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Non siamo ancora pronti allo human microchipping (anche se la tecnologia già esiste)

  • Dagli smartphone ai microchip, i sistemi di pagamento stanno diventando sempre più digitali e integrati
  • I chip funzionano con la tecnologia NFC e hanno tantissimi utilizzi diversi
  • La possibilità di utilizzare i chip per i pagamenti non è ancora realtà: gli ostacoli sono sia pratici che etici

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Ci abbiamo messo un certo lasso di tempo ad abituarci all’idea che si potesse uscire di casa senza denaro contante, ma siamo effettivamente arrivati a quel momento. Prima con le carte di credito, poi semplicemente con i nostri smartphone, in molti posti del mondo è davvero possibile dimenticare a casa il portafogli.

Il prossimo passo di questa evoluzione del payment potrebbe essere lo human-microchipping.

Ricordo di essere rimasta sconvolta in Cina quando, circondata da cinesi che si affollavano intorno ad un evidentemente squisito chiosco di street-food, ho notato che nessuno, tranne me, aveva in mano del contante. Tutti sventolavano felici il proprio smartphone, poco più di qualche secondo, un veloce ringraziamento in cinese, e via, ognuno per la propria strada senza bisogno di mettere via  monetine o aprire lo zaino, con in mano un buon pasto caldo. Il magico potere di WeChat, il super-pervasivo social network cinese che Zuckerberg sta in vari modi cercando di copiare.

Torniamo in loco: in Italia la situazione è molto meno rosea, e a meno di non essere diretti unicamente in grossi supermercati, spesso è ancora necessario portare con sé il portafogli. Anche da noi ci sono soluzioni molto interessanti e che stanno diventando estremamente pervasive come Satispay, nonché i giganti di Google, Apple, etc. Ancora troppo spesso pensare di pagare un caffè senza contante è quasi un insulto, ma nonostante questo la direzione è chiara.

LEGGI ANCHE: Ecco perché i chip sottopelle non erano complottismo

Il bio-payment

Gli impianti a microchip potrebbero essere considerati la forma definitiva di pagamento mobile, anzi,”un-mobile“, saltando del tutto lo smartphone per dare alle persone capacità bioniche. E un piccolo segmento della popolazione fa già la fila per provarlo.

Per i sostenitori dei chip gli impianti potrebbero guidare il futuro dei pagamenti e di altre funzioni intelligenti, oltre ad essere una comodità incredibile per coloro che sono disposti ad abbracciare questa tecnologia così invasiva. Ma i critici mettono in discussione le ramificazioni etiche dell’offerta dello human-microchipping.

La procedura è piuttosto semplice: un chip della dimensione di un grano di riso viene impiantato nella mano, nella sezione morbida tra il pollice e l’indice, con una semplice iniezione fatta da uno specialista o addirittura, per i più coraggiosi, in autonomia.

La tecnologia è ancora più banale, ed è la stessa inventata negli anni ’80 per animali domestici e bestiame: questi chip utilizzano la tecnologia NFC (Near Field Communication), quella delle carte di credito contactless e dei pagamenti mobile. È anche la stessa tecnologia utilizzata per tracciare i pacchi, per connettere la fotocamera allo smartphone, e tantissime altre applicazioni. Si attiva solo quando entra in contatto con un sistema che comunica con lui, come un lucchetto intelligente per aprire una porta o, nel nostro caso, un sistema di pagamento dotato della stessa tecnologia.

Come spesso capita di questi tempi, ciò che sembrerebbe un futuro fantascientifico è già la realtà quotidiana per molti. In alcuni Paesi, capitanati dalla sempre avanguardista Svezia, non è affatto inusuale avere un chip impiantato sotto pelle, e utilizzarlo per accedere all’ufficio, per aprire la porta di casa, per mettere sul proprio conto il pranzo nella mensa aziendale, con intere aziende che supportano e pagano l’impianto (su adozione totalmente volontaria) ai propri dipendenti.

La cashless society

È chiaro che uno dei più interessanti sviluppi di questa tecnologia è proprio quello del settore dei pagamenti. Lo human-microchipping permetterebbe di fare un salto quantico nella direzione della cashless society, ovvero lo sviluppo futuro della nostra società previsto da molti esperti in ottica di digitalizzazione totale dei pagamenti.

