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  • Così Internet e i brand si impegnano per l’inclusività (e contro l’omofobia)

    Grazie a internet e ai social network si è iniziato a discutere e a combattere l'omofobia nei confronti della comunità LGBTQ+

    5 Giugno 2019

    Internet e i social network giocano un ruolo fondamentale nella vita di molti giovani LGBTQ+ e anche nella lotta all’omofobia. Essi sono, infatti, utilizzati come strumento non soltanto per diffondere informazioni, ma anche per rappresentare i gruppi marginalizzati. Twitter, in particolare, ha dato (e continua a dare) una grande voce alle lesbiche, ai gay, ai transessuali e bisessuali di tutto il mondo: individui e gruppi utilizzano i social media per raccogliere, promuovere e supportare (virtualmente, ma anche fisicamente) i propri diritti ed obiettivi. E la storia degli ultimi anni dimostra come, grazie a Twitter, queste persone siano riuscite ad ottenere ciò che desideravano, sia nei paesi tolleranti sia in quelli meno aperti. Anche Facebook continua ad avviare iniziative in favore dei diritti delle persone LGBTQ+. Basti pensare a quando, nel 2011, il social media introdusse due nuove opzioni per definire lo status sentimentale degli utenti: “convivente” e “in un’unione civile”. Nell’autunno dell’anno precedente, invece, in seguito ad una serie di suicidi di giovani bullizzati per il loro orientamento sessuale, il social network di Mark Zuckerberg aveva stretto una partnership con la Gay & Lesbian Alliance Against Defamation (Glaad), un’organizzazione no-profit di attivismo LGBT, al fine di ridimensionare i fenomeni di bullismo e cyberbullismo. Come afferma Adele Hassinoff, docente presso il dipartimento di comunicazione dell’Università del Colorado Denver:”I social media possono offrire agli adolescenti dei benefit: essi sono una potenziale fonte di supporto sociale per un numero elevato di gruppi marginalizzati. L’anonimità di alcuni social network permette, infatti, ai ragazzi LGBTQ+ ed altri soggetti marginalizzati di trovare un rifugio dallo stigma e dalle restrizioni di cui hanno avuto esperienza a scuola o a casa. Una varietà di studi LGBT conferma la capacità di Internet nel fornire un’importante alternativa nel connettersi con altre persone, nel trovare informazioni, l’amore e la confidenza difficilmente acquisibili altrove”. Qui di seguito andiamo a scoprire come, soltanto grazie al Web, si sia iniziato a parlare in maniera molto più diretta dell’omofobia e del mondo LGBTQ+, temi rimasti per lunghi anni soltanto accennati nelle campagne pubblicitarie, in maniera purtroppo non sempre efficace. LEGGI ANCHE: IKEA lancia la campagna #FateloACasaVostra per la giornata mondiale contro l’omofobia giormata contro l'omofobia, internet ed omosessualità

    La storica campagna “It Gets Better Project”

    It Gets Better Project è stata una delle prime campagne mediali che ha raggiunto con successo migliaia di giovani, sia gay sia eterosessuali. La campagna del 2010 è stata creata dopo la morte di Justin Aaberg e Billy Lucas. I due teenager americani, dopo un intenso bullismo nei loro confronti, decisero di togliersi la vita. La pubblicazione di un video su Youtube della durata di 8 minuti, da parte di Dan Savage, un giornalista statunitense, in compagnia del partner Terry Miller, ebbe un successo planetario: il video, in cui i protagonisti raccontano le proprie sofferenze, cosi come la capacità di superare le molestie e la non accettazione da parte di persone omofobe, è stato visualizzato e condiviso migliaia (se non milioni) di volte. Nel giro di pochi mesi, molti giovani e dozzine di celebrità (tra cui Hillary Clinton e Barack Obama), hanno creato e pubblicato i loro video personali a supporto dei giovani LGBT, con il desiderio principale che l’omofobia ed il bullismo venissero sradicati dalla società. Campagne di successo come questa sono davvero importanti per gli addetti al marketing, i quali, in tempi recenti, hanno deciso di focalizzarsi sul lato social, considerandolo come trampolino di lancio dei loro progetti. LEGGI ANCHE: 7 app di successo nate per la comunità LGBT

    La svolta italiana

    È soprattutto in seguito alle dichiarazioni del CEO di Barilla (“gli omosessuali hanno il diritto di fare quello che vogliono senza disturbare gli altri”) che in Italia si è iniziato a discutere in maniera molto più importante dell’omofobia, rispetto agli anni precedenti. Prima della discussa affermazione, soltanto alcune aziende, come Althea Sughi, avevano dato il proprio aperto appoggio nei confronti della comunità LGBTQ+.  Erano, più che altro le associazioni LGBTQ+, in occasione dei Gay Pride o per la giornata mondiale contro l’omofobia, che tramite il Web, realizzavano spot non commerciali, i quali venivano condivisi soltanto da alcuni magazine online. A partire dal caso Barilla, invece, sono state davvero tante le aziende (chi lealmente e chi forse un po’ meno) a realizzare campagne sui social media contro l’omofobia. Ricordiamo, infatti, gli spot pubblicitari di quel periodo soprattutto dei principali competitor di Barilla, tra cui quelli di Garofalo (con il suo slogan “Le uniche famiglie che non sono Garofalo sono quelle che non amano la buona pasta”), Buitoni (con “A casa Buitoni c’è posto per tutti”) e De Cecco (il cui slogan, postato sui propri social media ufficiali recitava “Dove c’è De Cecco c’è rispetto”). Una vera e propria ondata di pinkwashing che, seppur non sempre fosse leale, ha aiutato molto la comunità LGBTQ+ ad uscire fuori dalla semi-oscurità in cui per anni è stata confinata. Lo stesso Guido Barilla, per spegnere i focolai interni nelle proprie aziende americane, ha deciso di incontrare personalmente i propri dipendenti, scusandosi e specificando che nessuno in Barilla nutriva sentimenti omofobi. Un anno dopo Barilla ha ottenuto il punteggio “100/100 gay friendly” dalla Human Right Campaign. Dal caso Barilla ad oggi, ogni anno le aziende, nel periodo dell’Onda Pride e nelle principali giornate dedicate alla comunità LGBTQ+, scendono virtualmente e fisicamente “in piazza” per combattere tutte le forme d’odio e per sostenere cittadini che, ancora nel 2019, possono ritenersi di serie B. Tra queste, ad esempio, Vitasnella, che è sponsor ufficiale da diversi anni del Milano Pride e del Roma Pride. La bottiglietta da mezzo litro di Acqua Vitasnella, con l’etichetta realizzata su misura, è diventata, quindi, portavoce del sostegno alla causa LGBT. Ecco cosa viene affermato sul sito dell’azienda: “La nostra costante presenza ai Pride di Roma e Milano conferma il sostegno che forniamo alla causa di coloro che lottano per il diritto e la libertà di essere sé stessi, al meglio. Da sempre ci proponiamo come validi alleati di tutti coloro che desiderano prendersi cura del proprio corpo e della propria vita, promuovendo la propria unicità e la ricerca del proprio benessere a 360°. Così, il messaggio di essere sé stessi al meglio si estende anche al più puro dei significati: essere liberi di amare”. acqua vitasnella, pride, giornata internazione contro l'omofobia