Il social listening e la sentiment analysis sono ormai parte integrante del processo strategico di comunicazione e innovazione del prodotto. Sarebbe folle ignorare i commenti e le recensioni dei consumatori, rischiando di allontanarli dal prodotto stesso.
Ma di cosa stiamo parlando? Davvero i Social hanno acquisito tale importanza nel business aziendale? Ebbene sì, la reputazione online di ogni brand è ormai nelle mani degli utenti e nel passaparola che avviene sulle nostre bacheche o nei nostri feed.
La brand reputation in questo modo gioca a favore di tutti: chi produce può essere ricettivo e plasmarsi in base alle richieste e noi potremo essere dei consumatori sempre più attenti e soddisfatti dall’essere ascoltati.
Vediamo insieme alcuni case study di colossi mondiali per capire ancora meglio l’importanza della sentiment analysis e cosa hanno fatto per correggere il tiro
Coca-Cola
Le vendite di Coca-Cola sono in calo, è un dato di fatto. L’intero 2016 si è chiuso con ricavi per 41,8 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 44,3 del 2015 e ai 46,8 del 2014. La multinazionale di Atlanta, però, si evolve e prova a trovare soluzioni per adattarsi al mercato, alle critiche e alle richieste dei consumatori, con l’intendo di tornare a cavalcare l’onda globale.
L’ orientamento attuale (in atto da qualche anno) è puntare a versioni di prodotto a basso contenuto calorico ed espandere la gamma di prodotti con queste peculiarità.
E’ ormai di comune condivisione la consapevolezza dei danni e dei rischi associati alla quantità di calorie e zuccheri contenuti all’interno di bevande analcoliche.
Coca-Cola Italia è stata una delle prime a proporre i formati piccoli, puntando su confezioni di formato ridotto che forniscano la giusta quantità di bevanda e quindi la giusta dose quotidiana di zuccheri, ma non è stata un’azione comune ed immediata per tutta la gamma di prodotti, dovremo attendere alcuni mesi del 2018 per conoscere e provare i nuovi formati, che verranno presentati in tempi diversi.
Intanto l’UNESDA (Union of European Soft Drinks Associations) aveva già annunciato di aver raggiunto tra il 2000 e il 2015 la diminuzione del 12% del contenuto di zuccheri e calorie presenti nelle bibite analcoliche per 100 ml di prodotto e la volontà di abbassare di un ulteriore 10% queste proprietà entro il 2020.
Coca-Cola Life
Coca-Cola Life (arrivata in Italia nel 2015 in occasione di Expo e da novembre 2017 cambia il nome in Coca Cola anche con estratto di stevia), vantava contenere circa 1/3 degli zuccheri della Coca-Cola tradizionale e la stevia come dolcificante, era stata proposta una lattina verde, colore che per antonomasia si associa al green-salutare e questa è la presentazione che leggiamo all’interno del sito: “Coca-Cola ha catturato il dolce sapore racchiuso nelle foglie di stevia e nello zucchero e l’ha unito ad altri ingredienti come gli aromi naturali, per dare origine a Coca-Cola Life, una nuova bevanda piacevole e rinfrescante. E per valorizzare questo rivoluzionario edulcorante, Coca-Cola ha scelto di realizzare le confezioni in verde, colore delle foglie di stevia”.
Dopo innumerevoli critiche in merito e un flop sul prodotto, è stato deciso con la strategia One Brand di uniformare il packaging di tutti i tipi di Coca-Cola: tradizionale/Light/Zero/Life/Lemon ritrovano tutti l’etichetta di colore rosso, per poter rassicurare i clienti che si tratta ancora e comunque dello storico prodotto, facendo leva sulla nostalgia autoreferenziale come ancoraggio al cuore dei consumatori.
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In seguito al parziale fallimento di Coca-Cola Life e all’annuncio della modifica della ricetta negli Usa della Coca-Cola Zero, che ha scatenato le ire dagli utenti sui social, Coca-Cola ha lanciato un contest sulla piattaforma HeroX in cui ha offerto un milione di dollari a chi saprà individuare una valida alternativa allo zucchero che sia naturale e a basso contenuto calorico, da sostituire ai dolcificanti attualmente utilizzati. Lo scopo è quello di ritirare dal mercato la Coca Cola con la stevia e proporre una nuova versione della Coca-Cola Zero.
In attesa di scoprire i risultati del contest e aprire eventuali creatività di ricette, c’è una nuova strategia di marketing che prevede, tra le tante, la Creazione del nuovo font TCCC Unity (TCCC sta per “The Coca Cola Company”) e "unity" rappresenta, probabilmente, l'idea che questo font possa unificare gran parte dei messaggi di Coca-Cola, ma suggerisce anche la narrativa pubblicitaria di vecchia data di Coca-Cola: la bevanda frizzante ha il potere di unificare il mondo. Il font è stato presentato con clamore al Museo di design di Atlanta.
