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  • Generazione Covid: cosa cambierà domani per i ragazzi di oggi

    Fa un po’ effetto, perché significa immaginare che questo fenomeno si prolunghi fino a segnare in maniera indelebile una intera generazione

    20 Aprile 2020

    • La Generazione Z potrebbe essere la più colpita e trasformata dagli effetti dell’emergenza;
    • Sarà la variabile tempo a determinare se l’emergenza riuscirà a segnare un’intera generazione, ma parlare di generazione Covid significa immaginare che questo fenomeno si prolunghi;
    • Per il momento, l’uso dei social ha consentito ai nativi digitali di adattarsi più facilmente di altri all’isolamento sociale.
      Ci sono eventi che segnano intere generazioni. Senza andare troppo a ritroso, si potrebbero citare la Guerra in Vietnam, una delle cause a originare il movimento del Sessantotto, o ancora per i millennial l’11 settembre con le immagini del crollo delle Torri Gemelle e insieme delle certezze di una generazione. E poi, per tornare ai tempi nostri, c’è il Covid-19, con la Generazione Z che potrebbe essere la più colpita e trasformata dagli effetti dell’emergenza. A tal proposito ha senso parlare di “Generazione Covid”? E come è destinato a cambiare la percezione del mondo per i ragazzi? Per rispondere a questi interrogativi, abbiamo rivolto qualche domanda a Duala Grassini, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale. generazione covid

    Millennial vs Generazione Z, chi è più vittima dell’isolamento?

    Sarà la variabile tempo a determinare se l’emergenza riuscirà a segnare un’intera generazione. Come è prevedibile, gli effetti potrebbero essere diversi se i tempi per un ritorno alla “normalità” si prolungassero di tanto. Ciò premesso ci sono già dei fenomeni che si stanno manifestando tra i ragazzi: «Un adolescente ha il compito di svincolarsi dal nucleo familiare di origine e vive, per questo, un periodo di ribellione e fuga dalla famiglia, per avvicinarsi al sistema dei pari, nel quale attraverso il confronto sviluppa e delinea la propria identità». In questi mesi di isolamento forzato, i ragazzi condividono per più tempo la quotidianità con la loro famiglia. In virtù di questo, ci si aspetterebbe che siano i più colpiti dalle norme dei decreti per contrastare la diffusione del virus. Eppure, sorprendentemente non è così: «Io che immaginavo gli adolescenti nel chiuso delle loro stanze, in preda all’acuirsi del conflitto generazionale ho trovato, al contrario, ragazzi che, più degli adulti, dei bambini e degli anziani, continuano a nutrirsi delle loro relazioni quotidiane attraverso strumenti come i social. Gli stessi che erano stati spesso, a buon dire, demonizzati da genitori ed esperti perché, laddove gli adolescenti manifestavano tratti di personalità schizoide, ritiro sociale, divenivano l’unica modalità per mettersi in relazione con gli altri». Se da una parte, l’isolamento ha senza dubbio acuito alcuni fenomeni di ritiro, come per esempio gli Hikikomori (termine che definisce chi fa dell’isolamento sociale e dell’uso dei social media, l’unica modalità per stare al mondo), dall’altra l’uso dei social ha consentito “ai nativi digitali di adattarsi più facilmente di altri all’isolamento sociale”. LEGGI ANCHE: Come potrebbero cambiare le scelte di marketing dopo il COVID-19 generazione covid

    Imparare da remoto, opportunità e rischi

    Gli adolescenti sono quindi i più pronti a una vita da remoto: hanno imparato a digitalizzare le loro relazioni, ad acquistare corsi di formazione a distanza. L’emergenza Covid-19 ha, insomma, solo accelerato questo processo ed incrementato canali come l’eCommerce e l’eLearning: «L’uso esclusivo di questi strumenti, tuttavia, mette a rischio la dimensione più funzionale della relazione, che non può prescindere dal rapporto umano. Una relazione si compone di aspetti non verbali e prosodici, che si stanno sempre più perdendo all’interno della comunicazione. Questo può portare a fraintendimenti e a sviluppare relazioni sempre più superficiali». Riflettiamo, a tal proposito, sull’impatto che possono avere le lezioni a distanza. Su quanto possa essere distaccato un apprendimento che prescinde dalla relazione emotiva tra allievo e docente. D’altronde, gli insegnamenti che più ci sono rimasti impressi sono quelli di docenti che mettevano grande passione nel loro lavoro. Come può tutto questi riprodursi online, soprattutto quando si parla di strumenti nuovi per la maggior parte degli insegnanti e degli studenti? Diventa allora un grande interrogativo nella ipotesi malaugurata che la scuola sia costretta ancora a interrompere il normale svolgimento delle lezioni nei prossimi mesi per il sopraggiungere di una nuova emergenza. LEGGI ANCHE: Post-covid: l’emergenza cambierà per sempre le nostre abitudini di consumo e di lavoro gen z covid

