Perché le aziende farmaceutiche riducono la spesa nella pubblicità direct-to-consumer

Pochi giorni fa  Jaimy Lee, News Editor per l’Healthcare su Linkedin, pubblicava un post secondo cui, in accordo con gli ultimi dati pubblicati da Kantar Media (azienda del gruppo WPP), le aziende farmaceutiche nel 2017 avrebbero speso meno in pubblicità direct-to-consumer (DTC), con un ribasso del 4,6% rispetto ai più di 6 miliardi di dollari spesi nel 2016.

Abbiamo voluto approfondire, dati alla mano, valutando le possibili motivazioni di tale cambio di rotta.

Prima di addentrarci nella ricerca però è bene chiarire il significato di pubblicità diretta al consumatore e capire quali siano i media più utilizzati nel mondo del Pharma.

Cos’è la pubblicità direct-to-consumer

Con pubblicità direct-to-consumer (DTC) si indicano le campagne pubblicitarie su farmaci prescrivibili dirette al consumatore. La pubblicità DTC è branded, ma esiste anche una pubblicità unbranded, che ha l’obiettivo di aumentare l’awareness verso la malattia. La pubblicità DTC è consentita solo negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda ed è sottoposta a regolamentazione. Negli Stati Uniti in particolare la pubblicità del farmaco è sotto il controllo e approvazione di FDA, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici.

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La prima legge sulla pubblicità DTC è del 1938: si trattava del “The Food, Drug and Cosmetic Act”, nel quale l’FDA imponeva alle aziende farmaceutiche l’obbligo di dimostrare la sicurezza del farmaco prima di pubblicizzarlo. Nel 1962 una rettifica aggiungeva che non solo era necessario dimostrarne la sicurezza, ma anche l’evidenza dell’efficacia. Veniva inoltre regolato l’annuncio pubblicitario stesso.

La pubblicità DTC, nello specifico, può essere erogata su diversi canali: TV, Riviste, Web, Giornali, Radio o Outdoor. Negli ultimi anni le aziende farmaceutiche hanno aumentato le richieste a FDA per i canali digitali, ma la TV rimane il media su cui si concentrano maggiormente le spese, soprattutto in relazione alla presenza del target di riferimento (età over 65).

Gli spot delle cause farmaceutiche concorrono perfino ai Cannes Lions Health e almeno fino a due anni fa erano presenti anche nel palinsesto del Super Bowl.

Pubblicità DTC: utile ma poco gradita

La pubblicità DTC è tuttora molto diffusa e nel 2016 si è calcolato un aumento di spesa del 64% rispetto al 2012, arrivando a oltre 6 miliardi di dollari. Le ragioni di tale impennata sono svariate: tra le più rilevanti, il lancio di nuovi farmaci sul mercato.

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Tuttavia, nonostante la diffusione, la pubblicità DTC non sembra molto amata e subisce continuamente attacchi. Molti legislatori hanno chiesto di non consentire più la detrazione sulle tasse per le aziende farmaceutiche, così da sfavorirne l’investimento pubblicitario e alcune organizzazioni di medici hanno chiesto addirittura di vietare la pubblicità DTC.

Cosa ne pensano in tutto ciò pazienti?

Secondo un sondaggio condotto da Princeton Survey Research Associates, su 1.564 cittadini statunitensi solo il 38% dei pazienti in contatto con pubblicità DTC parla del farmaco con il proprio medico. Di questi il 33% chiede espressamente la prescrizione del farmaco pubblicizzato, ma nel 58% dei casi il medico non prescrive il farmaco o ne prescrive un altro. Per il 61% dei pazienti la pubblicità DTC è utile come promemoria per prenotare un appuntamento dal medico, o per fare un vaccino contro l’influenza.

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Le aziende farmaceutiche riducono la spesa pubblicitaria

Ma veniamo al 2017, secondo il report pubblicato da Kantar Media per il Q1-Q3 2017 in USA, si è verificato un calo di spesa sui media tradizionali come TV, radio e stampa per diversi settori, tra cui anche quello farmaceutico, che si posiziona comunque quarto tra le categorie per spesa sostenuta. La stampa è tra i media più colpiti con un calo del 17% nel settore Pharma.

I motivi di questo cambiamento potrebbero essere diversi e tra di essi probabilmente i continui attacchi da parte di legislatori e medici.

Sara Holoubek, CEO dell’azienda di consulenza Luminary Labs, pensa che le aziende farmaceutiche stiano commercializzando più farmaci per malattie rare e che quindi non necessitano di campagne di massa. Un’altra ragione potrebbe essere che le aziende farmaceutiche stanno riversando maggiori investimenti per la digital health.

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Un’altra possibilità potrebbe essere che le aziende farmaceutiche, di fronte alla pressione crescente di assicurazioni e Pharmacy Benefit Manager (manager delle prestazioni farmaceutiche), stiano cercando di abbassare i prezzi delle terapie, spendendo per aiutare i pazienti nell’accesso alle cure. Come commenta Brian Fox, senior partner per McKinsey: “Per molti brand, l’accesso al mercato è l’elemento più importante del commercial mix”.

Le Top Company che hanno investito in DTC

In generale quasi tutte le maggiori aziende farmaceutiche hanno ridotto le spese rispetto al 2016.

Abbvie ha investito 429 milioni di dollari per commercializzare Humira, farmaco per l’artrite reumatoide, di cui 341 milioni di  dollari in advertising TV. Pfizer ha speso di più 1.3 miliardi di dollari, di cui oltre 216 milioni di dollari in TV per Lyrica (farmaco contro l’epilessia), in calo rispetto al 2016 (221 milioni di dollari), 166 milioni di dollari in spot per Xeljanz (artrite reumatoide) e 207 milioni  per commercializzare Chantix (contro la dipendenza da fumo).  Ely Lilly, ha speso di più nel 2017  ben 480 milioni di dollari, di cui 145 millioni in spot per Trulicity (farmaco anti-diabetico) e 116 millioni di dollari per Taltz (farmaco per la psoriasi a placche). Infine nella top Pfizer e Bristol-Myers Squibb’s, 227 milioni di dollari, di cui 142 milioni in spot, per Eliquis (anticoagulante).

Le aziende farmaceutiche in conclusione, nonostante un calo sulla pubblicità DTC, puntano ancora molto sui media tradizionali – soprattutto TV -, anche se le abitudini dei consumatori sembrano spostarsi sul media digitale. Il mondo del Pharma accoglierà la sfida di una pubblicità DTC patient-centric?

Silvia Di Gennaro

Sangue abruzzese e romano, sono cresciuta tra pc, videogiochi e letteratura. Spontaneamente travolta dal mondo digitale e della comunicazione, già dalla tenera età di dieci anni ho sperimentato le diavolerie del web senza la flat. Mi appassiona il content marketing, la user experience, e tutto ciò in qualche modo riconducibile alla psicologia dell’immagine e del linguaggio. Fuori dal web vago per montagne imbracciando la mia Nikon e trovo entusiasmante ogni forma d’arte che mi presenti una nuova realtà. Da dicembre 2020 sono stata nominata dalla Commissione Europea, European Climate Pact Ambassador. Insieme ad altri ambasciatori ho costituito la community EuCliPa Italy per ispirare, informare e sostenere azioni contro la crisi climatica.

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