Cinque miliardi e mezzo di investimenti in startup web-based da parte dei Venture Capitalist non sono una cifra trascurabile e movimentazioni di quel genere sono in grado di generare scosse critiche per il mercato.
Ciò che l’articolo però trascura, sono tutta una serie di altre forze che non si possono considerare sconnesse dalla questione bolla.
Valutare l’inizio di una bolla, semplicemente confrontando, peraltro in termini assoluti e non relativi, il livello di investimenti provenienti da VC in startup non è un metodo corretto, quantomeno non può considerarsi completo.
Ci sono almeno altre 3 tendenze di mercato di cui in Ninja Marketing discutiamo già da tempo e che non si possono trascurare in analisi di questo tipo: il crowdfunding, gli investimenti bancari in startup come Facebook o Twitter, e l’eventuale comportamento dei portafogli di investimento.
Innanzitutto il crowdfunding, che sembra sia una tendenza verso la quale si vuole canalizzare l’investimento in startup.
Anche la regolamentazione della SEC statunitense stà cercando di allentare i limiti normativi per aprire a questa tecnica di ricerca di capitali, e la newsletter di Marco Magnocavallo ha analizzato il crowdfunding come tendenza in una delle ultime uscite.
Il fondamentale problema del crowdfunding per startup web-based, che si riscontra guardando la tendenza in ottica di bolla, è che l’investimento possa essere in qualche modo influenzato più da una tendenza ad essere Early Adopters di un determinato servizio che da una ricognizione vera e propria delle capacità redditizie di una startup.
Che le banche stiano decidendo di investire in aziende come Facebook o Twitter, Goldman Sachs e Jp Morgan non è più un mistero. In particolare è agevole ricordare che quando Goldman Sachs ha messo sul piatto l’operazione di investimento in Facebook ci sono state non poche controversie con le Authority di settore statunitensi, e le contrattazioni private del mercato “grigio” hanno fatto registrare un aumento di valore delle azioni di circa il 60% del prezzo di vendita, ancor prima che fossero immesse sul mercato.
E’ necessario inoltre prevedere i comportamenti dei Portafogli di Investimento che investono fondi provenienti dal risparmio privato e potrebbero considerare l’opportunità di riservare all’ambito startup anche una quota dei loro investimenti.
Considerando questi tre fattori aggiuntivi si possono intuire in modo più completo quali sarebbero i risultati di una bolla, oltre a capire come e quante possibilità ci sono che questa possa verificarsi.
A testimonianza che forse una bolla 2.0 è lungi dal verificarsi c’è invece un provvedimento, attualmente in corso di valutazione presso la SEC statunitense, che stà cercando di aprire il più possibile al crowdfunding, agendo principalmente su di un fronte: si stà cercando di innalzare il limite di 500 azionisti per l’obbligo di diffusione di dati finanziari sensibili riguardo le aziende.
Questo significa che le startup potrebbero divenire canali di investimento, senza dover adempiere agli obblighi normali cui adempiono le imprese che vogliono reperire fondi da privati.
Aumentando quel limite per le startup potrebbe essere più conveniente ricevere fondi da più azionisti con investimenti più bassi, aspetto tutt’altro che trascurabile se si considera che Facebook stà cercando in tutti i modi di tenersi sotto il limite proprio per evitare di diffondere dati finanziari giudicati sensibili.
Questo comporterebbe dunque, una riduzione delle informazioni circolanti riguardo una determinata azienda, lasciando ai manager della stessa potere discrezionale riguardo la scelta delle informazioni da divulgare o meno. Immaginate ora cosa potrebbe accadere se si applicasse questo tipo di sistema al Crowdfunding. La scarsità di informazioni potrebbe dar vita ad un meccanismo perverso in cui i fondi si potrebbero reperire occultando magari informazioni preziose. Non dimentichiamo che lo scandalo Parmalat iniziò esattamente in questo modo.
Al momento del formarsi della bolla dotcom, nel 2000, si consideravano sufficienti visite e permanenza dei visitatori sul portale come condizioni per generare revenues, il tempo ha dimostrato che quei parametri, in se, non sono un tratto distintivo di una startup web-based di successo, o almeno non lo sono se non li si inserisce in un contesto in cui si è in grado di far generare revenues e profitti derivanti dall’utilizzo dei servizi del portale.
La speculazione che gonfia i prezzi e crea appunto le “bolle” è di per sé qualcosa di effimero, aleatorio, che però sposta grandi quantità di denaro su titoli che non sono in grado di garantire rendimenti adeguati poiché non generano valore per il mercato, ma allo stesso tempo, le bolle sono in capaci di sottrarre risorse a quelle attività che invece si propongono di creare valore.
La ricerca sempre più attenta, quasi ossessiva di un alto tasso di crescita, nella misura in cui questo sia più alto non di un periodo precedente ma degli altri rendimenti di mercato contemporanei, ha spesso fatto credere che la ricchezza si potesse creare attraverso meccanismi di alta finanza, e sappiamo bene quanto questo tipo di teoria sia sbagliata e potenzialmente dannosa. E’ stato dannoso alla fine del 2008 quando è esplosa la bolla dei derivati, può essere altrettanto dannoso oggi.
In Ninja Marketing abbiamo da sempre considerato la creazione di valore quale condicio sine qua non per essere presenti ed operare in un mercato, e credo che la risposta sulla possibilità che una bolla possa riformarsi dipende proprio da questo punto.
Qualche settimana fa ho scritto un post, un piccolo HOWTO per startuppers che spiegava come testare una startup al fine di valutarne la cosiddetta “value proposition” ovvero la capacità della stessa di inserirsi in un mercato e di generare valore per il mercato intero.
Partendo proprio da quelle considerazioni ritengo che l’unico vettore di una crescita reale, anche finanziaria, sia la ricerca dell’innovazione, e che questa possa risiedere in startup che siano realmente in grado di generare prodotti e servizi innovativi attraverso business models economicamente sostenibili.
Detto questo, i Venture Capitalists hanno affilato le armi e sono perfettamente in grado di distinguere una startup innovativa, l’ombra di una nuova dotbolla è forse proprio lo sperone in grado di frenare eccessivi entusiasmi a riguardo.
Concludo con la riflessione finale del film “Wall Street, Money never sleeps”, con l’augurio che l’ondata di innovazione sia considerata una risorsa da mettere a disposizione delle popolazioni e non un sistema per far innalzare i picchi dei grafici di Bloomerg:
“Qual è la definizione di follia? E’ il ripetere continuamente la stessa azione e aspettarsi un risultato diverso. Se è così quasi tutti noi siamo folli, ma non nello stesso momento. E confidiamo proprio in questo, ma questo modo di vivere può durare se sempre più individui impazziscono nello stesso momento? Diventa, come ha detto Gordon (Gekko, ndr) sistemico, come il cancro. E poi che succede? Come ho detto, la madre di tutte le bolle è stata l’Esplosione Cambriana, è successo per caso più di 500 milioni di anni fà. Gli scienziati non si spiegano come accadde, sanno solo che fu un attimo, e da quel momemto all’improvviso apparvero milioni di nuove specie. Quindi, in questo senso, le bolle sono evolutive, eliminano il superfluo, sfoltiscono il gregge, ma loro non muoiono, tornano sotto forme diverse! E quando esplodono portano sempre a un cambiamento, dando vita ad una nuova era.”
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