I mille modi che Google ha per controllarti se hai uno smartphone Android

Un account su Google o una cessione di informazioni illimitata a chi ti fornisce gran parte delle applicazioni che usi sul tuo smartphone? Chiunque sia in possesso di un cellulare si sarà fatto questa domanda almeno una volta nella vita. E se quel cellulare ha come sistema operativo Android, la risposta è quasi sicuramente sì. Le coordinate Gps, le reti wi-fi nelle vicinanze, i dati sulla pressione atmosferica e anche un’ipotesi sull’attività del proprietario dello smartphone: nella maggior parte dei casi ci si trova obbligati a fornire tutte queste informazioni per il fatto stesso di utilizzare alcune applicazioni di casa Alphabet.

Un patrimonio di informazioni per Google

Cosa significa questo per Android e quindi per Google? Avere a disposizione un prezioso patrimonio di notizie sulle abitudini di milioni di persone che possono essere vendute a fini commerciali o cedute a enti e istituzioni che lo richiedano. Tutto avviene attraverso la location history. È una funzione che deve essere attivata volontariamente dall’utente, ma in alcuni casi comincia a rilevare dati attraverso altre applicazioni collegate come Google Maps, Photos, Google Assistant.

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I test fatti da Quartz

Secondo i test fatti dal sito Quartz su diversi smartphone, non viene specificato in maniera chiara l’accesso delle app di Google alla location history. Con diverse tipologie di smartphone è stato rilevato che i server Google ottengono queste informazioni:

  • Il possibile movimento che stai facendo (camminare, andare in bici, in treno ecc);
  • la pressione atmosferica;
  • la connessione a una rete wi-fi;
  • l’indirizzo MAC della rete a cui si è connessi, quello delle reti vicine e dei dispositivi bluetooth nei paraggi;
  • il livello di carica della tua batteria;
  • il voltaggio della batteria;
  • le coordinate Gps;
  • l’accuratezza della posizione Gps.

Si può scegliere davvero?

La risposta di Google è ovviamente che l’utente può scegliere di attivare queste funzionalità liberamente. E aggiunge che le informazioni rilevate servono a fornire suggerimenti all’utente sui posti da visitare, sulle strade da evitare perché trafficate, su dove trovare il telefono smarrito. Quello che, però, non viene sottolineato è che questa attivazione spesso avviene in maniera inconsapevole attraverso altre applicazioni.

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I dati dietro ogni applicazione

Ad esempio con Google Photos, se si accetta di vedere raggruppate le foto per luogo, si attiva la location history e quelle informazioni vengono usate anche per altro, senza la possibilità di limitarne l’utilizzo alla sola applicazione interessata. Procedimento analogo viene seguito da Google Maps che chiede all’utente di attivare la location history per migliorare i suggerimenti sulle strade, ma facendo questo tiene traccia del tuo allenamento fisico e di quando carichi la batteria dello smartphone. Anche quando si usa l’app base di Google viene chiesto di attivare la location history e di solito questo significa permettere a Google di presentare delle pubblicità in linea con abitudini e interessi dell’utente. Infine, per quanto riguarda Google Assistant, l’avviso iniziale fa credere all’utente che l’attivazione della location history sia necessaria. In realtà l’applicazione funzionerebbe anche senza, ma nel frattempo riesce a tenere traccia di quali prodotti Google sta usando l’utente.

Le possibilità per l’utente

Gli utenti possono accedere ad alcune delle informazioni che Google raccoglie consultando la timeline di Google Maps. In ogni caso esiste la possibilità di disattivare completamente la Location History. Con tutte le limitazioni che questo comporta.

Lara Martino

Giornalista professionista

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