I pagamenti elettronici sono un veicolo di crescita economica e di facilitazione sociale, aumentano la sicurezza rispetto ai furti e il controllo contro le frodi, e molto altro. Ma i microchip impiantati possono essere la soluzione che ci porterà lì, e se sì, a quale costo?

Qualcuno ha fatto dei tentativi “hobbistici” in ambito di pagamenti elettronici più avanzati attraverso questi chip: Martijn Wismeijer, responsabile marketing olandese del produttore di ATM Bitcoin General Bytes, ha messo in entrambe le mani chip RFID per conservare le password del suo conto in Bitcoin; Patric Lanhed ha inviato un “bio-pagamento” del valore di un euro in Bitcoin utilizzando un chip incorporato nella sua mano.

Ma a parte queste occasionali formule, siamo ancora lontani dalla possibilità di rendere il nostro corpo il principale metodo di pagamento.

Il problema della privacy

Le maggiori preoccupazioni girano intorno alla privacy e la possibilità che i truffatori possano intercettare i dettagli del pagamento, dato che il costo e la natura invasiva dell’impianto rende molto più difficile la sostituzione in caso di necessità.

Per questo e altri motivi oggi, i casi d’uso dei chip impiantabili non si sono ancora occupati dei pagamenti a circuito aperto ma principalmente di quelli in ambienti controllati, come la caffetteria per i dipendenti. In questo modo, gli utenti hanno il vantaggio di utilizzare il chip per una transazione quotidiana, ma riducono l’utilità del chip per gli hacker se venisse in qualche modo compromesso.

E i risvolti etici

I critici dei chip pongono grandi preoccupazioni sulla privacy e sul tracciamento dei dati personali. In realtà questa preoccupazione è (almeno per il momento) paradossale, dato che gli impianti sono “chip passivi“, il che significa che non hanno un’alimentazione elettrica integrata e non possono quindi trasmettere segnali sulla loro posizione. I chip ricevono l’alimentazione e inviano i dati quando un dispositivo di lettura viene applicato direttamente (a distanza di 1-4cm).

Per quanto riguarda la preoccupazione di essere rintracciati e rintracciabili sempre, lo smartphone che tutti teniamo nelle mani rappresenta probabilmente una minaccia più grande di quanto qualunque chip RFID potrebbe mai.

Certo, potrebbe non essere così ancora per molto. Diverse aziende stanno già lavorando a nuovi sviluppi, che includeranno per la prima volta un sistema di localizzazione GPS.

E poi c’è Elon Musk. L’imprenditore visionario ben noto per le sue idee, desidera fortemente collegare le persone alle macchine. Musk sta finanziando una startup chiamata Neuralink a San Francisco, i cui ricercatori stanno lavorando su un’interfaccia uomo-macchina in fase di test sui ratti. Si tratta di impiantare un sensore con migliaia di elettrodi nel cervello e di collegarlo a un computer. Fili sottilissimi devono essere usati per registrare e controllare le attività delle cellule nervose, con l’obiettivo di controllare le macchine usando la mente.

LEGGI ANCHE: Chip nel cervello che comunicano con l’Intelligenza Artificiale: Elon Musk fa un nuovo salto

Insomma, il tema etico dello human-microchipping è delicato; al momento le minacce che pone alla nostra privacy e ai nostri dati sono minime (e persino le possibilità di rigetto o di reazioni allergiche sembrano essere molto basse), ma sappiamo bene come nel nostro mondo sia facile che una tecnologia scivoli dalle mani e venga adottata nel modo sbagliato. Come al solito, non ci resta che attendere e osservare attentamente gli sviluppi che sicuramente questo sistema avrà.

Ilaria Cazziol

Curiosa ed iperattiva per natura, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e progetti per mettermi alla prova, nel digital marketing e nei suoi continui cambiamenti ho trovato la sfida perfetta. Le mie grandi passioni sono i viaggi, la scrittura e le nuove tecnologie: probabilmente per questo sono diventata una copywriter freelance e una nomade digitale.

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