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  • Ecco il Top Manager che passa i weekend a raccogliere immondizia

    La storia di Marco Marchetti, Responsabile Digital Marketing Despar, e dei movimenti che stanno dando il via a una rivoluzione

    22 Marzo 2019

    Un hashtag, #trashtag o #trashchallenge, e la raccolta di rifiuti in giro per il pianeta diventa subito virale, una sorta di grande rivoluzione partecipata. Ma come nasce il fenomeno e perché i social sono diventati il luogo ideale per l’attivismo ambientalista? E soprattutto chi sono gli eroi di oggi che si dedicano a queste attività, sostituendo spesso enti e istituzioni carenti. Invece di incoraggiare gli utenti a fare qualcosa di potenzialmente pericoloso, come restare in equilibrio sul tetto di un auto o ingoiare una capsula di detersivo per lavatrice, una sfida virale decisamente più sana si è diffusa negli ultimi mesi sul web, spingendo le persone ad andare in luoghi coperti di immondizia, a raccogliere la spazzatura e a postare le immagini del prima e del dopo. Finora ci sono più di 43.000 post con questo tag su Instagram e innumerevoli volontari hanno ripulito parchi, strade e spiagge in tutto il mondo. Mentre in passato, insomma, erano state soprattutto le associazioni ad abituarci a giornate di pulizia delle spiagge e dei litorali, oggi l’iniziativa parte spontanea (ancora una volta) dai social e l’attenzione all’ambiente diventa quasi uno status symbol virtuoso. Cosa potrebbe mai diventare il mondo se i modelli da seguire fossero sempre quelli positivi? Una dimostrazione abbastanza chiara ce l’hanno data i FridaysForFuture, la giornata di manifestazioni contro il climate change durante la quale milioni di studenti sono scesi in piazza in tutto il mondo per proporre nuovi modelli sociali ed economici, più rispettosi, in ultima analisi, del loro futuro. LEGGI ANCHE: I social media hanno aiutato a sensibilizzare sul Climate Change, ma hanno dato spazio anche agli scettici Ma i social sono sufficienti per attuare un vero cambiamento? E qual è il ruolo delle aziende, oggi che si sente sempre di più il peso della responsabilità sociale delle imprese? Abbiamo rivolto alcune domande a Marco Marchetti, Responsabile Digital Marketing Despar Nordest – che non ha aspettato l’ultimo hashtag sui social per iniziare a ripulire il suo territorio – per capire se la sostenibilità oggi è solo un’altra leva di marketing, o se è necessario che diventi più autenticamente parte fondante delle visioni aziendali.

    Responsabilità vuol dire bellezza

    Dai ragazzi scesi in piazza venerdì a chi si impegna per ripulire il mondo, abbiamo bisogno di nuovi eroi del quotidiano per intraprendere battaglie concrete? «Questa domanda è una sorta di trigger per me, ne scatta immediata un’altra: se quelli che raccolgono immondizie sono degli “eroi”, chi sono quelli che non le raccolgono? Io non raccolgo immondizie per costruire consenso ma per una forma di responsabilità e per un fattore estetico: se c’è degrado fuori c’è anche degrado dentro». Hai cominciato la tue domeniche green molto prima delle sfide social, ma ritieni che i social possano essere in questo senso un’arma in più verso la sensibilizzazione nei confronti di temi importanti? «Premetto che sono certamente di più le volte in cui non documento le mia raccolte 🙂 I social network sono un megafono irrinunciabile quando raccontano buone cose e, per fortuna, le “buone azioni” sono tornate di moda. La letteratura insegna che la motivazione non arriva mai da fuori ma è un impulso che nasce da dentro: ecco che qualche piccolo buon esempio messo in evidenza sui social potrebbe facilitare qualche riflessione e chissà mai innescare un micro cambiamento tra le persone della mia cerchia».

    Le piccole buone azioni che cambiano il mondo

    Cosa fai ogni giorno per aiutare il Pianeta? «Sto attento agli sprechi di acqua, chiedo a chi vuole incontrarmi per motivi di lavoro di utilizzare strumenti digitali, leggo, studio, mangio bene, forse è la cosa che più impatta sull’ambiente. Cerco soprattutto di fare buona cultura attorno a me». LEGGI ANCHE: Dal rischio del Day Zero all’impatto sull’economia, ecco cosa ci ricorda la Giornata Mondiale dell’Acqua

    Dai FridaysForFuture alla trashchallenge, sembra che oggi l’impegno verso l’ambiente sia tornato “di moda”. Le aziende italiane si sono già accorte dell’importanza della sostenibilità? «Credo che le aziende, ancor più delle istituzioni se ne siano accorte ma mancano un paio di elementi per completare il cambiamento: il senso di urgenza e il coraggio. Servono aziende che traccino strade nuove e che trasferiscano nuovi modelli culturali e non siamo lontani dal giorno in cui tutto ciò accadrà, ci sono già molte persone che possono diventare le nuove guide». LEGGI ANCHE: Le aziende che si impegnano per l’ambiente esistono (e ci guadagnano anche)

    A proposito di responsabilità sociale

    Quali sono le buone pratiche che si potrebbero facilmente attuare senza pesare in modo eccessivo sui budget delle imprese? «Volere è potere. Che senso ha parlate di budget? Qui parliamo di opportunità. Fertilizzare il territorio è un dovere per le aziende, se non fertilizzano non possono fare business: in un territorio malato nessuna azienda può sopravvivere. Un’azione sporadica non ha nessun significato: l’azienda per cui lavoro, che gestisce i marchi Despar, Eurospar e Interspar nel Nord Est + Emilia Romagna, è davvero un esempio: ha innestato visioni e funzioni nuove per raccogliere e accelerare il cambiamento». LEGGI ANCHE: Per DiCaprio l’alternativa alla distruzione del pianeta c’è e si chiama eco-banca Quanto è importante offrire alle persone esperienze rilevanti, per comunicare il messaggio di un pianeta pulito anche come brand? «Questo tema è sul mio tavolo ogni giorno, il nemico da combattere è la superficie. L’arma migliore è gestire la profondità attraverso un linguaggio immediato, moderno e caldo: i contenuti, la ricerca, le esperienze sono l’unico cibo ricco di nutriente per la sopravvivenza della nostra specie».