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  • Che cos’è l’Internet of Things, spiegato con una mini-serie TV

    Nella nuova puntata della serie realizzata da Societing 4.0 e promossa dalla Rai, il Prof. Leopoldo Angrisani ci mostra le possibilità dell'Internet of Things e le sue future applicazioni

    13 Aprile 2020

    • Societing4.0 – Che cosa sono le tecnologie 4.0 è una miniserie per capire le principali tecnologie 4.0 (Robotica all’Intelligenza Artificiale, dalla Stampa 3D alla Realtà Aumentata/Virtuale, dai Big Data all’Internet of Things) e per dare maggiore consapevolezza e strumenti critici sulla loro applicazione a cittadini curiosi, PMI, studenti e insegnanti.
    • Per ciascuna tecnologia le telecamere dei giovani ricercatori entrano nei laboratori dell’Università Federico II dove sono studiate le tecnologie e dove sei luminari rispondono alle domande dei ragazzi, sotto la direzione scientifica del Professore Alex Giordano.
      I giovani ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II hanno intervistato Leopoldo Angrisani, Professore Ordinario di Misure Elettriche ed Elettroniche presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie Informatiche della Federico II e Direttore del Centro CESMA (Centro Servizi Metrologici e Tecnologici Avanzati). Puoi guardare la video-intervista integrale sul portale di Rai Scuola a questo link.

    Il Professor Angrisani ritiene che il grande vantaggio nel poter utilizzare tecnologie IoT sia “avere una disponibilità di informazioni del mondo circostante molto più intensa, e soprattutto in tempi ristrettissimi, quasi in tempo reale. Perché le informazioni possono essere prelevate e possono essere trasferite in un arco temporale decisamente contenuto e quindi con possibilità di utilizzarle al meglio per compiere azioni e prendere decisioni […] l’importante è usare l’IoT dove realmente può servire, sulla base delle caratteristiche che in questo momento offre“.

    Sulla possibilità di adattare tale tecnologie al contesto imprenditoriale del nostro territorio dice: “Per esempio, il settore dell’agrifood è certamente un settore che può beneficiare tantissimo di questa tecnologia, e di fatto lo sta già facendo. Infatti, avere una tracciabilità quasi in tempo reale dell’intero processo all’interno di un contesto agricolo, dal campo alla tavola, può certamente essere di aiuto al settore per promuovere il proprio prodotto su una platea sempre più vasta, che riesca a carpire questo significato e sia sensibile a questo tipo di messaggio […] Ciò che dobbiamo fare è dare il tempo alla tecnologia di trovare le risposte giuste agli scenari attuali, ma anche cercare di prevedere quelli futuri, in modo da farsi trovare preparati per quello che sarà”.

    Sulla possibilità di avere un approccio “mediterraneo” all’innovazione, il Prof. aggiunge: La tecnologia dell’IoT ha come caratteristica quella di essere aperta. Al suo sviluppo contribuiscono vari concorrenti, con azioni condivise un’ open architecture. Inoltre vi sono diversi livelli (e quindi diversi player) rappresentati, dai sensori, all’elaborazione, alle batterie, fino alla connettivitàQuesto rende la tecnologia molto con-flessibile e riconfigurabile”.

