Spotify chiede all’UE di alzare la voce contro le big del tech americane

Spotify, insieme a Deezer e altri servizi online, ha chiesto all’Unione Europea di intraprendere azioni più severe per frenare quelle che considerano pratiche di concorrenza sleale da parte dei competitor stranieri.

Nelle prossime settimane, infatti, i Paese dell’Unione Europea stabiliranno una posizione comune su una proposta di legge platform-to-business (P2B) volta a garantire maggiore trasparenza ed equità nell’economia digitale. negli ultimi anni l’Unione ha introdotto regole più severe per regolamentare i mercati online dominati dai giganti tecnologici statunitensi come Google, Apple e Amazon.

In una lettera congiunta, a firma di imprese e organismi collegiali come il Consiglio degli Editori Europei o l’Associazione Europea per l’Artigianato, si è però affermato che i provvedimenti non sono abbastanza incisivi: “Sono necessarie misure mirate per prevenire pratiche sleali da parte delle piattaforme se la legislazione vuole promuovere una crescita digitale sostenuta”, si legge nella missiva datata 24 settembre.

LEGGI ANCHE: L’antitrust europea vuole vederci chiaro su come Amazon utilizza i dati dei rivenditori

Cosa cambia con la legge P2B

Presentata dalla Commissione Europea ad aprile, la legge P2B costringerebbe app store, motori di ricerca, siti di eCommerce e siti web di prenotazioni alberghiere (come Expedia) a essere più trasparenti su come vengono classificati e archiviati i risultati delle ricerche e le motivazioni che inducono a inserire o cancellare determinati servizi.  Apre anche le porte alle aziende per associarsi e chiamare in giudizio le piattaforme online.

I gruppi imprenditoriali e industriali, fra i quali sono presenti i colossi della musica in streaming Spotify e Deezer, non hanno menzionato alcuna piattaforma nella lettera, che era indirizzata ai Ministri Europei tra i quali è previsto un incontro il 27 settembre.

“Questa piattaforme sfruttano la loro posizione privilegiata per diventare unici guardiani dell’economia digitale”, si legge nella lettera. Vengono anche evidenziati alcuni comportamenti sleali messi in atto dalle piattaforme, come l’uso obbligatorio di un particolare sistema di fatturazione o cambiamenti unilaterali dei contratti.

 

Il gruppo CCIA, che rappresenta Google, Amazon e eBay, ha già dichiarato in merito che non esistono prove di un problema diffuso e sistematico, tale da richiedere nuovi regolamenti.

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