Chiunque si sia interessato di SEO e posizionamento dei siti su Google ha sentito parlare di link bulding.
Se sei nuovo dell’argomento leggi qui: 5 strategie di link building per campagne efficaci.
Meno famose sono invece le menzioni, ossia le citazioni senza link che avvengono spontaneamente in un testo quando si parla di un marchio (brand mention), di un prodotto o di un sito (site mention). La loro crescente importanza è parte di un processo in corso, che nel tempo marginalizzerà l’importanza dei link in favore dei contenuti.
Già nel 2014, Matt Cutts, noto ex portavoce e software engineer di Google, aveva anticipato che “i backlink diventeranno nel tempo un po’ meno importanti”. Avranno valore ancora per molti anni ma “quello che stiamo tentando di fare è delineare come una particolare pagina incontri le esigenze di informazione di un utente esperto”. I backlink avranno un ruolo in questo processo, ma le persone badano maggiormente alla “qualità dei contenuti della pagina in cui sono giunti”.
I professionisti SEO conducono una vita all’inseguimento di Google, una corsa all’ultima variazione dell’algoritmo che potrebbe confermare o ribaltare il risultato (cit. autorevole) di mesi o anni di sforzi.
Si dice che i fattori di posizionamento che Big G tiene in considerazione nello stilare le pagine dei risultati di ricerca (SERP) siano 200, e tra i più importanti vi sono i backlink.
Sono molti i divieti legati alla manipolazione di questo fattore: ad esempio, Google ha posto veto sullo scambio di link, sui link a pagamento e sui Private Blog Network. Alle volte è difficile perfino capire se un link ricevuto porta valore o mette a rischio di penalizzazioni, per cui potrebbe perfino essere necessario rifiutare il link.
Per questo e per i notevoli sforzi nell’ottenere un profilo link valido, molti professionisti sarebbero felici di sapere che la link building è morta. Questo non è vero, ma i dissidenti potrebbero inconsapevolmente essere una forma di early adopter.
Una cosa a cui tutti i SEO dovrebbero prestare attenzione, infatti, è la nuova capacità di Google di comprendere e integrare le linkless mention nel suo algoritmo.
Dalla scomparsa di Page Rank, l’arcinota “barretta verde” che indicava la notorietà delle pagine Web, il mondo della SEO è rimasto focalizzato sui collegamenti tra le pagine per determinarne il valore (link juice).
Il profilo backlink di un sito è diventato dunque un fattore di primo piano nel posizionamento su Google, ma il re dei motori di ricerca si è ufficialmente evoluto e non necessita più dell’attributo “href” per dare valore alla menzione di un brand, di un prodotto o di un sito.
Tutto ciò è stato confermato alla fine del 2017 da Gary Illyes, portavoce e “elfo domestico e capo del sole e della felicità” di Google, nel suo discorso all’evento di settore BrightonSEO.
“Fondamentalmente, se pubblichi contenuti di alta qualità molto citati su Internet – e non sto parlando solo di link, ma menzioni anche sui social network e le persone che parlano del tuo marchio, ca**ate del genere – allora stai andando alla grande.”
La link building non muore, si evolve alla luce del fatto che Google è ufficialmente capace di riconoscere implicitamente i link.
Le menzioni senza link sono un’opportunità per affinare le tecniche, velocizzando alcuni processi e variando le priorità rispetto al passato. Ad esempio, invece di contattare febbrilmente i webmaster di siti Web che citano ma non linkano è possibile passare oltre, sapendo che Google ha già visto questa menzione e l’ha presa da conto.
Il futuro della SEO è invece sempre più legato ai contenuti (content is king…) e alle PR (… but distribution is queen), tenendo conto in particolare di cinque elementi:
L’importanza dei link rimane elevata, ma non sono più mandatori in una prospettiva di Search Engine Organization sempre più direttamente orientata all’utente e meno mediata dalle logiche prettamente tecniche dei motori di ricerca.
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