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  • Cosa c’entra Kylo Ren (il cattivo di Star Wars) con lo storytelling di un brand? C’entra c’entra

    Attraverso lo Storytelling si possono comprendere (anche) gli scenari di marketing più attuali: lo facciamo in quest'articolo, partendo dal nuovo villain di Star Wars

    19 Gennaio 2018

    Se siete fan di Star Wars e vi siete goduti gli ultimi due film della saga, certamente vi sarete interrogati più e più volte sulla figura di Ben Solo aka Kylo Ren, il nuovo villain  di Star Wars interpretato da Adam Driver. Un antagonista atipico, che sopratutto ne “Il Risveglio della Forza” ha attirato tantissime critiche: oggetto degli attacchi dei fan sono stati in particolare una fisicità non propriamente marziale dello stesso Driver, comportamenti caricaturali, oltre che – in un’analisi più approfondita – il gesto poco narrativamente giustificato di togliersi la maschera fin dall’inizio della vicenda, quasi a spogliare il mistero di chi sia, o cosa muova, la cattiveria infinita del nuovo Sith (o presunto tale, scopriremo in seguito) che minaccia la Galassia. Non vi spaventate, amici lettori: siamo ancora su Ninja Marketing e non vogliamo fare una disamina cinematografica su una delle saghe più belle che la storia ricordi. Semmai, dalla figura di Kylo Ren vogliamo partire, per declinare secondo alcune regole dello Storytelling che cosa ci sia dietro la scelta di raccontare il Male (con la M maiuscola) con il volto e i comportamenti di questo anomalo villain.

    Il “mestiere” del cattivo

    Cos’è l’Antagonista, in una storia? Per spiegarlo, dobbiamo fare un piccolissimo excursus teorico. Secondo Propp, l’Antagonista è l’artefice dell’ostacolo che troverà sul suo cammino. Greimas lo definisce Anti-Soggetto (dove il Soggetto indica l’elemento che si trova in una determinata situazione e compie determinate azioni: è il corrispondente dell’Eroe): il suo spunto è incarnare ciò che di malvagio risiede nel contesto narrativo, che “esce” dalla dimensione dell’Ethos (i valori espliciti e impliciti del mondo narrativo e il codice morale di comportamenti che i personaggi di quel mondo rispettano) allo scopo di trarne vantaggio: rimanendo nella semiotica greimasiana, l’Opponente ostacola il “Programma Narrativo” del Soggetto (il principe vuole salvare la principessa, il conte geloso glielo vuole impedire). L’antagonista è ricondotto, secondo alla lettura data da Vogler ne “Il viaggio de l’Eroe”, all’Ombra: tutto ciò che l’uomo riceve nel male, e che manca nel bene. Sul sito Archetipi.org, si spiega bene questa lettura: “Ogni nostra sofferenza deriva dal venire sopraffatti dall’aspetto negativo di un archetipo (il lato Ombra) che dobbiamo imparare prima a vedere e riconoscere, e poi a dominare, contrastare, opporgli resistenza.” Tale associazione, più profonda rispetto a una semplice analisi superficiale, è ben descritta nel libro “Marketing Narrativo – Usare lo Storytelling nel marketing contemporaneo” di Andrea Fontana, Joseph Sassoon e Ramon Soranzo (Franco Angeli, 2012), i quali scrivono:” “Val la pena notare che la definizione di archetipi è ricondotta da Vogler alla psicologia di Carl G. Jung. Essi sono intesi come antiche forme di personalità che appartengono all’inconscio collettivo e sono dunque condivise da tutti i popoli e tutte le culture. “Gli archetipi sono parte del linguaggio universale dello storytelling – dice Vogler – e la padronanza della loro energia è essenziale per lo scrittore quanto il respiro.” Kylo Ren spada laser L’Ombra è insomma un tratto fondamentale non solo nelle storie, ma anche nella costruzione dell’immaginario collettivo. Ogni narrazione trova un suo compimento nel vedere entrambi i lati della dimensione reale, in cui il Soggetto-Eroe si confronta con l’AntiSoggetto-Ombra, e la battaglia fra le due anime conduce alla costruzione di un nuovo equilibrio, in cui una delle due parti ha sopraffatto l’altra.