    Approfondimenti sull’IoT

    A cura dei giovani ricercatori dell’Università degli Studi di Napoli Federico II L’uomo utilizza i propri sensi per conoscere il mondo esterno e reperire da esso informazioni. Grazie al tatto, all’udito, al gusto, alla vista e all’olfatto ottiene numerose e variegate informazioni (dati) che, grazie al sistema nervoso, sono trasferite al cervello e da quest’ultimo interpretate. Internet of Things (IoT) è un neologismo, con il quale viene identificato un insieme di smart things capaci di comunicare tra loro, scambiandosi ed elaborando le informazioni raccolte, e operanti all’unisono per il raggiungimento di uno o più obiettivi prefissati. Il termine «connettività di rete» è spesso usato per indicare tale capacità di comunicazione. Le informazioni sono raccolte grazie all’utilizzo degli “smart sensors“ (sensori intelligenti), capaci di rilevare grandezze fisiche, di trasformarle in informazione e di trasmetterle nella forma di segnali elettrici all’unità di elaborazione centrale dello smart thing, preposta all’elaborazione delle stesse e alla formulazione di possibili decisioni. L’evoluzione delle tecnologie peculiari dell’IoT (micro/nanoelettronica, sensori, unità e software di elaborazione, apprendimento automatico, connettività di rete, batterie) è attualmente tumultuosa. L’IoT è infatti inserito nell’elenco delle tecnologie abilitanti del paradigma «Industria 4.0», di derivazione tedesca, o «ICT&Industry», di derivazione statunitense. L’IoT mescola quattro elementi che sommati consentono di ottenere grandi benefici per le attività imprenditoriali: sensori, dati, algoritmi, applicazioni. I sensori sono ormai diffusissimi su macchinari di ogni dimensione: i costi di produzione e il loro fabbisogno energetico sono bassissimi. Dotare un macchinario di sensori consente non solo di raccogliere dati ma anche di trattarli e classificarli, e addirittura di far svolgere operazioni specifiche al macchinario da remoto. È possibile intervenire sui processi, per ottimizzarli e potenziarli, consentendo agli operatori, agli analisti e alle macchine stesse di prendere decisioni in maniera più consapevole. L’espressione Internet of Things (IoT) o Internet delle Cose, indica propriamente l’estensione della connettività a Internet a dispositivi fisici e oggetti del mondo quotidiano. Tale locuzione viene introdotta per la prima volta in un articolo del 1999 da Kevin Ashton, ingegnere britannico co-fondatore dell’organizzazione di ricerca globale Auto ID Center, afferente al Massachussetts Institute of Technology (MIT) Ashton utilizzò l’espressione IoT per riferirsi ad un sistema complesso che grazie a specifiche tecnologie permettesse di oltrepassare il gap tra mondo fisico e mondo virtuale, e fosse in grado di potenziare i computer con modalità a loro appropriate di raccolta e scambio di dati, in modo da renderli più indipendenti dal ‘router umano’ L’IoT dunque consiste in un sistema composto da tutti i devices che sono connessi a Internet e che, tramite tale connessione, sono in grado di comunicare tra loro, siano essi dispositivi digital first (ovvero per loro natura predisposti alla raccolta e allo scambio di dati, come smartphone e tablet), o al contrario physical first (non predisposti alla raccolta e allo scambio di dati se non trasformati opportunamente con specifiche tecnologie, come ad esempio un tradizionale libro su cui vengono implementati chip o sensori che abilitano la comunicazione).  