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Recentemente, Google ha lanciato il nuovo layout dei risultati di ricerca da desktop che, a detta di molti, sembra sfumare la linea di demarcazione tra risultati organici e annunci a pagamento.
In quello che si prospetta come una sorta di dark pattern (sistema di elementi dell’interfaccia accuratamente progettati e combinati tra loro per confondere l’utente con l’intento di indurlo a compiere azioni non desiderate), una sola è la caratteristica distintiva.
Si tratta della piccola icona “Ad” posta in corrispondenza delle pubblicità, la cui formattazione è peraltro molto simile alle nuove favicon che appaiono accanto ai risultati di ricerca.
Tra i tanti commenti negativi, quello del giornalista di The Guardian Alex Hern che ha twittato “Tecnicamente l’etichetta ‘ad’ esiste ancora ma è molto difficile individuare a colpo d’occhio dove finisca la pubblicità”
Secondo Digiday, diversi ad tech provider hanno riscontrato dei cambiamenti nel click through rate (CTR) degli annunci. A seguito dell’introduzione del nuovo layout, i CTRs degli ads della rete di ricerca Google sono cresciuti tra il 4% e il 10.5%.
Senza dubbio, questa è un’ottima notizia per gli affari di Big G che nel solo terzo trimestre 2019 aveva già guadagnato 34 miliardi di dollari dall’attività di advertising.
In contesti di scala così elevati, piccole fluttuazioni di CTR possono avere effetti significativi sulle performance di business.
Ma se questo implica indurre le persone a cliccare in maniera inconsapevole sugli annunci?
Per avere una panoramica complessiva della situazione, è necessario considerare il modo in cui Google ha progettato il suo layout nel corso del tempo.
Fino al 2013, il motore di ricerca ha dato agli annunci un colore di sfondo completamente diverso per contraddistinguerli dai risultati di ricerca organici.
Successivamente, ha utilizzato un unico colore di sfondo e, di anno in anno, sembra aver ridotto gli elementi grafici distintivi che consentono agli utenti di individuare a colpo d’occhio la pubblicità.
Secondo Search Engine Land, il nuovo update è solo l’ultimo tassello di un graduale processo di fusione di dei due elementi.
Già in passato, Sundeep Jain di Google aveva spiegato l’evoluzione dell’interfaccia degli annunci affermando che un design più semplice “semplifica la fruizione delle informazioni da parte degli utenti”, aggiungendo che la logica di ridurre il numero di colori utilizzati in una pagina veniva incontro all’esigenza di conferire “armonia” al layout.
Successivamente, in un post sul blog dello scorso anno in cui annunciava il nuovo design degli ads per i dispositivi mobili, la società argomentava la comparsa delle favicon in corrispondenza dei risultati di ricerca organici nell’ottica di “mettere il marchio di un sito web al centro” e “scorrere più velocemente le pagine”.
In risposta alle critiche sollevate dall’ultimo update, Google ha anche annunciato una possibile revisione su Twitter.
“La scorsa settimana abbiamo aggiornato il layout dei risultati di ricerca da desktop per armonizzarlo con quello visibile da mobile. Abbiamo ascoltato i vostri feedback sull’aggiornamento. Il nostro intento è migliorare l’esperienza di ricerca, quindi sperimenteremo nuovi posizionamenti per le favicon. I nostri test inizieranno oggi. Nelle prossime settimane, in fase di test, alcuni utenti potrebbero non vedere le favicon mentre altri potrebbero vederle in differenti posizionamenti mentre cerchiamo di dare un look più moderno al layout da desktop”
Nello stesso tweet si legge anche che l’update ha riscontrato l’apprezzamento degli utenti che navigano su mobile e dei web publisher che apprezzano la comparsa delle loro icone tra i risultati di ricerca.
Due affermazioni che sembrano quasi in contraddizione tra loro: da un lato, la società riconosce le critiche e le preoccupazioni sollevate, mentre dall’altro afferma che il “feedback iniziale è stato positivo”.
Oggi comunque, da desktop, la piccola scritta “Ad”. è stata sostituita in italiano da un più chiaro ed evidente “Annuncio” e le favicon sembrano essere scomparse.
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Solo il tempo ci dirà se ci sarà effettivamente il rollback definitivo della modifica.
Ciò che sembra emergere da questa vicenda è l’intenzione di Google di sfumare progressivamente il confine tra risultati organici e advertising per indurre gli utenti a cliccare sugli annunci.
In generale, è difficile abbandonare il pensiero che la cosiddetta “armonia” del layout consista molto più nel favorire le entrate pubblicitarie della società che nell’offrire una migliore esperienza all’utente.
Un approccio più che legittimo da parte di un business pubblicitario, se non fosse che Google non è soltanto un business pubblicitario.
Il rischio è davvero quello che gli utenti perdano fiducia nella trasparenza dei risultati di Google motore di ricerca e arrivino a utilizzarlo di meno?
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