathalie Tufenkji, una professoressa di ingegneria chimica, ha iniziato a studiare le bustine di tè a rete di nylon dopo che la gustosa bevanda le era stata così fornita in un locale. Tufenkji e il suo team hanno scoperto che la detersione di una singola bustina di tè di plastica setosa a temperatura di fermentazione (95 ° C) rilascia circa 11,6 miliardi di microplastiche e 3,1 miliardi di nanoplastiche (queste ultime sono 150 volte più piccole di un capello, forse abbastanza piccole da permeare le cellule umane) costituite da nylon e polietilene tereftalato (PET). Questa quantità, in un’unica tazza di tè.

    Gli studi sulle reazioni alle microplastiche

    I ricercatori dello studio hanno sperimentato la somministrazione dell’alimentazione con materie plastiche a microscopiche creature simili a gamberetti chiamate “pulci d’acqua”. Questi animaletti hanno cominciato a nuotare freneticamente, letteralmente scatenate. Inoltre, gli esoscheletri delle pulci si sono gonfiati innaturalmente; un effetto preoccupante che i ricercatori credono meriti ulteriori approfondimenti.

    Quanta plastica mangiamo?

    Ingeriamo microplastiche in moltissimi modi attraverso l’alimentazione ma ciò che preoccupa i ricercatori è che la quantità di plastica ingerita attraverso queste bustine di tè supera qualsiasi altra dose. Per calare il dato in un contesto, un litro d’acqua conservato in una bottiglia di plastica monouso contiene 44 particelle di microplastica; una porzione di molluschi ne contiene circa 90 e un chilo di sale fino a 600. Inoltre, ingeriamo circa 70.000 particelle all’anno solo dalla polvere ambientale che si deposita sul nostro cibo. Il World Wide Fund for Nature ha stimato che la persona media ingerisce circa cinque grammi di plastica a settimana, l’equivalente di una carta di credito. Sulla base di questa ricerca, nel corso di un anno sgranocchiamo oltre 260 grammi di plastica. Una quantità enorme. LEGGI ANCHE: Ambienti plastic-free e sostenibilità: Milano Fashion Week sempre più green Tuttavia, studi come quelli di McGill suggeriscono che tali valutazioni sono probabilmente al ribasso e, di fatto, consumiamo tutti molta più plastica di quanto pensiamo. Dopotutto,  solo una parte di alimenti comuni, come zucchero, molluschi e birra (rappresentativi di appena il 15% delle calorie consumate dalla persona media) è stata analizzata per rilevare la presenza di microplastiche. Nonostante questi dati allarmanti, l’effetto delle micro e delle nanoplastiche sulla salute umana non è studiato a sufficienza e il suo impatto viene considerato non rilevante.

    Cosa dice l’OMS sulle microplastiche

    L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato il mese scorso che le microplastiche “non sembrano rappresentare un rischio per la salute ai livelli attuali”, ma ha anche sottolineato che le informazioni disponibili erano limitate e che erano necessarie ulteriori ricerche sulle microplastiche e su come influenzano la salute umana. “Abbiamo urgentemente bisogno di saperne di più sull’impatto sulla salute delle microplastiche perché sono ovunque, anche nella nostra acqua potabile“, ha affermato la dott.ssa Maria Neira, direttore del Dipartimento di sanità pubblica dell’OMS. LEGGI ANCHE: Ai bambini dovremmo insegnare a mordere la frutta (e a rifiutare la plastica) Attualmente, il modo più saggio per gustare una bevanda al tè senza tracce di polipropilene o granelli invisibili di plastica è farlo alla vecchia maniera, utilizzando foglie direttamente in un filtro riutilizzabile. Sarà forse meno trendy di una piramide di nylon, ma la nostra salute vale bene questa rinuncia. LEGGI ANCHE: Addio alla plastica nei supermercati: la rivoluzione green inizia nel Regno Unito

    I brand e le alternative all’uso della plastica

    Il tema della salute e del rispetto dell’ambiente assume una grande importanza anche per alcune aziende che, sensibili alle aspettative dei proprio clienti, cercano vie più green per promuovere e distribuire i propri prodotti. Ecco alcuni esempi da un nostro articolo.

    Cubitts

    sostenibilità cubitts ninja marketing Il brand di occhiali da sole londinese ha raccolto la sfida di trasformare alcuni materiali di scarto per realizzare montature di occhiali. CD, patate, scatole di plastica e alluminio hanno preso forma in bellissimi oggetti fatti a mano. Accanto al progetto Redux che attinge a un’economia circolare incentrata sul riciclo, Cubitts sta indirizzando i suoi sforzi per diventare più sostenibile in ogni fase della sua attività, dal riutilizzo degli scarti di produzione alla riduzione degli imballaggi.

