Per chi ha poca dimestichezza con la medicina, ma si è comunque affezionato a qualche serie televisiva dedicata al mondo della chirurgia, i punti sparati nella pelle per ricucire una ferita come una spillatrice fa con le graffette devono aver fatto di sicuro un certo effetto. E forse la sensazione sarà la stessa quando vedranno le immagini di un nuovo modo di tenere insieme i lembi di pelle con qualcosa che assomiglia a un nastro adesivo stampato sul momento da una stampante 3D portatile. La tecnologia è in fase di sviluppo in un laboratorio di Toronto.
La stampante 3D di pelle. Foto: University of Toronto
La sperimentazione dell'università di Toronto
Ciò che lo strumento è in grado di stampare è un gel biologico costituito da collagene, cellule della pelle, fibrina e una proteina che facilita la cicatrizzazione. «Forma il tessuto che aderisce direttamente alla ferita», ha spiegato a Fast Company uno dei ricercatori coinvolti nel progetto, Alex Günther.
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Gli ingegneri dell'università di Toronto hanno pubblicato il loro studio sulla rivista Lab on a Chip. La straordinarietà di questo strumento sono la sua semplicità e manegevolezza che consentono di poterlo utilizzare in sala operatoria. Inoltre, assicura una copertura superiore a quella rappresentata da un trapianto di pelle, con un rischio minore di infezioni.
Il gel con le cellule della pelle
Günther ha spiegato il modello di business che consentirà la produzione di questa speciale stampante: «Lo strumento è portatile e sterilizzabile. Non è difficile da produrre e non ha un prezzo eccessivo. Ciò che gli utilizzatori dovranno acquistare in maniera ricorrente saranno le "cartucce" con il gel. Il tutto è ancora in fase di sperimentazione.
La difficoltà al momento è avere cellule della pelle in quantità sufficiente, dato che ci vuole tempo per farle crescere. L'obiettivo ancora da raggiungere è avere delle cellule staminali che possano essere prodotte su grande scala e con scarsa possibilità di rigetto. «Nel caso in cui qualcosa del genere fosse realizzabile e sicuro, potrebbe essere altamente compatibile con questa tecnologia e la porterebbe negli ospedali», ha aggiunto il professore dell'università di Toronto.