Ma Coca-Cola non è la sola a concentrarsi sulla tipografia come mezzo per sostenere una rinnovata spinta di marketing. Anche altre società come IBM e YouTube hanno rilasciato caratteri personalizzati propri. Per un'azienda che spende oltre 4 miliardi di dollari all'anno nella pubblicità globale per possedere il 3% del mercato delle bevande consumate in tutto il mondo, un font personalizzato ben costruito rende più facile avviare campagne pubblicitarie rapide.
Bisognerà probabilmente affiancare ricette nuove di prodotto, ma soprattutto nuovi valori alimentari, ormai di dominio e condivisione comune.
Ciò che emerge è che Coca-Cola non si lascia intimorire dal calo delle vendite, sembra quasi trarne nuove ispirazioni per strategie di marketing.
Case Study: Yves Saint Laurent
Lo scorso marzo Yves Saint Laurent aveva tappezzato le sue vetrine di Parigi con manifesti pubblicitari di diverse donne in pose che, secondo l’opinione pubblica, denigravano l’immagine della femminilità.
I cittadini parigini hanno ritenuto la campagna denigrante e fortemente sessista ed è iniziata una condivisione del disappunto con l’ hashtag #YSLRetireTaPubDegradante, ma non solo: sono state inviate oltre 50 segnalazioni al garante della regolamentazione della pubblicità francese.
Il risultato? Yves Saint Laurent ha ritirato la pubblicità.
Mc Donald’s
Il panino vegano
Veniamo ora al colosso dei fast food tanto amato in tutto il mondo: la catena Mc Donald’s. Chi avrebbe mai ipotizzato anche solo 10 anni fa che avrebbe inserito nei suoi menù delle proposte vegan? Beh, se non l’avesse fatto, avrebbe perso una fetta di mercato sempre più in espansione, così è iniziata ad ottobre una fase di testing del McVegan: il primo panino della loro storia ad avere solo ingredienti vegetali.
Mc Donald’s avrebbe potuto ignorare l’aumento dei vegani a livello globale? Certo, ma avrebbe perso molti clienti. E in Italia quando arriveranno le scelte veg? Ancora non ci sono, staremo a vedere.
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Packaging riciclabile
Ma non finisce qui: ultima novità in casa Mc Donald’s (spesso tacciata di essere sfruttatrice di lavoratori, animali e sprechi energetici) è l’impegno ad utilizzare solo packaging 100% riciclabile entro il 2025, perché essere un colosso mondiale del food implica la responsabilità di dar vita a cambiamenti che avranno un impatto globale, come afferma Francesca De Biase, dopo aver ascoltato le richieste dei clienti:
“As the world’s largest restaurant company, we have a responsibility to use our scale for good to make changes that will have a meaningful impact across the globe,” McDonald’s Chief Supply Chain and Sustainability Officer. “Our customers have told us that packaging waste is the top environmental issue they would like us to address. Our ambition is to make changes our customers want and to use less packaging, sourced responsibly and designed to be taken care of after use, working at and beyond our restaurants to increase recycling and help create cleaner communities.”
E’ questa quindi la grande novità del marketing: l’ascolto assiduo e costante dei propri clienti per poter dar loro ciò che vogliono realizzando business di successo.
Boycott Dolce & Gabbana
Dolce & Gabbana ha utilizzato il social listening capovolgendo ogni aspettativa: in occasione dell’incontro tra Donald Trump e Papa Francesco dello scorso maggio, era presente anche la first lady Melania Trump in abiti D&G.
Quando la notizia ha iniziato a girare, il brand è stato accusato di essere politicamente schiarato con Trump ed è partita una feroce campagna istigatrice del boicottaggio #BoycottDolceGabbana. Come hanno risposto i due stilisti?
Hanno utilizzato l’ hashtag di protesta come nuovo slogan strategico, sottolineando che l’unico messaggio da valorizzare è la femminilità e la seduzione e hanno provocato gli haters e chiunque non fosse d’accordo a boicottare il brand.
Qual è stato il risultato? Lo slogan e le t-shirt in vendita a €175,00 sono diventate presto un trend (tanto da essere riprodotte e vendute ad un prezzo minore) e su Instagram l’ hashtag è stato utilizzato per avere visibilità e farsi portavoce di D&G.
Dove condurranno social listening e la sentiment analysis? Sicuramente verso un interscambio proficuo tra brand e consumatori.