    Darth Vader: un antagonista “classico”

    Le storie che raccontano questo conflitto per un certo periodo hanno visto archetipi facilmente definibili, in cui l’eroe è senza macchia, e il Cattivo è Cattivo sempre, senza sfumature. Anche le eventuali conversioni sono senza possibilità di appello: se un villain decide di ribellarsi al suo status, lo fa senza mostrare il dubbio che lo conduce alla scelta. È il caso, per rimanere alla saga di George Lucas, di Darth Vader, quando ne Il ritorno della Jedi consegna Luke all’Imperatore Galattico, e dopo aver negato di provare qualsiasi sentimento nei suoi riguardi, averlo sfidato e quasi condotto al Lato Oscuro (l’unico momento in cui Luke vacilla verso l’Ombra, cedendo all’ira), decide di salvargli la vita uccidendo lui stesso la Malvagità incarnata dal fu Cancelliere Palpatine. Uno spannung in piena regola, che però è – agli occhi dell’osservatore più scafato – canonico, perché appunto non prevede sfumature, ma solo assoluti (e parlando di Sith, la cosa è assolutamente coerente, per chi conosce la saga). Anakin Skywalker è cattivo fino al momento in cui diventa irreversibilmente l’Eroe, si sacrifica per il Bene, e nonostante nella trilogia-prequel il suo viaggio verso il Lato Oscuro sia stato provato a rendere tormentato, il risultato è di un villain canonico, paradossalmente prevedibile e senza angoli bui, segnato da un destino che lo rende semplice e prevedibile. Fino al 2015 con il lancio della nuova trilogia, possiamo dire che i villain di Star Wars abbiano incarnato – così come gli Eroi – l’immaginario collettivo di un certo periodo storico, in cui il Male era Male, e il Bene era Bene, dove le sfumature non esistevano, le zone grigie venivano agevolmente polarizzate, i profili più ambigui lasciati da parte.

    Che c’entra questo con i brand

    Proviamo ora a spostarci nella dimensione di marca. Se dovessimo immaginare la relazione consumer-azienda come una storia, un consumatore potrebbe assolvere il ruolo di Eroe, un prodotto potrebbe diventare l’Elemento Magico dato da un Mentore (il brand, appunto), lo stato di bisogno corrispondere all’Ombra. Uno scenario abbastanza semplice dal punto di vista strutturale: il meccanismo di costruzione di un nuovo equilibrio passa da un viaggio dell’Eroe che è già in parte deciso, senza lati nascosti, in un automatismo che vede il consumatore ritrovare nuova stabilità semplicemente grazie alla conquista di un oggetto. Modalità di racconto mutuate dalla réclame più classica, e che raccontavano aziende che si dovevano confrontare con un’Ombra riconoscibile, quella della preferenza di consumo. Le criticità, pur rintracciabili nei documenti strategici grazie alla matrice Swot, non trovavano spazio nella narrazione di marca. Tutto veniva raccontato secondo una logica lineare, in cui il cattivo era solo il bisogno di soddisfare del consumatore, e niente più: così come un cattivo alla Darth Vader vedeva nella stabilità dell’Impero e la distruzione dei Jedi l’unica ragione d’essere. LEGGI ANCHE: Il revisionismo ai tempi dello storytelling e le scelte dei brand sugli errori del passato

    Kylo Ren, metafora dell’antagonista (dell’azienda) di oggi

    Si dice che ogni storia venga raccontata perché frutto di una necessità di chi racconta a condividere la propria esperienza: ognuna può catturare lo Zeitgeist dell’epoca in cui si vive, fotografando un aspetto della realtà che ci circonda. La complessità del mondo attuale ha obbligato a costruire storie sempre più complesse, dove emergessero con più chiarezza le sfaccettature della condizione umana: non a caso, negli ultimi quarant’anni, sono state esplorati territori nuovi nella narrazione, fatti nascere format altamente innovativi, è emersa e si è affermata l’esigenza di raccontare storie sempre più complesse e articolate. In tutto questo, anche gli archetipi sono stati trattati con meccaniche diverse: gli Eroi non erano più solo Eroi, e anzi ne venivano evidenziati i tratti più controversi: tratto evidente nel fenomeno del reboot, che vede rileggere ad esempio le saghe dei supereroi iniettandovi però una poderosa riflessione auto-analitica sugli stessi protagonisti. Si pensi ad esempio al Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller, che tratteggia a metà anni ’80 un Batman più riflessivo, cattivo, che – quasi fosse un Andreotti di servilliana memoria – pratica il male in nome di un bene più alto. La società acquisiva tratti di complessità nuovi, e le storie che dovevano raccontarla dovevano evolvere con lei.

