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Diventare editore è più di una carriera professionale, è una sorta di vocazione. Ma da dove partire? Questa è una domanda comune che attraversa anche le menti degli autori a un certo punto della loro vita di scrittori.
Per molti intraprendere un'impresa in questo settore può sembrare un'idea impossibile, ma oggi vogliamo rispondere a una domanda che forse anche tu ti sarai posto: come si diventa editori di libri?
Lo abbiamo chiesto a Enrico Flacowski, un innovatore nel settore dell'editoria tecnica. Enrico nel 2016 si è licenziato dalla Dario Flaccovio Editore, azienda di famiglia, e ha aperto la sua casa editrice indipendente, la Flacowski con cui ha pubblicato il best seller "The Art of SEO".
Quando e come sei diventato un editore?
«Avevo circa 30 anni, lavoravo nella casa editrice dei miei genitori da circa 2 anni, ero socio al 2%, una percentuale "simbolica". Il loro core business era l'edilizia, quindi ingegneria, geologia, ambiente, eccetera. Non ero ufficialmente l'editore (era ed è tutt'ora mio padre) ma dopo un paio d'anni in azienda come semplice grafico, mi sono appassionato e ho iniziato spontaneamente a creare titoli, trovare autori e ideare collane.
Funzionava, ero bravo, tanto che mio padre mi lasciò le redini. Tecnicamente ero direttore editoriale, capo redazione e publisher ma mi stavo comportando da editore. E nel frattempo ero anche digital strategist, social media manager, content manager, event manager, insomma un digital coso a tutto tondo».
Cosa intendi per "comportamento di un editore"?
«L'editore è molto simile al produttore cinematografico e musicale. Deve cogliere una domanda esistente o latente, quindi deve identificare un topic o deve crearlo, deve trovare l'autore che possa rispondere a quella domanda in modo funzionale e autorevole e, infine, non deve solo investire adeguatamente tempo e denaro, ma deve fare in modo che il prodotto finale abbia precise caratteristiche, uno stile, una filosofia. Insomma ci vuole passione e creatività».
E, per esempio, quali sono i paletti che ti sei imposto?
«Per esempio, abolire l'autorefernzialità: la maggior parte dei manuali di Web Marketing sembravano pubblicati più per promuovere l'attività dell'autore che per dare info utili al lettore.
Ho giurato che non avrei mai pubblicato libri di Growth Hacking né di PNL. Il tono di voce dei miei libri doveva essere confidenziale, vicino al lettore: avevo imposto ai miei autori di dare del tu e non del voi. Le copertine dovevano essere colorate per distinguersi dal pallore della concorrenza (che poi si è adeguata alla mia vitalità) e i titoli dovevano essere molto grandi, leggibili anche sulle miniature di Amazon».
La tua collana "col cappello" ha avuto grande successo. E poi, cosa è successo?
«Ho pubblicato grandi best seller da decine di migliaia di copie vendute. Ho lanciato autori ai tempi semisconosciuti e oggi molto famosi, Riccardo Scandellari e Veronica Gentili per dirne due.
Ma non ero soltanto un headhunter di talentuosi autori marketer. La mia vita era completamente venduta per la casa editrice. Tenevo le redini di comunicazione, direzione editoriale e creativa, ero responsabile di redazione e stampa, formazione ed eventi, praticamente tutto. In vacanza, in mezzo al deserto, convivevo con l'iPad per rispondere a clienti, autori, azienda, tipografie, eccetera. Amavo il mio lavoro e non battevo ciglio, lavoravo 14 ore al giorno 7 ore su 7, ma i miei "soci" improvvisamente hanno iniziato una pesante opera di ostruzionismo nei miei confronti.
Una guerra costante e immotivata. Questo, a lungo andare, rappresentò un motivo di stress notevole. Ho preferito avere una madre e un padre, anziché due nemici, e ho rinunciato a tutto ciò che avevo costruito in 7 anni. Alla fine del 2016 mi sono licenziato. E soprattutto oggi i rapporti familiari sono tornati a essere sereni e pacifici».
Quindi come sei diventato editore freelance?
«Nei mesi successivi al licenziamento ho lavorato giorno e notte al progetto Flacowski per pubblicare libri in crowdfunding. Questo modello di business era uno dei tanti progetti che i miei "vecchi soci" ostacolavano.
Ho telefonato a uno dei commercialisti numero uno in Italia nel campo dell'editoria, Renato Buzzi, un torinese mitico, e abbiamo registrato Flacowski alla Camera di Commercio di Palermo. Buzzi rimase inizialmente spiazzato dal mio modello di business ma, conoscendo i problemi dell'editoria, comprese subito che avrebbe funzionato.
A oggi ho pubblicato quattro libri: Il Principe digitale di Machiavelli non perdona di Andrea Alfieri, L'uomo non osi separare ciò che l'Archetypal Branding unisce di Riccardo Donato, Come usare VERAMENTE LinkedIn di Luca Bozzato, The Art of SEO tradotto da Flavio Mazzanti, Jacopo Matteuzzi. E vorrei mantenere questo ritmo, lento, vorrei arrivare a 4-5 titoli l'anno».
