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  • Una conversazione sull’economia comportamentale con Kelly Peters

    "Siamo più spaventati dal fare la scelta sbagliata che fare una scelta coraggiosa"

    8 Novembre 2018

    Al  World Business Forum Milano di quest’anno ho avuto l’occasione di incontrare e fare qualche domanda a Kelly Peters, esperta di scienze del comportamento. Ciao Kelly, cominciamo con la mia prima domanda. Quello dell’economia comportamentale (in inglese behavioral economics) è un tema molto caldo: nel 2017 il premio nobel per l’economia è stato assegnato proprio a Richard Thaler, fondatore della disciplina. Thaler la definisce come “economia con una forte iniezione di buona psicologia”: puoi darci la tua definizione? Certo! L’economia comportamentale si compone di tre parti: innanzitutto la comprensione della scienza alla base dei processi decisionali, in secondo luogo le strategie che influenzano e condizionano i comportamenti e, infine, l’utilizzo del metodo scientifico per verificare i nostri interventi nel mondo reale. Ci aiuta a capire come le persone prendono decisioni, spaziando lungo tre modi di pensare: intuizione, esperienza ed evidenza. Ciascuna di queste tre aree ha possibili pregiudizi e vantaggi. Crediamo infatti che tutto quello che dobbiamo fare per influenzare un comportamento sia avere abbastanza informazioni o offrire incentivi che motivino le persone e ne guidino le scelte. Eppure, è emerso che c’è un’intera gamma di cose che condizionano profondamente il nostro comportamento e l’economia comportamentale ci aiuta a capire come questi influenzano i comportamenti. E infatti, secondo gli economisti comportamentali siamo più dumber and nicer rispetto a quanto assume la scuola neoclassica che tende a vederci come dei perfetti razionalisti. Circa il 70% delle nostre decisioni è guidato da fattori sotto il nostro subconscio come desideri, abitudini e norme sociali. Con questa premessa, quali sono i principi chiave dell’economia comportamentale che ogni marketer dovrebbe comprendere e applicare alle proprie strategie? Come possiamo influenzare le decisioni dei consumatori?  Lascio due consigli su cui soffermarsi.  Innanzitutto, valutare il numero di opzioni: il semplice fatto di presentare al consumatore quattro scelte diverse può influenzare la decisione finale. È quindi importante avere una conoscenza olistica del rapporto che intercorre fra i prodotti e le loro caratteristiche non solo fine a sé stessa, ma messa in relazione alle altre decisioni del cliente.  Il secondo consiglio riguarda l’ordine in cui vengono presentate le scelte ai clienti. Diverse sequenze, infatti, possono determinare scelte altrettanto diverse. Sia il numero di scelte che la sequenza di offerta sono due aspetti che meritano attenzione oltre al prodotto in sé.   Parliamo adesso di metodo scientifico, come dicevi in apertura del tuo talk abbiamo tutti il potenziale per il pensiero scientifico. Il manager dovrebbe operare come uno scienziato galileiano che comprende i fatti, costruisce una teoria, formula ipotesi e le testa in modo rigoroso attraverso esperimenti e rimette in discussione le proprie assunzioni in base alle evidenze analitiche. Puoi farci un esempio di applicazione del metodo scientifico in azienda e i benefici che questo apporta al business? Preferirei in realtà raccontarvi un esempio personale, che credo sia piuttosto interessante per i business leader. Al campo estivo dove avevo portato mia figlia avevano organizzato un gioco: sul palco c’era una grande ruota a quattro colori. All’entrata avevano distribuito a tutti quattro carte con i quattro colori. Poi ci avevano spiegato il gioco: “Si fa girare la ruota, si sceglie un colore e se la ruota si ferma sul colore scelto si resta in piedi, altrimenti ci si siede. Il premio finale per il bambino vincitore è una settimana in regalo al campo e una pizza per tutti i membri del suo gruppo”. LEGGI ANCHE: Economia circolare: in Italia siamo bravi, ma non lo sappiamo ancora (dice il rapporto AGI/Censis) Il campo era diviso in maschi e femmine fra i 5 e i 17 anni. La ruota ha continuato a