• About Author

  • Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • Food trend 2031: come sarà la nostra dieta tra 10 anni?

    Il cambiamento climatico è uno dei fattori che più influirà sulla riorganizzazione della nostra piramide alimentare

    7 Aprile 2021

    La pandemia che stiamo affrontando, ormai da più di un anno, ci ha insegnato che è l’imprevedibilità a modellare la realtà, inducendo a “rivoluzioni” del pensare e dell’agire. E quello dell’alimentare, probabilmente, è uno dei settori che vedrà i maggiori cambiamenti, con un’accelerazione, o viceversa, un arresto, dei progetti pregressi e l’individuazione di nuove opportunità, tese a soddisfare nuove esigenze, dei popoli e del pianeta. Nonostante la fragilità del momento, grazie al parere di alcuni esperti, che in passato hanno dato prova della loro lungimiranza, siamo in grado di azzardare delle previsioni, o meglio delle ipotesi, su quello che sarà la nostra dieta fra dieci anni. Stando ad un recente report pubblicato dal WWF, la diffusione del coronavirus nel mondo non avrebbe fatto altro che evidenziare, ancora una volta, la stretta correlazione tra lo sviluppo di malattie pandemiche da zoonosi (cioè malattie che vengono trasmesse dagli animali all’uomo) e i cambiamenti climatici, sempre più accentuati e preoccupanti.

    Cambiare la dieta per salvare il pianeta, una sfida per il futuro

    Il surriscaldamento globale, infatti, non ha effetti devastanti solo sugli ecosistemi ma anche, e in modo sempre più diretto, sull’uomo. Come già sottolineato in precedenza, l’allevamento e l’agricoltura sono tra i settori che più concorrono al climate-change, a causa delle ingenti emissioni di gas ad effetto serra, in primis, metano, e al consumo delle risorse naturali (acqua, suolo ecc.). Pertanto questi settori sono sotto la lente di ingrandimento di ricercatori e filantropi miliardari, come Bill Gates, Elon Musk e Warren Buffet che, attraverso cospicue donazioni, finanziano progetti all’avanguardia per rendere la filiera agroalimentare sempre più sostenibile. Tuttavia, ad indurre questi grandi “benefattori” ad elargire parte del proprio patrimonio non sarebbe soltanto la spiccata sensibilità verso il tema “ambiente” ma anche le interessanti prospettive di guadagno (a medio e lungo termine), ora che il mercato sembra finalmente pronto ad accogliere novità fino a qualche tempo fa inimmaginabili Protesta per i cambiamenti climatici in corso

    L’avvento del “biologico” in Italia: ieri, oggi e domani

    Basti pensare all’evoluzione del biologico, di cui in Italia si cominciò a parlare agli inizi degli anni 70’ ma che solo recentemente ha riscosso un ampio consenso di pubblico, entrando stabilmente in GDO. All’inizio, infatti, i pionieri del “bio” tra cui Gino Girolomoni, fondatore della Cooperativa Alce Nero, incontrarono non poche difficoltà nella promozione della loro filosofia, dal momento che la stragrande maggioranza delle persone non si poneva la questione di scegliere un’alimentazione che fosse anche naturale. Con il boom economico degli anni 60’, l’industria alimentare era cresciuta a dismisura, tanto da rendere i consumatori “affamati” di cibi confezionati e, al contempo, ciechi di fronte agli ingredienti utilizzati, zuccheri, conservanti e coloranti erano infatti impiegati a profusione. Poi, a partire dal nuovo millennio, sono proliferati i fast-food, per soddisfare la vita frenetica dei lavoratori e la limitata disponibilità economica dei più giovani. Mentre oggi, appunto, grazie all’aumentato interesse dei consumatori verso temi quali il benessere e l’ambiente, sono i prodotti biologici a registrare il record di acquisti e, ben presto, potrebbero monopolizzare l’intera offerta di iper e super-mercati, similmente a quanto già accaduto in Danimarca. Insomma, la dieta delle persone è fortemente legata al contesto storico-politico, economico, culturale ed ambientale di ogni epoca. Pertanto, ogni nuova proposta di cambiamento, per trovare concretezza, soprattutto nel breve periodo, dovrà basarsi sull’effettiva esistenza della domanda, dimostrando la propria sostenibilità economica. Carote appena raccolte da agricoltura biologica

    La corsa dei prodotti plant-based, dieta sempre più green

    Dunque, per meglio capire quali cibi andremo a mangiare, per la prima volta o con maggior frequenza, fra 10 anni, dobbiamo tener conto anche di questo aspetto. Accanto ai prodotti biologici che, come abbiamo anticipato, continueranno la propria corsa (+7% solo nel 2020), troviamo i cibi plant-based, cioè al 100% vegetali, che puntano a sostituire la carne e, in generale, tutti gli alimenti di origine animale; un mercato che si stima possa raggiungere un valore di oltre 12 miliardi di dollari già entro il 2023. Una conferma del trend positivo di questi alimenti arriva dalla lettura dei bilanci di Impossible Foods e Beyond Meat, che negli ultimi due anni hanno visto letteralmente lievitare il proprio fatturato. I loro prodotti, infatti, ora sono disponibili nelle più grandi catene di distribuzione nonché di ristorazione (vedi Mc Donald, Burger King o la nostrana WellDone), e sembrano convincere anche i “carnivori”, grazie al loro gusto estremamente simile a quello della “vera” carne. Hamburger vegetale con cetriolini sottaceto e verdure miste

