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  • Strategie di re-engagement con l’Email Marketing

    Come fare “rinnamorare” i propri utenti attraverso campagne di riattivazione dei contatti inattivi

    11 Dicembre 2020

    Quanta fatica costruire un database di contatti qualificati e quanto impegno e dedizione per ingaggiare il proprio audience attraverso campagne di Email Marketing efficaci! Sono molti gli investimenti delle aziende in questi termini ed è quindi forte l’interesse a riconquistare quegli utenti che sembrano essersi “disamorati” e non seguono più un brand. Possiamo dire che il fattore economico è centrale quando si parla di “riattivazione”: gli utenti inattivi sono infatti il risultato di tempo e denaro profuso dal brand per attirare l’attenzione delle persone. E, dato che costa di più attirare nuovi clienti rispetto a quelli acquisiti, è fondamentale risvegliare il bacino di contatti inattivi o semplicemente assonnati. Un patrimonio per così dire “dormiente” che può essere recuperato attraverso una strategia efficace che MailUp illustra nel terzo capitolo della collana MailUp Data, “Strategie di re-engagement”, interamente dedicato alle campagne di riattivazione. Queste campagne sono rivolte a quella parte di database composta dagli utenti definiti inattivi, cioè coloro che nel corso del tempo hanno sospeso ogni forma di interazione con le campagne email che ricevono da un determinato brand. Le performance medie registrate dalle campagne di riattivazione risultano nettamente più basse rispetto ai valori medi delle normali campagne di comunicazione via email. Nulla di sorprendente: è perfettamente comprensibile e prevedibile che il tasso di risposta di un target completamente inattivo sia prossimo allo 0. Vediamo però come si traducono questi dati in termini di conversione, che nel caso specifico delle campagne in esame corrisponde alla riattivazione dell’utente contattato. email marketing coronavirus

    Gli utenti riattivati

    Se esaminiamo l’efficacia delle campagne in termini di percentuale degli utenti riattivati sul totale degli utenti in target notiamo che a ottenere migliori risultati sono gli invii manuali. L’altra distinzione da fare a livello di invio è quella tra DEM e newsletter perché le DEM mostrano una maggiore efficacia. I mercati B2B e B2C presentano valori mediani di riattivazione molto simili mentre, se si prendono in considerazione i differenti settori merceologici, si nota come il settore Moda presenti una variabilità di performance in termini di riattivazione molto ridotta. Al contrario, il settore Turismo ottiene risultati con più alta variabilità. Se suddividiamo il campione tra i brand che dispongono di un e-commerce e i clienti che non lo utilizzano, vediamo che i primi riescono a riattivare una percentuale di utenti maggiore. Questo risultato potrebbe essere attribuito a una maggiore attenzione da parte delle aziende che utilizzando un e-commerce per il recupero dei clienti che hanno perso interesse e non acquistano più.

    Gli oggetti più efficaci

    Se è vero che l’oggetto è tra i fattori chiave nel determinare il successo o il fallimento di una campagna email, lo è ancora di più nel caso di una campagna di riattivazione. La subject line ha un compito difficile: catturare l’attenzione dell’utente che da un periodo ormai prolungato di tempo ha perso interesse per le comunicazioni che riceve su base più o meno periodica da un determinato mittente. Poche parole devono essere in grado di comunicare l’intento dell’email, farla risaltare rispetto non solo ai messaggi di altri brand, ma anche rispetto agli altri messaggi dello stesso brand che si sono rivelati finora inefficaci. Vediamo allora quali sono gli oggetti delle campagne prese in esame che hanno ottenuto i migliori risultati in termini di utenti riattivati sul totale degli utenti presenti nei rispettivi target di invio. Tutti i casi elencati corrispondono a messaggi mirati, specifici, personalizzati e a volte accattivanti, che riescono a risvegliare porzioni non irrilevanti di database inattivo. Al contrario, tra i messaggi che hanno ottenuto i risultati peggiori rientrano quelli che hanno puntato su una comunicazione molto generica e ordinaria, a volte accompagnata da uno sconto. Queste campagne hanno ottenuto tassi di riattivazione sotto l’1%. Proviamo ora a ribaltare la prospettiva di osservazione e posizioniamoci dal lato degli utenti oggetto delle campagne in questione, cioè gli utenti inattivi, o dormienti, da risvegliare. La maggior parte del target considerato ha ricevuto solo una comunicazione prima di riattivarsi, disiscriversi o essere escluso da questo target. email marketing ecommerce covid

    Progettare una campagna di riattivazione

    Questo studio ha messo in evidenza la diffusione delle campagne di riattivazione, le modalità di utilizzo, la loro efficacia e gli effetti che possono avere sui rispettivi destinatari. Ecco i passaggi chiave da mettere in pratica nello strutturare una corretta strategia di riattivazione.

