

Diventa free member
Vuoi leggere questo articolo e le altre notizie e approfondimenti su Ninja? Allora registrati e diventa un membro free. Riceverai Breaking News, Marketing Insight, Podcast, Tips&Tricks e tanto altro. Che aspetti? Tieniti aggiornato con Ninja.
Shockvertising. Bisogna partire da questo concetto di marketing pubblicitario per entrare a gamba tesa nella delicata tematica di questo articolo: la pena di morte e i brand che si sono schierati contro di essa.
Scioccare per comunicare qualcosa o per prendere posizione, attirare l'attenzione con immagini o parole forti per farsi notare nell'enorme magma della pubblicità e far sì che le persone si ricordino del tuo brand. Questo è lo shockvertising, di cui fu capostipite Oliviero Toscani.
Grande provocatore e pubblicitario per antonomasia, Oliviero Toscani è inevitabilmente associato al marchio Benetton, con cui ha lavorato dal 1982 al 2000.
Se non nasce con Toscani, il concetto di shockvertising con lui si enfatizza e prende vigore, divenendo effettivamente ciò che oggi rappresenta nel mondo.
Tra le varie tematiche affrontate dal pubblicitario attraverso il brand Benetton, quella che più di tutte fece scalpore fu la sua campagna relativa alla pena di morte.
Con una serie di fotografie che ritraevano i volti di alcuni condannati a morte di un carcere del Missouri, Oliviero Toscani - e quindi Benetton - attirano a sé non solo una miriade di attenzioni, ma anche una denuncia da parte dello Stato del Missouri.
L'accusa è quella di aver ottenuto con l'inganno il permesso per fare le foto e di non aver dichiarato di volerle utilizzare per una pubblicità.
"Siamo stati truffati. Pensavamo fosse un'iniziativa giornalistica e invece ci siamo trovati davanti a degli spot". Queste le parole del procuratore generale del Missouri, Jay Nixon.
Ma si tratta davvero di una pubblicità nel senso più banale del termine? O meglio, si sta davvero cercando di vendere un prodotto? E se sì, quale?
Benetton è ed era anche nel 2000 un marchio fortemente riconosciuto e, attraverso le campagne di Toscani, è sempre stato un brand molto sensibile e attento alle tematiche sociali.
Più che vendere un prodotto, in questo e in tanti altri casi, Benetton si è resa veicolo - un veicolo di certo molto potente - per sensibilizzare la popolazione su un delicato problema sociale come la pena di morte.
Il racconto di un'azienda, per essere efficace, deve necessariamente passare per i suoi valori, oltre che per i suoi prodotti. E Benetton ha fatto proprio questo.
Nel 2016, la Pfizer, colosso farmaceutico, ha bloccato la vendita dei suoi farmaci utilizzati nelle carceri americane per le iniezioni letali. Inutile dire che, in questo modo, le esecuzioni diventano più difficili e che gli stati che vogliono continuare ad eseguirle devono affidarsi al mercato nero per reperire le sostanze.
Da sempre la Pfizer è stata associata proprio alla pena di morte e questa decisione ha preso ancora più forza nei cinque anni precedenti per via dei sempre più frequenti errori nelle condanne ed esecuzioni fallite.
Ma, in questo caso, si tratta di una scelta morale con cui la Pfizer si schiera contro la pena di morte o semplicemente di business? Probabilmente la presa di posizione è stata motivata da entrambi i fattori.
Nel 2001, a vincere il Leone d'Argento a Cannes è stato proprio un docu-film sulla pena di morte, commissionato da MTV Italia per Amnesty International.
Il racconto di un'azienda, per essere efficace, deve necessariamente passare per i suoi valori, oltre che per i suoi prodotti.