girare e ho notato che, statisticamente, c’era un numero improbabile di bambini ancora in piedi per lo più maschi tra i più grandi. Facendo un conto matematico, ogni volta che si girava la ruota, avrebbe dovuto esserci il 75% delle persone sedute, ma la situazione reale non corrispondeva alla statistica. Cosa stava succedendo? Evidentemente qualcuno stava imbrogliando. Qualche bambino rimaneva in piedi anche se non aveva scelto quel colore sulla carta. Per me questa si è trasformata in un’occasione per intervenire. Ho detto al direttore del campo: “è evidente che qualcuno sta imbrogliando” e il direttore mi ha risposto: “Anch’io avevo questa impressione, ma non ero sicuro e non so cosa fare.” Io ho ribadito che si trattava di un’ottima opportunità scientifica e ho chiesto: “Com’è andato a finire il gioco nelle scorse settimane di campo?” E lui: “Hanno vinto i ragazzi adolescenti. Manca ancora qualche settimana alla fine dei campi, cosa mi suggerisce di fare?” Al che ho proposto: Sappiamo per certo è che a volte un semplice incoraggiamento dato a qualcuno può esercitare un enorme impatto sul suo comportamento. Quindi cosa ne dice, prima di iniziare il gioco della ruota, di lanciare un messaggio del tipo ‘Anche quando si è in difficoltà è bene prendere le decisioni giuste; anche se pensate che nessuno se ne accorgerà, è importante essere onesti.’ Provi a dirlo appena prima di iniziare il gioco”. E così è stato. La settimana successiva e quelle dopo ancora abbiamo notato che tra i vincitori c’erano anche delle bambine e delle ragazze. Questo esempio dimostra innanzitutto che si può usare la scienza per rilevare eventi statisticamente improbabili del mondo reale. L’analisi comportamentale ci permette di valutare come vengono condizionate e influenzate le azioni, di raccogliere dati per verificare l’esatto svolgimento degli eventi e, aspetto ancora più importante, possiamo usare l’analisi comportamentale e il pensiero scientifico per affrontare difficoltà come gli imbrogli o la diversità, che non saremmo altrimenti in grado di superare o gestire da soli. La mia ultima domanda. Una delle cose che apprendiamo dall’economia comportamentale è che tendiamo a essere avversi al rischio: preferiamo avere qualcosa di certo rispetto a un’opportunità di avere qualcosa di meglio. Siamo più spaventati dal fare la scelta sbagliata che fare una scelta coraggiosa. Raccontaci come questo principio ha impattato nella tua vita, e dai un consiglio a tutti coloro che sono spaventati dal prendere una decisione importante, che sia personale o professionale. È molto importante capire quanti aspetti influenzano la nostra percezione del rischio e la nostra capacità di affrontarlo e superarlo. Ne esistono due in particolare: innanzitutto bisogna capire che quando si valuta la portata di un rischio si tende a sottovalutare il potenziale vantaggio e sopravvalutare i possibili effetti negativi. LEGGI ANCHE: Chi è Richard Thaler, il prof vincitore del Nobel per l’economia Pertanto è necessario prima di tutto sapere che la nostra psiche funziona così e distorce la percezione della realtà o il senso del potenziale. Per superare questo ostacolo dobbiamo porci un obiettivo basato sulla realtà, ascoltando i consigli degli altri e raccogliendo quanti più dati possibile. Questo meccanismo può aiutarci a valutare in modo più accurato il potenziale rischio. Il secondo aspetto riguarda la percezione distorta della nostra capacità di gestire il rischio. In questo caso, tendiamo spesso a sentirci troppo sicuri. Non basta pensare di farcela: anche qui dobbiamo usare un approccio scientifico che ci aiuti a sviluppare una consapevolezza equilibrata delle nostre capacità di superare la difficoltà in questione, agendo con prudenza, documentando le nostre decisioni, valutando le cause degli eventi. Capire quando abbiamo avuto ragione o torto o quando siamo stati fortunati nelle decisioni intraprese può aiutarci a fare la scelta giusta, senza peccare di eccessiva presunzione, ma piuttosto affrontando i rischi al meglio delle nostre capacità. __ Grazie a Landoor per la professionale trascrizione e traduzione dell’intervista.