    Identificare gli inattivi

    Gli utenti inattivi sono gli iscritti al database che non aprono o non cliccano sulle email da un determinato periodo di tempo. Ci sono alcuni fattori da tenere in mente per definire il periodo di tempo da considerare:
    • Tipo di comportamento. La tendenza generale è quella di considerare la mancanza di apertura e di clic, ma è possibile includere nella valutazione anche il comportamento d’acquisto (periodo trascorso dall’ultimo acquisto) o di navigazione sul sito (ad esempio, dall’ultimo accesso all’area personale).
    • Frequenza. Il periodo di inattività può variare anche in base alla frequenza d’invio delle email. Se l’invio è giornaliero, ad esempio, un ragionevole tempo di inattività può aggirarsi intorno ai 90 giorni. Se invece l’invio è mensile, il periodo di inattività da considerarsi tale potrebbe essere più lungo (da 6 mesi a 1 anno).
    • Customer lifecycle. Come per la frequenza, la lunghezza del ciclo di vita del cliente influenza il periodo da considerare. L’acquisto di automobili, ad esempio, prevede un ciclo di vita molto lungo, mentre per prodotti di consumo quotidiano il ciclo di vita è di pochi giorni o settimane.
    Definito il proprio concetto di “utente inattivo”, è il momento per il passo successivo. email marketing ecommerce covid

    Creare una strategia

    Una strategia efficace di riattivazione è quella in grado di inviare messaggi che contengano contenuti rilevanti per il destinatario e degli incentivi che favoriscano l’interazione. Bisogna ricordare che gli iscritti non hanno reagito ai messaggi mandati in precedenza, quindi è opportuno valutare e apportare dei cambiamenti alle comunicazioni in modo da garantire l’interazione. Tre sono gli aspetti principali su cui intervenire.

    Contenuto

    È essenziale rivedere i contenuti e inviare email che siano differenti dal solito standard. L’obiettivo è sorprendere il destinatario e gli strumenti a disposizione sono molti:
    • Sondaggi e survey. Se fai le giuste domande i risultati potranno dirti qualcosa in più sugli interessi dei tuoi utenti inattivi e potrai usare queste informazioni per catturare la loro attenzione.
    • Coupon e promozioni. Inviare promozioni personalizzate per avere un tasso di conversione alto.
    • Raccomandazioni di prodotto o aggiornamenti di prodotto. Ricordare ai tuoi destinatari cosa possono trovare di nuovo e cosa potrebbero perdere.
    • Concorsi e competizioni online. Sfruttare l’effetto social per favorire il passaparola e migliorare l’engagement.

    Stile e tono

    Parola d’ordine: osare. Quindi provare a catturare l’attenzione dell’utente anche con espedienti visivi, e con un tono amichevole e scherzoso.

    Cadenza

    Identifica le tempistiche migliori per inviare le tue campagne di riattivazione. Se, ad esempio, hai definito un lasso temporale di inattività pari a 3 mesi, la strategia potrebbe essere inviare il primo messaggio dopo un mese e mezzo di inattività e provare a “riprendere” l’utente prima che sia troppo tardi. Un’altra opzione è provare a sospendere gli invii per un breve periodo di tempo, per poi riprendere con le normali attività. Questa tattica mira a sfruttare l’effetto “assenza”, per evitare l’assuefazione e rendere più desiderate e attese le comunicazioni successive.

    Impostare gli automatismi

    Il modo più efficace di strutturare una campagna di riattivazione è costruire un flusso di comunicazioni automatiche, impostando condizioni di innesco, tempi di attesa e azioni da intraprendere a fine flusso. È possibile scegliere autonomamente quante email inviare prima di definire un utente definitivamente “decaduto”: meglio comunque non superare le 3 comunicazioni. In questo modo la pulizia del database è effettuata in modo continuativo, puntuale e completamente automatico.

    Monitorare i risultati

    Come capire se la campagna di riattivazione sta funzionando bene oppure no? È importante ricordare che gli obiettivi e, quindi, le metriche da considerare a questo proposito sono parzialmente diversi da quelli delle normali campagne email. Le classiche metriche, come tasso di apertura e CTR, parlano del successo del singolo messaggio, mentre in questo contesto l’attenzione deve essere posta sul comportamento a lungo termine dell’utente. In breve: se l’utente apre l’email di riattivazione, ma torna subito dopo a ignorare le altre comunicazioni, la campagna avrà buoni tassi di apertura ma un pessimo risultato complessivo. Di norma, la percentuale di utenti che queste campagne riescono ad attivare non è molto alta, si aggira attorno al 10% ma, in ogni caso, attività di questo tipo portano all’azienda una serie di benefici, sia in termini economici che non. È fondamentale ricordare sempre che ogni strategia va adattata e contestualizzata al proprio settore e al proprio database utenti. Una definizione precisa di ogni aspetto tattico e i test periodici delle campagne attivate sono la chiave per non disperdere risorse e ottenere risultati tangibili. Per approfondire tutte le tecniche di riattivazione dei contatti inattivi, puoi scaricare il nuovo ebook di MailUp “Strategie di re-engagement” a questo link.