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  • Trade Wars: Trump colpisce ancora la Cina

    Trump da un lato, Xi Jinping dall'altro. Stati Uniti contro Cina. Aquila contro drago. Hamburger di manzo contro maiale in agrodolce, la guerra commerciale è iniziata, e non finirà presto.

    30 Agosto 2019

    Il conflitto tra Cina e Stati Uniti è una competizione tra due diverse civiltà e sistemi di valori. D’altro canto, uno statunitense che osserva attentamente le etichette dei sui suoi vestiti, ha un’alta possibilità di leggere “Made in China”. La storia degli scambi commerciali tra Stati Uniti d’America e Repubblica Popolare Cinese è iniziata il 21 Febbraio 1972, quando il presidente Richard M. Nixon atterrò in Cina per un viaggio ufficiale. Fu il primo presidente degli Stati Uniti a visitare la Cina dalla sua fondazione, nel 1949. Evento importante, dato che gli US stavano cercando di migliorare le relazioni con un paese comunista durante la guerra fredda. Durante il suo incontro con il premier cinese Zhou Enlai, Nixon concordò di espandere le relazioni culturali tra le loro due nazioni, e stabilì dei piani per una missione commerciale permanente degli Stati Uniti in Cina. Dopo questo incontro, negli ultimi 40 e anni, i due Paesi hanno avuto una politica di libero scambio di merci.

    Cina e USA: il seme della discordia

    2 Maggio 2016: Trump afferma che la Cina e altri Stati si sono a lungo approfittati degli Stati Uniti nella veste di partner commerciali. Egli evidenzia che il trade deficit (differenza tra importazioni ed esportazioni) è un chiaro segnale di come gli Stati Uniti abbiano perso lustro e supremazia commerciale. Il principale accusato e la Cina, la quale è responsabile per la maggior parte del deficit commerciale statunitense. 6 Luglio 2018: gli Stati Uniti applicano i primi dazi su misura verso la Cina. Da qui, per più di un anno, Trump ha accumulato tariffe sulle importazioni, incoraggiando le compagnie impattate a riportare la produzione “a casa” negli US. Tuttavia, la Cina è stata ammessa al WTO nel 2001 con la condizione di “Paese in via di sviluppo”, evento che ne ha accelerato l’integrazione con le catene produttive e i mercati globali. Questo ha generato una diminuzione dei prezzi per i consumatori statunitensi e ha permesso a una grossa parte della popolazione cinese di uscire da una situazione di povertà. D’altro canto, questo slittamento del focus produttivo ha generato la perdita di milioni di posti lavorativi negli Stati Uniti e una minaccia reale alla supremazia economica, tecnologica e militare statunitense. Gli Stati Uniti si sono inoltre ritirati da un accordo commerciale con il Giappone ed altri 10 paesi della regione Asiatico-Pacifica, instaurando invece trattative dirette con il Giappone. Allo stesso tempo, si profilano all’orizzonte dazi fino al 25% su automobili e pezzi di ricambio importati da Europa e Giappone, con la possibilità di coinvolgere il Messico. LEGGI ANCHE: I repubblicani all’attacco di Google

    MAGA: one tariff at the time

    Trump ha iniziato a mettere in atto i suoi programmi a Gennaio 2018, applicando dazi su lavatrici e pannelli solari di importazione. Ha poi colpito le importazioni di acciaio ed alluminio provenienti da diversi Paesi. Il focus sulle importazioni cinesi si è manifestato dal luglio 2018, aprendo un botta e risposta con la Cina,la quale ha a sua volta applicato tariffe e misure cautelative. A Dicembre dello stesso anno, si è giunti ad una tregua (forse nello spirito natalizio – ndr), suggerendo che una possibile risoluzione; questo sino a maggio, quando Trump ha iniziato di nuovo ad aumentare i dazi, peraltro in modo esponenziale rispetto alla prima fase. Per una riapertura delle trattative, si guardava allora al G20 del 29 giugno in Giappone, ma a luglio Trump ha accusato la Cina di non aver rispettato gli accordi: acquistare più materie prime dai contadini americani. Il Presidente americano ha dunque minacciato l’imposizione di un’ ulteriore dazio del 10% sulle importazioni dalla Cina in merito a abbigliamento, scarpe ed elettronica, ripartito tra settembre e dicembre

    Trade War: i risultati fino ad ora

    L’intermediario, l’importatore americano, è colui che paga queste tasse quando il prodotto arriva nel paese. Questi può assorbirne il costo o passarlo al grossista il quale, a sua volta, lo applica al negoziante ed infine, come sempre, il tutto ricade sul consumatore finale, ossia gli statunitensi. Il produttore cinese, dal suo canto, potrebbe aggiustare i prezzi di conseguenza per compensare l’aumento, oppure spostare la produzioni fuori dal paese, magari negli Stati Uniti stessi. Ad oggi, la prima opzione è stata quella più applicata e i risultati, dopo solo un anno, sono allarmanti:
    • Il deficit tra import ed export è incrementato a $621Bn nel 2018, segnando il record degli ultimi 10 anni, e mostrando quanto questa Trade War abbia contribuito a un rallentamento dell’economia europea e cinese.
    • Gli agricoltori statunitensi hanno perso quote di mercato e ricavi a causa dell’aumento dei dazi verso la Cina e gli altri partner commerciali.
    • Il PIL statunitense è cresciuto del 2.1%, nel secondo quarto 2019, quindi più lentamente del 3.1% del primo quarto dello stesso anno.
    • Per la maggior parte delle categorie di prodotti Cinesi su cui sono state imposti dazi, le importazioni in US sono diminuite del 26% nel primo quarto del 2019, su base annuale.
    • Taiwan e Corea del Sud hanno visto le vendite di componenti elettronici accelerare, segnalando che le tariffe hanno spostato la bassa manodopera fuori dalla Cina.
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    Tra i due litiganti, l’Europa non gode

