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  • Che cos’è la Social Media Intelligence e dove può condurre un business

    Estrarre, analizzare, rappresentare un’informazione rilevante rischia di non servire a nulla se i dati non vengono interpretati, contestualizzati e trasformati in operatività

    15 Ottobre 2019

    • Nel 2017 The Economist annunciava che oggi sono i dati la risorsa più importante per le aziende.
    • Le persone producono continuamente dati, soprattutto sui social.
    • Il social media mining consiste nell’estrarre e analizzare i dati per ricavarne un vantaggio di business, attraverso varie tecniche e piattaforme.
    • La social media intelligence è diventata imprescindibile per le aziende, perché consente di comprendere meglio i consumatori e costruire strategie.
    “La risorsa di più alto valore al mondo non è più il petrolio, sono i dati”. L’ha detto l’Economist nel 2017 e molto prima, nel 2006, l’aveva già profetizzato l’artefice del successo della Club Card di Tesco, il guru del marketing Clive Humby. Ormai non è più un segreto: avere la possibilità di utilizzare in maniera attiva i Big Data significa accedere ad una ricchezza inaspettata, con un potenziale trasformativo enorme ad ogni livello e in tutti i settori. E la cosa, ovviamente, riguarda molto da vicino anche chi si occupa di comunicazione. Ad oggi infatti la maggior parte dei dati vengono ancora prodotti dalle persone, che si scambiano idee, forniscono le proprie opinioni e seguono i propri interessi sui social network – trasformando, di fatto, il mondo virtuale nel contenitore informativo più importante del pianeta. È stato stimato che solo nel 2018, ogni minuto, ci siano stati 973.000 accessi su Facebook, 481.000 tweet lanciati su Twitter, oltre 800 milioni di utenti attivi su Instagram, 38 milioni di messaggi su Whatsapp. Analizzare i dati che provengono dai social fa parte della grande rivoluzione promessa dai Big Data: un potenziale enorme, che non possiamo permetterci di ignorare. Ma come estrarre e interpretare i dati che si trovano su Facebook, su Instagram o su Twitter?

    Cos’è la Social Media Intelligence?

    L’azione di estrarre, analizzare, rappresentare un’informazione rilevante e ricavarne un vantaggio in termini di business si chiama social media mining. Spesso si usano i termini “social media analytics” e “social media insights” per indicare le attività costituenti il SMM: se però i risultati di queste analisi non vengono interpretati, contestualizzati e traformati in operatività, facciamo uno sforzo inutile. Per questo probabilmente avrebbe più senso parlare di social media intelligence (SMI), intendendo l’insieme di attività operative che comprendono estrazione, ascolto e analisi dei social media al fine di ricavare relevant data per azioni di relazione con gli stakeholder. Si tratta di una cambio di rotta non indifferente. La Social MediaIntelligence, infatti, permette di ridurre l’incertezza tipicamente presente nell’operatore umano durante le fasi decisionali sulle azioni da compiere. Come ci riesce? Andando ad attingere da varie tecnologie provenienti dall’informatica come data mining, machine learning, social network analysis, statistica, ricerca operativa. LEGGI ANCHE: I Big Data non sono la risposta a tutto: i bisogni più profondi dei consumatori sono svelati dagli Small Data Big Data, automation e intelligenza artificiale ci ruberanno davvero il lavoro

    Come si estraggono i dati?

    Le tecniche di estrazione sono diverse e variano a seconda dell’obiettivo specifico: le più comuni per il recupero sono il cosiddetto scraping, l’accesso alle API e l’uso di specifiche piattaforme. Lo scraping è una tecnica che permette di collezionare dati non strutturati che sono contenuti in siti di proprietà altrui: quelli dei competitor, quelli di recensioni, i forum e così via. Un motore, detto spider, si occupa, attraverso i software dedicati, di ricercare pagine specifiche sulla base di parole chiave. Questa tecnica è illegale quando viene impiegata per finalità illecite o per usi poco chiari. Un altro modo per arrivare ai dati sono le API, una vera e propria porta di accesso a un determinato programma, messe a disposizione per ottenere informazioni non visibili ai più, ma solo ai programmatori. Ogni programma ha le sue API – le regole di Facebook, ad esempio, non sono le stesse di Twitter. Esistono poi piattaforme apposite che fanno per noi tutto il lavoro. Si tratta di software che usano l’intelligenza artificiale per fare social listening, image recognition, etc. Alcuni sistemi, per esempio, sono in grado di riconoscere nelle immagini social brand, location e scenari, avendo a disposizione un database di loghi. Questo sistema permette di monitorare anche le mention visive su social network, blog, e siti di news. Anche la sentiment analysis, importantissima funzione diffusa in molti tool tra cui KPI6, Blogmeter e Talkwalker, è basata sull’AI. LEGGI ANCHE: Perché social listening e sentiment analysis sono la chiave anti flop di un business

    Le decisioni strategiche degli insight

    Si parla spesso di data driven journalism, come altrettanto si parla di azioni di marketing guidate da insight e dati. E la comunicazione, pura e semplice? Di certo non può restarne fuori. La social media intelligence ha la capacità di rendere più scientifiche le attività di comunicazione e PR, riuscendo nel difficile intento di misurarle. E se pensiamo a quanto la crescente dipendenza dagli strumenti tecnologici abbia trasformato l’individuo in un generatore persistente di informazioni, è immediato immaginare il potenziale che gli insight hanno. Se opportunamente assemblati sono in grado di generare decisioni strategiche determinanti: un’organizzazione che voglia essere competitiva non può più prescindere dall’utilizzo dei Big Data per impostare una corretta relazione con gli stakeholder.