Quali sono i problemi dell'editoria italiana di cui accennavi?
«Un editore tecnico deve stampare 1.200 copie perché il distributore ne chiede 600 per coprire il mercato librario nazionale. Ipotizziamo che in un anno 50 librerie vendano 2-3 copie l'una. Di queste librerie quasi nessuna riordina i libri per continuare a venderli, per due motivi: ha problemi di spazio e, ricaricando 2 copie, dovrebbe pagare le precedenti (ricevute in conto deposito).
A fine anno la libreria che ha venduto di più è Amazon, a seguire avremo la vendita diretta online e offline (se l'editore ha un buon eCommerce e un buon marketing e partecipa attivamente agli eventi), a seguire le vendite delle librerie. Quindi l'editore ha dovuto stampare 1.200 copie per venderne, diciamo, 150 in libreria e 450 online/diretto.
Attenzione, a fine anno le librerie inviano il reso al deposito e quindi all'editore, e molte copie tornano in magazzino sporche e rovinate».
Quindi esattamente qual è il problema?
«Lo spazio. Gli editori pubblicano troppi libri e le librerie ne vendono pochi, c'è un problema di spazio fisico. Il distributore non ha tempo di controllare minuziosamente le giacenze del libraio e il libraio soffre perché non ha capito che deve digitalizzarsi e fidelizzare i clienti, cosa che non accadrà mai.
Ecco perché il crowdfunding è la soluzione: stampo solo ciò che viene prenotato online, sul mio sito, e ottimizzo lo spazio del magazzino. Questo non significa che un domani Flacowski non possa entrare nel mercato librario tradizionale, ma al momento non avrebbe alcun senso. Soprattutto perché il mio target in particolare acquista libri prevalentemente online».
Quali consigli puoi dare a un giovane editore indipendente?
«Provo a stilare i 10 comandamenti per diventare un "editore freelance". È una cosa che ho pensato di scrivere mille volte ma non ho mai fatto prima d'ora :)
Nel secondo comandamento parli di Amazon? Dove si trovano i libri Flacowski?
«Pubblico in crowdfunding, quindi il mio eCommerce flacowski.com ha la prevendita in esclusiva, cioè puoi prenotare il libro soltanto sul mio sito. Sto per aprire un marketplace su Amazon in cui inserirò il libro, a un prezzo superiore rispetto al crowdfunding, ma solo quando il crowdfunding sarà chiuso».
Cosa pensi del self publishing?
«I professionisti ricorrono al self publishing (parlo di editoria tecnica) per guadagnare di più dalle vendite. Molti vedono l'editore come un vecchio barbuto che preme un pulsante e manda in stampa, sogghignando e guadagnando alle spalle dell'autore, ma in realtà dietro c'è moltissimo lavoro, costi e competenze, e l'editore di fatto, al netto delle spese, guadagna circa il 30% sulle vendite, a fronte di un grosso investimento economico, contro il 10% dell'autore.
Pubblicare libri tecnici non è come pubblicare romanzi, dietro c'è molto più lavoro. I self publishing di professionisti italiani che ho visto sono pessimi: scelta della carta, dimensione del carattere, struttura dell'indice, divisione dei capitoli, tone of voice, eccesso di autopromozione, editing scadente, copertina dozzinale.
Sono sicuro che mi ci mettessi, in un paio di mesi imparerei a usare WordPress abbastanza bene da saper "pubblicare" un mio sito, ma preferisco pagare un professionista che faccia bene il suo lavoro. Mi spiego? L'autore che pubblica un libro tecnico è un professionista e, se è anche intelligente, sa che il suo vero guadagno non verrà dai proventi ma dai clienti che aumenteranno in modo esponenziale».
Grazie, Flacowski, sei stato prezioso. Vuoi aggiungere qualcosa prima di salutarci?
«Vorrei ringraziarvi per avermi ospitato nel vostro covo Ninja, e vorrei fare i complimenti a tutto il team. Siete veramente tantissimi, non immaginavo!
Sicuramente la N Conference che avete organizzato a marzo sarà un'ottima occasione per vedervi tutti in azione. Ovviamente ci sarò!
Vorrei dare un ultimo consiglio ai lettori: state alla larga dai guru, non cadete nei gironi in cui vi chiedono di pagare per entrare in gruppi segreti. E non fidatevi delle grandi community e delle vanity metrics: 300 like su un post LinkedIn non valgono niente se a mettere i like sono i soliti quattro amici della setta.
Per essere aggiornati basta seguire i giusti blog, seguire qualche corso e leggere qualche buon libro e frequentare i giusti eventi».
State alla larga dai guru, non cadete nei gironi in cui vi chiedono di pagare per entrare in gruppi segreti. E non fidatevi delle grandi community e delle vanity metrics.