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Case study

Lo Human Centered Design spiegato con un esempio sviluppato in Medio Oriente

Attraverso l'analisi della realizzazione di un'app per il World Food Programme scopriamo la vera utilità del design per le persone

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Carlo Frinolli 

CEO + Head of Design @ nois3.it

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Pubblicato il 27/11/2018

Ho recentemente finito di leggere Creare prodotti e servizi per catturare i clienti (Hooked) - se non l’avete letto vi consiglio di farlo - in cui l’autore Nir Eyal espone una serie di pratiche e concetti utili per catturare l’attenzione e la fedeltà degli utenti/clienti, ben documentato da risultati di ricerche condotte sul comportamento umano negli anni passati.

Mi ha colpito il modo in cui affronta il tema della manipolazione, perché a ben vedere è molto marcata la componente "convincimento o spinta a compiere una certa azione" anche nel lavoro che facciamo noi Designer. Tra le considerazioni più delicate quando affrontiamo progetti di (User) Experience Design ci sono infatti le Call To Action - chiamate all’azione.

Chiamati ad agire

Nel libro si fa riferimento a leve (interne o esterne) che possono essere usate o sfruttate per convincere una persona a utilizzare una certa piattaforma, alle ricompense (non solo quelle in denaro: vi basti pensare alla vanity metric del numero di like di una foto su Instagram per avere un’idea di ricompensa-non-monetaria), all’investimento fatto in una piattaforma che ancora le persone al suo uso.

Sono pratiche che possiamo notare in molti servizi di uso quotidiano, soprattutto in quelli che riconosciamo come più addictive. Non a caso, scherzando, dico sempre che ci sono solo due categorie che chiamano gli user (utenti), user: gli spacciatori e i designer (sì, lo so, questo gioco di parole funziona meglio in inglese...).

Dove incrociamo queste meccaniche più spesso?

In quei servizi dove si ritiene di voler catturare e trattenere le persone il più possibile: Instagram, Facebook, Pinterest, Twitter ma anche AirBnb, eBay e affini. I cosiddetti servizi dell’economia digitale tipica del mondo occidentale civilizzato.

Ma non fa molta eccezione neanche WeChat, piattaforma cinese che va per la maggiore nella più grande e popolosa tra le nazioni asiatiche, nonché in quella più respingente all’ingresso prepotente di questi servizi nel mercato - con cui puoi persino chiedere l'elemosina.

Leve utili per cercare di massimizzare gli obiettivi di business di queste piattaforme, aumentando la soddisfazione d’uso degli utenti, a tal punto da essere preferite ad altre piattaforme competitor.

Ma come abbiamo già detto in alcuni dei precedenti articoli, è importante comprendere i bisogni delle persone quando si progetta, per capire che tipo di risposte si aspettano e quali tipi di motivazione le spingono ad agire. Va da sé che comprenderne le motivazioni ci può dare un’idea dei modi più efficaci per convincerle ad agire verso quello che crediamo possa essere il loro interesse.

LEGGI ANCHE: Cosa sono e come funzionano i Mini-Program di WeChat

Convincere o indurre?

Abbiamo visto questi meccanismi applicati alle piattaforme social più famose, servizi che hanno come scopo quello di realizzare un profitto e, in un certo modo, intrattenere le persone.

Cosa succede però se questi meccanismi, questi pattern di progettazione, queste soluzioni volte ad aumentare la partecipazione e la retention, vengono implementati in contesti che sono teoricamente distanti dal business innovativo legato alla Silicon Valley?

Il World Food Programme, il Libano e i rifugiati Siriani

Circa un anno fa con il mio team ha avuto l’onore di lavorare su un progetto di cui vado molto fiero: Dalili.

Il World Food Programme, impegnato nel sostegno economico ai rifugiati in diversi territori critici, in particolare in Libano, aveva intrapreso un lavoro di ricerca con gli esuli siriani per capire come poter rendere più utile il servizio per i beneficiari di questi finanziamenti (da cui il nome Beneficiary Voices).

Ci contattarono per realizzare un’app e sulle prime, come mi capita sempre in questi casi, ero piuttosto scettico: troppo spesso mi è capitato di sentire persone che hanno individuato nella creazione di un’app la soluzione a tutti i mali. La mia equazione mentale era: Libano, rifugiati siriani, app… non può funzionare.

LEGGI ANCHE: Cos’è il design thinking e come funziona, spiegato con un esempio concreto

Gli insight e le difficoltà

Eppure mi sono dovuto ricredere. Perché quando il committente fa “i compiti a casa” e ti fa trovare proposte supportate dagli insight emersi nella ricerca che condotta nei campi profughi, con le persone - osservandoli e ingaggiandoli - è tutto più semplice.

Gli smartphone sono in effetti diffusi, così come il 3G, benché non ci siano piani dati che forniscono molti Giga come in altri paesi, pur prevedendo traffico illimitato per WhatsApp. La soluzione app poteva quindi essere ragionevole.

Come farla? E soprattutto come verificarne l’efficacia? Altre difficoltà riguardavano il limite linguistico durante i test di usabilità, il background culturale così distante dal nostro, il terreno comune per fare facilitazione.

Poi ci ricordammo di WhatsApp e di un test fatto su un prototipo in cui alcuni dei coinvolti rispondevano con le emoji alle domande. Da lì l’epifania: usiamo le emoji!

Sarebbe stato il nostro il linguaggio comune per cominciare la discussione, grazie all’aiuto degli interpreti che piuttosto che tradurre le nostre parole si sono calati nel ruolo di facilitatori e ci hanno aiutato a testare le nostre idee.

I risultati

L’app di comparazione prezzi che avevamo immaginato era comprensibile, efficace e utile al punto che gli avrebbe permesso di risparmiare diverse corse di taxi per visitare negozi e comparare. Con un risparmio netto fino a 6 dollari che, sui 27 dollari pro-capite che vengono finanziati dal WFP sono un 22% di risparmio.

Conosco un certo numero di imprenditori che ucciderebbe per poter aumentare il potere d’acquisto, quindi il beneficio percepito abbattendo i costi, del 22%.

Il modo in cui abbiamo estratto questo beneficio? Chiedendoglielo. Mappando quello che era il loro customer journey identificando nel dettaglio tutti i passaggi della loro esperienza con il sistema di erogazione contributi, in modo da individuare le opportunità e necessità che l'app Dalili avrebbe potuto risolvere o quantomeno migliorare. Insomma, facendo ricerca.

In poche parole: Human Centered Design.

E alla fine la soddisfazione più grande è stata guardare i loro volti allegri e sorridenti, e capire che con il tuo lavoro puoi veramente incidere sulle vite delle persone!

Poi ci ricordammo di WhatsApp e di un test fatto su un prototipo in cui alcuni dei coinvolti rispondevano con le emoji alle domande. Da lì l’epifania: usiamo le emoji!

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Scritto da

Carlo Frinolli 

CEO + Head of Design @ nois3.it

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