Quello dell’Internet of Things, dunque, è un sistema estremamente complesso e composto da una lunga serie di tecnologie hardware e software: seppure non si possa considerare novità assoluta a tutti gli effetti- come si coglie dal fatto che i primi contributi accademici riguardo tale argomento risalgono a più di un ventennio fa- esso diventa realizzabile solo con la diffusione pervasiva delle rete Internet, iniziata negli anni ’90 grazie all’invenzione del World Wide Web di Tim Berners Lee e allo sviluppo di protocolli di rete, software e componenti hardware. Tutti elementi, di fatto, che concorrono a rendere possibile la comunicazione in tempo reale e lo scambio dei dati su scala di massa, elementi alla base al funzionamento dell’IoT. Componente chiave dell’IoT è la tecnologia mobile. La diffusione di dispositivi mobili, in particolare degli smartphone, ha infatti inciso notevolmente non solo sulla quantità degli individui che fruiscono della rete Internet ma anche sulle modalità di tale fruizione: non a caso si può infatti parlare di quella che il ricercatore MIT David D. Clark definì nel 1999 ‘era post-pc’, indicando con questa espressione l’ampliamento della rete di connettività e interconnettività e il cambiamento del modo in cui gli individui si servono di Internet.  L’idea di realizzare la comunicazione tramite i dispositivi portatili risale al secolo scorso: dai walkie-talkie utilizzati in ambito militare, al primo telefono cellulare lanciato da Motorola nel 1973, sino al primo embrionale tentativo di smartphone digitale (il Simon della IBM del 1993), la storia della comunicazione umana è piena di esempi in quest’ambito. Tutte queste sperimentazioni hanno permesso di migliorare le componenti hardware e software, ottimizzando sempre di più questi devices, rendendoli più leggeri, aumentandone il raggio d’azione e dotandoli di sistemi operativi e interfacce sempre più user-friendly. Il vero e proprio decollo della portabilità può essere identificato con il lancio del primo iPhone Apple nel 2007, data a partire dalla quale questi dispositivi iniziano a diffondersi a livello globale rivoluzionando in maniera significativa sia la vita quotidiana che l’ambito dell’impresa, di pari passo con la diffusione di altre tecnologie hardware e software, come le reti Wi-Fi e il Cloud Computing (ambienti di calcolo distribuiti sul network che erogano servizi on demand e in tempo reale come i sistemi di gestione dei dati). Oggi gli smartphone sono oggetti a supporto della persona e rappresentano il primo step della rivoluzione che conduce all’IoT, la quale può essere considerata come una seconda ondata di rivoluzione digitale (considerando come prima ondata, invece, la diffusione di Internet e dei personal computer avvenuta attorno agli anni ’90).  Secondo Leopoldo Angrisani, docente di Misure Elettriche ed Elettroniche presso il DIETI (Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione) dell’Università di Napoli Federico II, gli smartphone sono passati ad essere strumento atto a realizzare la comunicazione tra le persone a strumento sfruttato per la comunicazione tra gli oggetti. La sola idea di far parlare le cose- sostiene Angrisani- apre scenari macroeconomici prima impensabili. Dotare gli oggetti della capacità di comunicare significa creare un nuovo ecosistema: Internet prima era uno spazio in cui potevano accedere solo le persone, mentre ora si configura come qualcosa di molto più evoluto, una piattaforma dai confini indistinti in cui si realizza la comunicazione tra individui e oggetti, a prescindere dalla natura degli attori in questioni.  L’IoT, infatti, abilita la comunicazione tra cosa e cosa, ma anche tra le cose e gli individui connessi (Internet of Humans, IoH). L’incontro tra Internet of Things e Internet of Humans risulta nel cosiddetto Internet of Everything (IoE), espressione utilizzata per indicare il sempre più profondo e costante embedding tra realtà fisica e realtà virtuale.  LEGGI ANCHE: Che cosa sono la Realtà Virtuale e la Realtà Aumentata, raccontato con una mini-serie TV