    L’esame di maturità: la perdita di un rito di passaggio

    L’ultimo anno alle scuole superiori, il viaggio e la festa di fine anno, l’esame di maturità, sono tutte esperienze che con ogni probabilità saranno negate ai diciottenni di oggi. Che effetti potranno avere sulla loro vita? Si può immaginare che molti si esaltino all’idea di non dover provare l’ansia di affrontare una commissione, vis à vis, per esporre ciò che ha imparato e “giocarsi tutto” con la prestazione del momento: «Quello che alcuni giovani forse non hanno ancora gli strumenti per comprendere, è che rischiano di perdere uno dei riti che sanciscono il passaggio ad una fase evolutiva successiva. La mancanza di riti di passaggio nell’esistenza di un uomo non favorisce le elaborazioni delle fasi della vita. Così come, per esempio, l’assenza di un rito funebre rende più complicata l’accettazione della morte. Un altro fenomeno a cui stiamo assistendo in questi mesi». La mancanza di un esame di maturità tradizionale significherebbe anche la mancata condivisione di emozioni, momenti di commozione, abbracci, aneddoti da raccontare, pianti, ringraziamenti ecc. La mancanza di tutto questo “potrebbe creare un sospeso con cui prima o poi si dovrà fare i conti”. gen z

    Generazione Z: gestire ansia e stress con creatività

    Grassini ci offre consigli anche su come gestire le emozioni aiutando gli adolescenti, e noi tutti, a non farsi schiacciare da ansie e paure: «Gestire gli aspetti emotivi significa impiegare risorse cognitive e comportamentali. Per esempio, utilizzare i canali giusti di informazione per comprendere quello che sta accadendo, senza incappare in notizie sensazionalistiche che creano allarmismi. E adottare delle buone pratiche, come impegnarsi in attività manuali e creative che sono in grado di dialogare con il nostro “io bambino” e farci vivere il più possibile “il qui ed ora”». Per quanto riguarda la gestione dello stress, la psicoterapeuta ci aiuta a fare un distinguo, tra chi riuscirà a risolvere attraverso strumenti emotivi e cognitivi, come descritto sopra. Unendo a questi, la voglia di raccontare e condividere questa esperienza con gli altri. Diverso è il caso di personalità che soffrono già di tratti ipocondriaci, paranoici o tendenze depressive: «Se vi è un passato di traumi legati alla malattia o all’isolamento, la gravità della situazione verrà avvertita maggiormente fino a poter determinare un DPDS (disturbo post-traumatico da stress)».

    Rinsaldare i legami familiari e migliorare come persone

    Come ogni crisi, anche questa nasconde pericoli e opportunità, e secondo la nostra esperta, non va vissuta dai ragazzi necessariamente nell’accezione negativa del termine. Per dimostrarlo, ci cita il caso di un suo paziente, un 25enne, che continuava ad essere in protesta con i suoi genitori, pretendendo che “ricoprissero l’immagine idealizzata che si era fatta di loro quando era bambino”. Questa forzata convivenza ha costituito per lui un acceleratore di crescita perché ha avuto modo, accanto alla guida psicologica, di affrontare, comprendere, fino quasi a risolvere, la propria conflittualità familiare ponendo le basi per l’ingresso all’età adulta. «Ci hanno insegnato che gli eventi e l’ambiente ci plasmano dai primi istanti di vita e ancor prima, ma come ad ogni essere umano. Come i giovani decideranno di utilizzare questa “crisi” ancora una volta dipenderà da loro. Mi piace pensare che la utilizzeranno per rivalutare l’importanza di un abbraccio, di avere ancora un genitore, di poter godere della natura rispettandola e di amare la vita sempre».

    Generazione Covid: speriamo di no!

    Tornando alla domanda con cui abbiamo aperto l’articolo, ha senso parlare oggi di Generazione Covid? Secondo l’esperta ancora no. «Parlare di generazione Covid mi fa un po’ effetto, significa immaginare che questo fenomeno si prolunghi fino a segnare in maniera indelebile una intera generazione. Ancora possiamo sperare che non sia così», conclude.