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  • Le lezioni di business che possiamo imparare dai 50 anni di successi dei Led Zeppelin

    Analisi di un caso di successo nella storia della musica, letto in chiave aziendale

    17 Gennaio 2019

    Questo articolo è stato scritto da Fabiano Farina. 50 anni fa usciva negli Stati Uniti il primo album della band di Robert Plant e Jimmy Page. I Led Zeppelin sono stati, da quel momento, fra i più grandi gruppi rock della storia. Hanno rivoluzionato la scena musicale, hanno sperimentato altri generi e soprattutto hanno riempito gli stadi e sono stati acclamati da folle oceaniche. Come hanno fatto? Abbiamo provato a leggere il successo del gruppo che ha fatto la storia del rock in chiave aziendale e ne abbiamo tratto alcune importanti lezioni di business.

    I Led Zeppelin erano persone

    Hanno raggiunto un successo planetario sicuramente grazie al grande impegno, alla chimica che c’era fra tutti i componenti della band (il team), ad un marketing rivoluzionario e ad una grande ed originale idea di base (la loro musica). Proprio come qualsiasi altra impresa di successo. Sono cinque i punti cruciali da affrontare per analizzare storia e traguardi del “dirigibile di piombo”. Ciascuno di essi sono stati tasselli fondamentali concatenati a giuste scelte. Grande merito ha avuto il manager Peter Grant che con i suoi modi bruschi e la sua vision è riuscito a fa decollare una band che partiva da zero. LEGGI ANCHE: 5 lezioni di business che possiamo imparare dai Big Brand

    Fase 1: competenze e reclutamento

    Jimmy Page, chitarrista e fulcro della band, nel 1968 era già un turnista affermato e stimato dai suoi colleghi. Aveva già delle importanti competenze: era un produttore esperto ed aveva fatto una gavetta durissima. Inoltre le numerose collaborazioni con altre band (come ad esempio con gli Who) gli permettevano di potersi presentare al pubblico con un bagaglio artistico già molto importante. Un portfolio niente male. Quando nel ’68 Page rimase solo negli Yardbirds, insieme al manager Peter Grant, iniziò l’attività di reclutamento per permettere la nascita di un nuovo progetto: furono così scovati Robert Plant che a sua volta consigliò John Bonzo Bonham, e fu arruolato un altro bravissimo session man, il bassista e polistrumentista John Paul Jones. I quattro avevano grandi capacità riconosciute, grande rispetto reciproco e grande voglia di suonare. Non era assolutamente scontato che da quattro fuoriclasse potesse nascere alchimia: e invece il team building fu facile e veloce. Nelle prime sessioni in sala prove si poteva già sentire l’enorme potenza del sound creato e quella sorta di competizione sana fra i musicisti, necessaria ad una crescita positiva per la band.

    Fase 2: la fase di avvio

    I quattro avevano bisogno di farsi conoscere e così colsero al balzo l’occasione del tour che avevano programmato in Scandinavia gli Yardbirds. Concerti e apparizioni in TV, in cui proponevano certamente pezzi inediti ma soprattutto ciò che sapevano fare meglio: cover di artisti blues rivisitate con il loro inconfondibile stile. Un avviamento niente male che, con pochissime sterline raccolte, riuscì a garantire la registrazione del loro primo album, Led Zeppelin I.

    Fase 3: l’idea rivoluzionaria

    Il riadattamento di pezzi standard blues in chiave rock, con assoli di chitarra al limite delle velocità consentite, assoli di batteria mai visti, modi di suonare gli strumenti del tutto inediti (ad esempio la chitarra elettrica con l’arco di violino) consentì loro di imporsi sulla scena come una novità assoluta. Nonostante le stroncature della critica musicale dell’epoca (oggi nessun giornalista parlerebbe male dei Led Zeppelin!) i fan crescevano a vista d’occhio, i Led Zeppelin erano dei miti, Dei dell’Olimpo da venerare. Il loro look era da ribelli e in più si sparsero a macchia d’olio le voci e le indiscrezioni sulla loro vita sessuale e sulle camere d’albergo distrutte. Era questa l’idea rivoluzionaria di cui avevano bisogno: in una intervista si dichiararono “completamente opposti al sound dei Beatles”, percorrendo così un sentiero nuovo mai esplorato a quei livelli, trovando grandi praterie e consensi planetari. Led Zeppelin II nasce così, un album dal sound definito che ha ispirato intere generazioni di musicisti, che trova conferma in Led Zeppelin III, con la sola eccezione di alcuni brani folk. Gli Zeppelin erano ormai una band strutturata che non aveva nulla da dimostrare. LEGGI ANCHE: Brian Eno vuole rilanciare la sua app per creare musica con lo smartphone

    Fase 4: il consolidamento

    La fama era ormai indiscussa. Riempivano stadi, palazzetti, riempivano gli alberghi di fan e di groupie. È in questa fase che decisero di intraprendere una strategia di marketing poco chiassosa, schiva e forse un po’ da gradassi. Led Zeppelin IV nasce con:
    • una copertina senza titolo ma solo con i quattro simboli che rappresentano i quattro membri della band;
    • nessuna intervista radiofonica, televisiva e cartacea;
    • un motto, “se volete vedere i Led Zeppelin dovete andare ai loro concerti”;
    • la bellezza di Stairway To Heaven, tale da ottenere passaggi radio molto più frequenti della media.
    Il loro capolavoro, il loro consolidamento. Nessun tipo di pubblicità (ma una grande strategia di marketing), e la consapevolezza di misurarsi per quello che erano: grandiosi.

    Fase 5: declino, investimento, reunion

    Il declino, senza troppo dilungarsi, può essere addebitato a varie cause e avvenimenti. Di certo la morte del batterista Bonzo Bonham ha imposto lo scioglimento forzato e doloroso del gruppo. Ma anche l’incidente automobilistico subito da Robert Plant ha influito, come pure il problema di droga e la mancanza di nuova linfa creativa di Jimmy Page. I Led Zeppelin nel 1980 crollano e iniziano a nascere le carriere soliste di Jimmy Page e Robert Plant. In particolare, Page sarà anche il produttore di altre band, investendo di fatto il suo patrimonio artistico su nuove realtà. Nel 1985 ci fu una prima reunion in occasione del Live AID, di dubbio successo. Mentre nel 2007 alla O2 Arena il ritorno in scena dei Led Zeppelin, con Jason Bonham (figlio di Bonzo) alla batteria, fu un successo incredibile: biglietti alle stelle, sold out immediato. Tutti i più grandi artisti del momento erano lì ad osannare la più grande band del secolo. Chiaro segno del fatto che, nonostante il declino, il patrimonio dell’impresa Led Zeppelin, la loro idea rivoluzionaria, resterà nel tempo.