    Smart Things: funzionamento e componenti

    Il sistema dell’Internet of Things, dunque, più che come una tecnologia, si definisce come un set di tecnologie sia hardware che software strettamente in relazione fra loro che realizzano un collegamento tra mondo fisico e mondo virtuale. Tali device- che compongono l’IoT- sono detti smart things, ossia oggetti la cui smartness è definita in termini di capacità di connettività e di comunicazione. Le stesse smart things, inoltre, sono a loro volta costituite da diverse componenti tecnologiche specifiche, le quali concorrono a rendere ancora più complessa la struttura inerente all’Internet of Things. La comunicazione abilitata dall’IoT è anche osservabile in quanto trasmissione di dati: poiché lo scambio dei dati è alla base di questo processo, sorge il problema del contenuto, vale a dire di quali siano le informazioni che tali dispositivi devono poter comunicare e, prima ancora, essere in grado di acquisire. Per questo motivo un ambito fondamentale per il funzionamento dell’Internet delle Cose è quello della sensoristica. Un sensore è un «dispositivo che fornisce in uscita un segnale che dipende dal valore di una determinata grandezza presente all’ingresso» allo scopo di «determinare il valore della variabile in ingresso a fini di regolazione o di controllo del sistema in cui il sensore opera» Secondo Leopoldo Angrisani eseguire una misurazione significa associare un valore ad una grandezza fisica. Ciò equivale dunque a mettere in comunicazione due mondi diversi, quello delle grandezze fisiche e quello dei numeri reali, il mondo dei fisici e quello dei matematici. Da un lato vi è la realtà, e dall’altro invece i modelli e le rappresentazioni della realtà che noi creiamo, formulandoli in modo tale che essi siano estremamente favorevoli ad un nostro ragionamento logico e ai nostri processi cognitivi. Attraverso i sensori, le smart things acquisiscono le informazioni dal mondo reale: i sensori sono dunque quei dispositivi che svolgono per l’oggetto intelligente lo stesso ruolo che i sensi svolgono per l’essere umano. Oggi nell’ambito della sensoristica è particolarmente importante la scienza della microelettromeccanica, grazie alla quale sono stati implementati i cosiddetti MEMS: sistemi microelettromeccanici dalle dimensioni ai costi ridotti e che dunque si dimostrano particolarmente versatili e incorporabili in una lunga serie di devices diversi.  Ovviamente al giorno d’oggi la maggior parte dei sensori utilizzati sono sensori digitali i quali permettono una maggiore accuratezza e un più alto grado di approfondimento delle loro versioni analogiche. Inoltre, nelle loro versioni più aggiornate, tali sensori possiedono anche la cosiddetta capacità di contesto, la quale si divide in elaborazione contestuale passiva (misurazione continua di un fenomeno e feedback all’utente); elaborazione contestuale attiva (misurazione continua di un fenomeno e reazione automatica in base ai parametri registrati); personalizzazione (comportamento sulla base delle preferenze dell’utente specifico).  Oltre ai sensori, le smart things si basano su altre soluzioni tecnologiche. Ad esempio, tra le soluzioni software, vi sono i protocolli di comunicazione che assolvono il compito della comunicazione delle informazioni. Si tratta di set di convenzioni e standard che istruiscono circa le modalità in cui avviene la comunicazione. Essi sono estremamente importanti per lo sviluppo e il funzionamento dell’IoT e lo furono, a suo tempo, anche per il funzionamento di Internet stessa. Nel caso dell’IoT il ruolo è fondamentale vista la varietà nelle componenti hardware, nelle architetture software e nei formati dei file. Diversi enti a livello internazionale, come la Allseen Alliance e la Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE), si sono impegnati a elaborare questi linguaggi, che sono necessariamente molteplici poiché variano sulle specifiche esigenze della determinata comunicazione da soddisfare.  È attraverso queste componenti- come i sensori, i protocolli di connettività, i sistemi di storage delle informazioni e molte altre- che l’oggetto diventa intelligente.

