"Made in Italy" è il terzo marchio più riconosciuto al mondo dopo Coca-Cola e Visa, eppure non è ben chiaro quale sia il vero significato di questa dicitura e soprattutto se essa possa restituire lustro alle aziende Italiane nel panorama del commercio internazionale.
C'è stato un periodo negli anni '80 in cui Made in Italy voleva dire eccellenza dal punto di vista del design e della qualità di realizzazione e ciò era vero soprattutto per i settori alimentare, moda, lusso e arredamento, anche se poi la definizione si è allargata a macchia d'olio a quasi tutti i prodotti realizzati in Italia.
Oggi il Made in Italy sembra in crisi e non suggerisce più quell'immediato senso di eccellenza come in passato, forse perché qualcuno si è adagiato sugli allori e forse perché qualcun altro ne ha abusato, estendendone l'applicabilità anche a prodotti che in fondo di Made in Italy hanno poco o niente. E la perdita di competitività sul mercato internazionale è testimone di questo fenomeno.
Da dove ripartire?
Innanzitutto ripartire dai punti fermi del Made in Italy che sono la qualità del prodotto, la competenza delle persone che lo realizzano, la fantasia del design che solo un popolo come il nostro può avere e in seguito prendere ad esempio quelle poche realtà che invece ancora oggi rendono onore alla dicitura Made in Italy per replicarne le best practice.
Ferrari
Ferrari è un brand che ha fatto storia e che continua a farla perché ha saputo rinnovarsi nel tempo e mantenersi sempre un gradino sopra rispetto alla concorrenza e lo ha fatto investendo su giovani ingegneri di talento, su designer Italiani di altissimo spessore (primo fra tutti Pininfarina), dotandosi di strutture produttive all'avanguardia in cui tutti i ragazzi vorrebbero lavorare.
Insomma Ferrari non si è mai fermata a godere dei risultati raggiunti, ha sempre teso lo sguardo in avanti alla ricerca di un'ulteriore miglioramento, virtù che invece manca nella quasi totalità delle aziende Italiane.
Eataly
Uno degli ultimi casi di eccellenza del Made in Italy è rappresentato da Eataly di Oscar Farinetti che, forte dell'esperienza Unieuro, ha saputo capitalizzare la reputazione culinaria Italiana facendone "un modello originale di mercato in cui i prodotti di alta qualità della tradizione agroalimentare italiana non si comprano solo, ma si consumano e si studiano. E' un luogo che unendo vendita, ristorazione e cultura seleziona e offre le eccellenze enogastronomiche del nostro Paese".
A posteriori sembra facile e scontato che qualcuno sia riuscito a raggiungere il successo promuovendo la cultura alimentare Italiana su larga scala, resta il fatto però che nessuno prima di Farinetti ha raggiunto gli stessi risultati e da Eataly dobbiamo trarre l'insegnamento di partire da quello che sappiamo fare meglio.
Grom
L'ultimo caso è anche il più romantico e spesso citato perché portato avanti da due ragazzi Italiani che sono riusciti a creare un brand riconosciuto a livello internazionale, sinonimo di un gelato qualitativamente eccellente e prodotto valorizzando la ricerca e l'utilizzo di materie prime Italiane.
Il caso Grom ci insegna che tutti possono mettersi in gioco, i giovani in primis, e che sono ancora molti i prodotti Italiani che possono essere “brandizzati” a livello internazionale.
Così come nel mondo Starbucks è sinonimo di caffè e McDonald’s di Fast Food, ora Grom è sinonimo di gelato, per di più Made in Italy.
Conclusioni
In conclusione, il Made in Italy può ancora rappresentare un vantaggio competitivo, ma solo se ci si crede veramente e se si investe nei veri valori delle eccellenze Italiane, mantenendo un occhio di riguardo anche ad alcuni valori etici come la dignità dei lavoratori, tipico valore calpestato in alcuni paesi emergenti.
Se invece il popolo degli imprenditori Italiani intende fregiarsi del "Made in Italy" senza lavorare nella direzione di rafforzare il brand, allora il marchio perde valore per tutti.