    Raccontare le aziende che cambiano

    È questo lo scenario che vede la aziende cominciare a confrontarsi con nuovi livelli di difficoltà: marchi e prodotti non potevano più essere solo l’elemento salvifico per l’Eroe, diventavano specchio per riflettere la propria identità. Quando Salmon parla di contro-narrazioni in relazione a un brand, parla di “una marca che deve cominciare a rispettare il consumatore” (Storytelling. La Fabbrica delle storie. Fazi, 1995), implicitamente definendo come sia la persona – oggi – a non riuscire ad ascoltare più in maniera passiva il racconto che l’azienda gli propone. Quel racconto diventa proprietà del consumatore a tutti i livelli, anche sul piano strettamente ideologico. L’Ombra che nella narrazione di marca “pura” era incarnata da un bisogno, ora si innalza a livelli più alti, e comincia a contaminare valori, visione, identità: il consumatore comincia a scegliere i prodotti in base a una riflessione più ampia, osservando uno scenario più allargato, non fermandosi ai confini del proprio perimetro ma cominciando a indagare chi sia il Mentore che propone la soluzione. Un Mentore che per aiutare a ristabilire un nuovo equilibrio, deve a sua volta imparare a riconoscere l’Ombra che attanaglia l’Eroe, e a combatterla sul suo terreno. Ecco perché Kylo Ren è un’ottima metafora dell’Antagonista che ogni azienda può trovare sulla sua strada: non è “solo” cattivo, ma anche determinato e spaventato, combattuto e in continua evoluzione, imprevedibile e feroce. È, in parole povere, complesso, e se si va oltre la patina superficiale che ha anche portato tante critiche nei suoi riguardi, si troverà un Antagonista moderno, che sa incarnare tutte le sfaccettature dell’Ombra che avvolge l’uomo di oggi. Il suo profilo non è bloccato in propositi definiti, semmai è – per dirla alla Baumann – liquido, in trasformazione continua. Kylo Ren raccoglie in sé tutte le caratteristiche riscontrabili nelle criticità che oggi un’azienda deve affrontare sul mercato: l’incertezza degli scenari socio-politici, il riscaldamento globale, la difficoltà a reperire materie prime sostenibili (si pensi all’olio di palma), e proprio come questi grandi problemi mondiali, è in continua evoluzione. LEGGI ANCHEBranded content: gli scrittori che sono anche ottimi pubblicitari Tali criticità a volte spingono l’azienda a dire: “Dobbiamo cambiare, totalmente”. Una sfida che ad esempio stanno raccogliendo nel settore Automotive (FCA che annuncia tramite Marchionne che entro il 2025 ci sarà la riconversione all’ibrido o all’elettrico, Daimler che progetta di diventare azienda erogatrice di servizi), e che è la risposta più idonea alla trasformazione radicale che L’Ombra porta con sé. Per chi ha visto “The last Jedi”, l’invito che Kylo Ren muove a Rey di unirsi a lui per distruggere tutto e ricostruire un nuovo equilibrio è l’esatta ricostruzione di queste dinamiche, secondo una lettura più narrativa. In quel caso [SPOILER!] Rey sceglie di non accettare l’invito, preferendo per sé un cammino diverso: esattamente come l’azienda decide di non cedere alla volontà distruttrice dell’Ombra, per costruire un nuovo equilibrio in cui possa continuare a essere se stessa, rispettando i suoi valori e i suoi obiettivi.

    Qui, così e ora

    Questa analisi può confermare quanto lo Storytelling possa aiutare le aziende a comprendere la propria identità, e leggere il proprio futuro. Per questo è importante anche per chi si occupa di marketing comprendere il perché certe storie vengano raccontate proprio in un dato momento, con una data struttura, con un certo taglio. Il nuovo Star Wars, proprio per l’importanza della saga e il peso specifico che occupa nell’immaginario, può essere considerato un indicatore importante per provare a leggere nell’immaginario collettivo che permea la società (e quindi come funzionano le meccaniche di comunicazione, ad esempio). Il personaggio interpretato da Adam Driver rientra probabilmente in uno dei casi più interessanti da approfondire anche su questo piano d’analisi: un aspetto che conferma quanto nelle storie che raccontiamo si nascondano significati più profondi di quel che sembra.