    Applicazioni, questioni e futuri sviluppi dell’Internet of Things

    Nel mondo dell’industria, l’IoT (nel suo sottosistema definito come Industrial Internet) viene annoverata tra le tecnologie abilitanti 4.0 perché è la tecnologia che abilita le macchine presenti nella filiera a comunicare ottimizzando operazioni e processi, realizzando risultati finali migliori e garantendo una condizione migliore per chi ad esempio lavora nella fabbrica. A differenza delle altre tecnologie abilitanti è sui generis perché è un set, un contenitore di varie tecnologie radunate sotto il cappello IoT con un atteggiamento omnicomprensivo. Il discorso tecnologico alla base dell’Internet of Things- sostiene l’esperto Angrisani- non è nato tanto dalla ricerca accademica quanto piuttosto dal business, nel momento in cui si è resa evidente la saturazione del settore della comunicazione tra individui. Tale settore dunque ha cercato soluzioni in una diversa direzione, basandosi sulla realizzazione della comunicazione tra gli oggetti. A partire da questo presupposto si è cominciato a ragionare su quali fossero gli oggetti da dotare della capacità comunicativa e quali fossero i nuclei di attività, gli scenari e i contesti in cui la comunicazione fra gli oggetti- e fra oggetti e individui- potesse apportare beneficio.  Sono così emersi i più svariati approfondimenti: dalla domotica– l’applicazione delle tecnologie informatiche e digitali ai sistemi di abitazione- all’ e-health– l’applicazione delle tecnologie informatiche e digitali all’ambito della salute- oggi sono tantissimi i settori che traggono beneficio dalla smartness degli oggetti.  Poiché l’IoT rappresenta- più che un trend passeggero- una vera e propria rivoluzione, le sue implicazioni però non sono da dare per scontato. Lo scenario che si profila è sempre di più quello di una rete pervasiva, integrata e meno esplicita e, per la portata del cambiamento in atto, esistono ovviamente dei rischi. Basti pensare ad esempio alle questioni relative alla privacy, con i sempre più frequenti leaks, furti di identità e violazione dei dati, per cui è necessario da un lato attrezzarsi secondo modalità tecniche, dotando ogni dispositivo di sistemi di sicurezza e monitoraggio; dall’altro, si rendono necessari anche provvedimenti legislativi volti a regolamentare la proprietà delle informazioni e a definire le misure giuridiche circa i reati in merito.  Oppure, altro problema fondamentale è quello del digital divide: si tratta del divario sociale, economico e politico tra individui che hanno la possibilità di sfruttare tali tecnologie e individui che invece per questioni di limitazioni fisiche all’accesso o per mancanza di padronanza non ne possono trarre beneficio. A questo titolo, diventa un bisogno primario non solo sviluppare infrastrutture adeguate, pervasive ed efficienti per abilitare la connessione, ma anche- e soprattutto- permettere alla popolazione mondiale, a prescindere da parametri sociali e demografici, di acquisire le competenze necessarie per poter utilizzare queste tecnologie.  Oggi- sostiene infatti Angrisani- è compito sia dei singoli che delle istituzioni combattere l’ignoranza su tutti i livelli, divulgando, approfondendo, acquisendo competenze specifiche e investendo sulla cultura. E la tecnologia 4.0 fa parte di tale cultura.

    Il CeSMA

    Il CeSMA – Centro Servizi Metrologici e Tecnologici Avanzati – è la rete federiciana per misurazioni e tecnologie avanzate, ad accesso remoto, che vanta 30 laboratori dotati di strumentazione con caratteristiche esclusive e distintive. Vuole fornire supporto ai maggiori attori locali, nazionali e internazionali nelle attività di misurazione avanzata, e più in generale nella sperimentazione di nuove tecnologie, traendo anche vantaggio dalla presenza di ricercatori e tecnici esperti della Federico II. In quanto Centro di ateneo, CeSMA ha un’identità multidisciplinare che garantisce osmosi costante di conoscenze attingendo alla ricchezza delle competenze dei Dipartimenti e traguardando i confini della integrazione più completa e complementare. La numerosità delle afferenze garantisce al CeSMA la disponibilità di ricercatori scientificamente qualificati in ogni settore, che forniscono risposte efficaci a complesse esigenze misuristiche e tecnologiche espresse dai settori dell’Industria e dei Servizi. La sinergia dei modernissimi laboratori di Fisica, Chimica, Ingegneria, Biologia promuove il CeSMA come naturale e innovativa interfaccia tra accademia e imprese, nell’ambito del piano governativo Industria 4.0, per il presidio di settori strategici della vita quotidiana, quali l’ambiente e i territori, la vita e la salute, i prodotti e i processi industriali. Il CeSMA opera lungo quattro direttrici tematiche:
    • Misure per la Qualità della Vita e la Salute;
    • Misure e Monitoraggi su Reti e Impianti;
    • Monitoraggio dell’Ambiente e del Territorio;
    • Qualificazione di Processi e Prodotti Industriali.