    Carne “in vitro”: orizzonte sempre più vicino

    Molto probabilmente, la diffusione della “carne vegetale” verrà affiancata dall’affermazione della carne in vitro, promossa da alcune start-up visionarie come l’olandese Mosa Meat guidata dal Dott. Mark Post, professore emerito di Fisiologia Vascolare all’Università di Maastricht e teorico dell’agricoltura cellulare applicata alla carne, secondo cui è possibile ottenere qualcosa come 175 milioni di hamburger a partire dalle cellule di una singola mucca, anziché macellarne 440 mila. E già nel 2013, a Londra, in diretta internazionale, alcuni autorevoli giornalisti hanno potuto assaggiare in anteprima il primo hamburger di carne “coltivata”, costato la bellezza di 330.000 dollari. Lo chef Richard McGeown è apparso sorpreso, mentre cucinava quello che probabilmente è stato il più esclusivo hamburger della sua carriera e davanti ai microfoni ha dichiarato entusiasta “emana un profumo veramente ottimo e mi sembra di cuocere un classico hamburger di carne, oltre al fatto che mantiene perfettamente la sua consistenza. Poi il colore è assolutamente fantastico, sembra incredibilmente appetitoso”. Al di là dell’enfasi del tutto coerente con la straordinarietà dell’evento, appare evidente che ci sano ancora alcune questioni da risolvere, soprattutto di ordine economico. Tuttavia, negli Stati Uniti, il 64% degli americani si dichiara pronto ad assaggiare la carne coltivata e a comprarla non appena raggiungerà un costo competitivo con quello della carne convenzionale. E fra qualche anno, grazie ai progressi della ricerca e all’introduzione di nuove tecnologie, la richiesta potrebbe venire soddisfatta. A crederlo è anche Sergej Brin, CEO di Google, che ha finanziato il progetto Mosa Meat, con l’obiettivo di testare la bontà dell’idea e favorire altresì la diffusione di una carne realmente “pulita” (o Clean Meat), che oltre a non comportare l’uccisione di animali, non contiene neppure residui di antibiotici. Dopo Mosa Meat, si sono aggiunte altre realtà, come Modern Meadow, Clara Foods e Perfect Day, tutte accomunate dalla volontà di rendere l’atto della macellazione solo un lontano ricordo. E, come si legge in un recente articolo di Agnese Codignola, pubblicato su “Il Fatto Alimentare”, la prima carne coltivata è già disponibile in alcuni ristoranti, a Israele e a Singapore. La carne sintetica è pronta a inserirsi tra il cibo del futuro - This MARKETERs Life

    Insetti, un’alternativa sostenibile per il futuro

    Rivolgendoci sempre al mercato delle proteine, ecco che incontriamo gli insetti che, grazie al recente via libera dell’EFSA al consumo umano di larve gialle essiccate (Tenebrio Molitor), sono stati finalmente sdoganati anche in Europa e, nel prossimo futuro, potrebbero far parte della nostra dieta. Il loro profilo nutrizionale, infatti, è eccellente e il loro allevamento ha un impatto sull’ambiente che è nettamente inferiore rispetto a quello degli animali da reddito tradizionali, come vacche e suini. Attualmente, si conoscono oltre 3.000 specie di insetti commestibili e la loro accettazione, come già sottolineato in un precedente articolo, contribuirebbe a rendere la filiera agro-alimentare non solo più sostenibile ma anche più varia. Cavalletta riposa su un sasso durante una giornata di sole

    Orti verticali, serre sottomarine e galleggianti: idee che diventano realtà

    Tuttavia, la mania per le proteine, potrebbe subire una graduale contrazione, come affermato dalla Dott.ssa Morgaine Gaye, esperta in Food Trends, in favore di sali minerali e vitamine, e quindi di frutta e verdura. In poche parole, la Dott.ssa Gaye sostiene che la dieta vegetariana potrebbe diventare sempre più popolare, premiando così i progetti di agricoltura sostenibile, non necessariamente sulla terra ferma. E allora è probabile che mangeremo cocomeri provenienti da orti sottomarini (vedi Nemo’s Garden di Sergio Gamberini) oppure pomodori coltivati in serre galleggianti a forma di medusa, come quelle progettate Stefano Mancuso e presentate in occasione di EXPO 2015, che allora avevano suscitato un enorme interesse. O ancora, le fragole in idroponica, cresciute senza l’utilizzo di pesticidi su orti verticali e sotto luci psichedeliche, che tutto richiamano alla mente tranne che l’agricoltura cosiddetta naturale. Tuttavia è proprio l’idroponica ad avere le migliori prospettive di evoluzione, anche in vista della “conquista” dello spazio; non a caso, è stata scelta dalla NASA per compiere alcuni esperimenti a gravità zero. Coltivazione di Radicchio in Idroponica Fra dieci anni, dunque, la nostra dieta potrebbe vedere un’ulteriore riduzione del consumo di carne e, in generale, degli alimenti di origine animale e una maggiore inclusione delle alternative vegetali, nonché la definitiva accettazione dell’entomofagia e delle carni “coltivate”, nel caso raggiungessero dei prezzi accessibili. Inoltre, la diffusione di taluni prodotti sarebbe probabilmente accompagnata da una completa eliminazione della plastica e dall’adozione di soluzioni di packaging eco-sostenibili, come in parte sta già avvenendo.