    Non bastava la Brexit a minacciare la stabilità politico-economica di una già fragile Europa. La Trade War ha infatti ripercussioni sia positive che negative sul Vecchio Continente. Da un lato, l’effetto è stato quello di una perdita di confidenza, che ha visto le esportazioni dimezzarsi su base annuale, rallentando anche il motore tedesco. L’UE infatti ha la sua battaglia commerciale in corso con gli Stati Uniti, dopo che questi ultimi hanno applicato dazi su acciaio e alluminio verso molti alleati, tra cui l’Europa stessa. Quest’ultima ha risposto imponendo a sua volta tasse su beni importati degli Stati Uniti, con l’amministrazione Trump che ha rilanciato, minacciando possibili dazi sulle automobili. Tutto questo rovina il periodo positivo dell’Europa la quale, nel 2018, ha visto la crescita più forte dell’ ultima decade, con una disoccupazione del 6.3% a Maggio 2019, la più bassa dal 2000. Il problema è che, nello scontro Cina-Stati Uniti, l’Europa è il terzo incomodo che, tra i due litiganti, soffre un doppio attacco: la maggior parte della produzione Europea va proprio verso Cina e Stati Uniti. Ad esempio, i dazi che la Cina vorrebbe imporre sulle automobili prodotte negli Stati Uniti colpiranno le case automobilistiche tedesche Daimler e BMW poiché entrambe fabbricano veicoli negli Stati Uniti e li esportano in Cina. Daimler ha già abbassato le sue prospettive di utili, citando i costi più alti del previsto; BMW ha avvertito che i dazi le renderebbero più difficile la vendita in Cina dei veicoli che costruisce nello stabilimento di Spartanburg (South Carolina) “portando potenzialmente a volumi di esportazione fortemente ridotti e effetti negativi su investimenti e occupazione negli Stati Uniti. ” Di contro, i produttori europei di automobili, aeromobili, prodotti chimici, chip di computer e macchinari di fabbrica potrebbero teoricamente impadronirsi della quota di mercato sostituendo i prodotti cinesi o americani nei due mercati. Ma questo a patto che la disputa commerciale dell’Europa con gli Stati Uniti non si intensifichi: un’incognita non da poco. Garcia Herrero, economista della banca Natixis e membro dello European Research Institute Bruegel, ha dichiarato:”L’Europa non può vincere per un ovvia ragione: è esportatrice netta. Tuttavia, non va sottovalutato il fatto che alcuni settori specifici possano invece trarre vantaggio da questa Trade War”.

    In tutto questo, la Cina?

    La risposta secca della Cina è stata quella di intervenire sulla valuta, indebolendo lo Yuan e scatenando l’ira di Trump, il quale ha accusato il governo cinese di essere un manipolatore spregiudicato. Questa svalutazione rende i beni cinesi più competititivi relativamente al Dollaro Statunitense, ma allo stesso tempo implica costi, incentivando consumatori e aziende a muovere i loro capitali fuori dal paese, alla ricerca di ritorni di investimento più alti e valute più forti. Sul fronte delle relazioni con l’Europa, la Cinanon è rimasta a guardare, e ha cercato di trascinare l’Unione dalla sua parte, cercando di sedurre Angela Merkel e il Primo Ministro Francese Edouard Philippe. UE e Cina hanno accordato un legame commerciale più stretto e il mantenimento delle regole commerciali concordate. Tuttavia, l’UE rimane un alleato di lunga data degli Stati Uniti su molte questioni internazionali, nonostante le attuali tensioni con l’amministrazione Trump. LEGGI ANCHE: Google molla Huawei

    Cosa aspettarsi nelle prossime settimane ?

    Dopo il fallimento della tregua a luglio, una ripresa delle trattative si prospetta a settembre. Martedì 13 agosto è avvenuto un colloquio telefonico tra alti funzionari cinesi e statunitensi. Il Vice Premier cinese Liu ha parlato martedì sera con Lighthizer e con il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti Steven Mnuchin. “Entrambe le parti concordano di parlare di nuovo al telefono entro due settimane”, ha dichiarato. Quel che è certo finora è che Donald Trump ha annunciato all’inizio di questo mese che Washington ha in programma di imporre dazi del 10% sui rimanenti 300 miliardi di Dollari che costituiscono il giro importazioni dalla Cina, ponendo fine a una tregua commerciale di un mese. Per quanto riguarda l’Europa, se Trump spingesse la Cina ad un accordo commerciale volto a ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti, questo sarebbe un risultato poco conveniente per l’Unione, dato che un ulteriore aumento delle merci statunitensi in circolazione inCina potrebbe avvenire a scapito dei concorrenti europei. Se la Cina concedesse l’accordo proposto dagli Stati Uniti, l’intera situazione affrontata dall’UE sarebbe molto più dura. Affinché la Cina riduca in modo massiccio il suo avanzo commerciale con gli Stati Uniti, dovrebbe in qualche modo sostituire le sue importazioni dall’UE con quelle provenienti dagli Stati Uniti; questo avrebbe un impatto significativo sui produttori dell’UE. Come ogni anno, settembre segna il ritorno dalle vacanze e con esso nuovi capitoli di questa vicenda.