Hai mai scambiato quattro chiacchiere con un Chatbot?
Se la tua risposta è no, sappi che l’85% delle persone non riconosce la differenza tra un messaggio scritto da un umano e un messaggio scritto da un robot.
Non preoccuparti, il motivo è semplicissimo. I Chatbot di oggi sono così avanzati da riuscire a simulare alla perfezione una conversazione umana.
In questo articolo analizzeremo Meena, il nuovissimo Chatbot di Google, un “agente conversazionale che può parlare di … qualsiasi cosa”.
Cos’è un Chatbot?
Partiamo dal presupposto che
un Chatbot non è assolutamente un’AI (
intelligenza artificiale).
Un Chatbot è un software in grado di ricevere degli input dagli utenti, ed
inviare loro una risposta pre-impostata.
Ad oggi possiamo trovare
svariati tipi di Chatbot, se ne contano
quasi 800.000 solo su Facebook e vengono impiegati soprattutto per la
customer care delle aziende private o come
supporto agli uffici turistici nella pubblica amministrazione.
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Un’AI invece
è in grado di imparare da tutti gli input che riceve, migliorando la propria “conoscenza” e garantendo un
miglioramento continuo delle risposte.
Arriviamo a Meena, il nuovo progetto di Google
Meena si basa su un modello
conversazionale neurale end-to-end, in grado di
considerare più di 2,6 miliardi di parametri.
Google ha dichiarato di aver
“allenato” Meena per 30 giorni con un set di 40 miliardi di parole. Non solo parole a caso!
L’addestramento è stato improntato anche su più di
340 Gigabyte di chiacchiere pubbliche sui social. Ed è in grado di parlare di qualsiasi cosa e persino di
ricorrere al black humor.
Per misurarne le capacità,
Google ha sviluppato un sistema di misurazione chiamato SSA (
Sensibleness and Specificity Average), in grado di valutare le risposte in una conversazione, assicurandosi che esse siano pertinenti e comprensibili.
L’SSA dà un punteggio ad una conversazione
umana dell’86%, altri
Chatbot sul mercato hanno ricevuto un punteggio che varia
tra il 30% e 60%, invece
Meena ha ricevuto un punteggio pari al 79%.
Che impatto avrà sul mercato?
Ad oggi seppur alto,
il livello della conversazione di Meena resta sul conosciutissimo
“parlare del più e del meno”.
Non è in grado di insegnare qualcosa o di migliorare la customer experience, fornendo informazioni sull’acquisto di un biglietto, il tracciamento di un pacco o offrendo supporto emotivo. I software di conversazione dovrebbero infatti avere lo scopo di
portare un utente alla soluzione di un problema.
Diversi
studi dimostrano che in certe situazioni,
le risposte “robot” sono preferibili a quelle umane, soprattutto quando in ballo ci sono
informazioni personali sensibili.
Quando conosceremo Meena?
Google non rilascerà una demo fino a quando non avrà
verificato il livello di sicurezza di Meena, per non incorrere in problemi come capitato con un suo predecessore, rilasciato da
Microsoft su Twitter nel 2016.
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Dopo alcune ore
Tay, questo era il nome del
Chatbot,
ha iniziato a pubblicare tweet sessisti e xenofobi, obbligando la casa madre a zittirlo immediatamente.
Quando
Meena entrerà in gioco sarà un ulteriore passo avanti nel mondo dei
Chatbot.
Ricordiamo però che
un robot dovrebbe fare esclusivamente qualcosa di utile per l’uomo e non parlare a vanvera,
senza peli sulla lingua. Si può dire di un robot?!?