    Converse

    Converse Renew Di sicuro in fatto di scarpe realizzate con la plastica riciclata dagli oceani, ricordiamo Adidas. In collaborazione con Parley for the Oceans segue un progetto fortemente ambientalista ed è riuscita fino ad oggi a vendere oltre 6 milioni di scarpe riciclate. Ma anche Converse prende le parti dell’ambiente lanciando la sua linea di scarpe green. Converse ReNew Canvas è la collezione realizzata con solo PET riciclato, a dimostrazione di come un materiale di scarto possa trasformarsi in una risorsa, che non rinuncia oltretutto ad essere fashion.

    MWoven

    sostenibilità MWoven ninja marketing La designer ceca Martina Spetlova, votata al green, lavora esclusivamente con concerie europee impegnandosi sul benessere degli animali e utilizzando solo sottoprodotti di carne destinati alle discariche e coloranti non tossici. Il rivestimento di ogni capo è realizzato in fibra Econyl, nylon riciclato ricavato dalla plastica degli oceani.

    Prada

    prada_recicle_ninja marketing Il noto brand milanese, nell’ambito dell’impegno ambientale, non solo ha vietato l’uso della pelliccia ma ha anche lanciato una nuova linea di borse uomo-donna prodotte con nylon riciclato. Prada, collaborando con il gruppo italiano Aquafil, produttore della fibra Econyl, per la sua collezione eco-friendly ha scelto di lavorare materiali come reti da pesca e pannelli di moquette. LEGGI ANCHE: Esiste un’economia circolare basata sulla cacca (e potrebbe capovolgere gli equilibri mondiali)

    Il packaging sostenibile e plastic-free

    Abbiamo visto finora una serie di esempi di aziende sensibili al problema della dispersione della plastica, ma l’utilizzo di confezioni di questo materiale diventa ancora più problematica quando parliamo di food, come abbiamo appreso dalle ricerche sul tè. Ecco perché molti brand del settore stanno già cercando di aggirare l’ostacolo, proponendo solo cibi plastic-free: un po’ un ritorno al passato dei nostri nonni, con latte venduto solo in bottiglie di vetro e frutta e verdura rigorosamente in tela. Ma quali sono i packaging che oggi possiamo considerare sostenibili? Scegliere prodotti in imballaggi sostenibili è un modo per evitare sostanze chimiche dannose e ridurre la quantità di plastica che finisce nelle discariche. E i materiali che elenchiamo di seguito sono ottime opzioni per la scelta di imballaggi sostenibili.
    • Il bambù: è la pianta in più rapida crescita al mondo e questo la rende la risorsa rinnovabile numero uno. Il bambù cresce effettivamente più velocemente quando viene tagliato.
    • Il cartone compostabile / biodegradabile: è realizzato con pasta di carta riciclata e se prodotto e smaltito correttamente, è in gran parte considerato una risorsa rinnovabile.
    • Vetro e metallo sono riciclabili al 100%. Ciò significa che possono essere riciclati all’infinito in nuovi imballaggi senza perdita di qualità. È anche molto facile riutilizzare un contenitore di vetro o metallo in up-cycling, ovvero trovando per loro nuove applicazioni.
    • Il silicone è un materiale ecologico gommoso. Il processo di fabbricazione del silicone è meno dispendioso rispetto al processo di fabbricazione della plastica. Può essere riciclato (nelle giuste strutture) ed è un’alternativa atossica alla plastica, sebbene non tutti gli studi siano concordi sulla sua totale sicurezza per la salute dell’uomo.
    • Le bioplastiche: si tratta di una tipologia di materiale ancora non troppo diffusa (in particolare è usata nell’agricoltura). I biopolimeri rappresentano un’ area con grande possibilità di sviluppo perché uniscono elevate potenzialità tecniche ed ecosostenibilità, sia dal punto di vista delle materie prime che del loro recupero a fine vita. Uno dei tipi di bioplastica più citata nell’ultimo periodo è quella derivante dalla alghe.
    Se tra i brand oggi più attenti al packaging sostenibile troviamo quelli legati al mondo del make-up – basti pensare a Lush o Alima Pure – anche nel food cresce la consapevolezza che la confezione stia diventando per i consumatori importante almeno quanto il prodotto stesso. E che, anzi, il prodotto sia anche la sua confezione. Ecco quindi nascere brand come Honest Tea, che pone la certificazione Cradle to Cradle (C2C) sulle sue bottiglie di vetro, indicando l’uso di materiali riutilizzati, la gestione delle risorse idriche, la sicurezza dei materiali e l’utilizzo di energia rinnovabile; o Loving the Wild che ha recentemente lanciato la sua linea in vassoio compostabile a base vegetale di pasti a base di pesce sostenibili pronti da cucinare; e ancora Loving Earth, le cui confezioni di barrette di cioccolato e superfood sono realizzata con Econic, un film compostabile derivato da pasta di legno certificata FSC e mais non OGM, stampa te con inchiostro a base vegetale non tossico.