In oltre 15 anni di onorato servizio in ambito Pay Per Clic è sempre stato fondamentale per me rispondere ad una domanda chiave in maniera affidabile e rapida.
Quanto è ottimizzato questo account? O, in altre parole, che margini di miglioramento ci sono?
E subito dopo: dove bisogna iniziare a lavorare?
Dopo aver risposto centinaia di volte a queste domande, ho sviluppato una mia metodologia, che nel 2016 ho anche brevettato negli USA, chiamandola “PPC CheckMate”. Ecco come funziona.
Questo metodo funziona in qualsiasi situazione (anche con account molto complessi) ed è indipendente dalla struttura delle campagne e dalle reti utilizzate.
I KPI su cui si basa sono:
L’efficienza è il KPI più semplice e veloce da verificare (almeno nella rete di ricerca). Basta attivare la colonna personalizzata del Punteggio di Qualità e ordinare le parole chiave (a livello di account, campagna o gruppo) in ordine di spesa totale decrescente (in un intervallo di tempo sufficientemente ampio da avere dati statisticamente rilevanti).
Se la maggior parte delle parole chiave su cui spendiamo di più ha un Quality Score compreso tra 8 e 10, hai un account strutturato abbastanza bene (agli occhi di Google). Più bassi sono i punteggi, più cambiamenti saranno necessari per ottimizzarlo.
Nella Rete Display purtroppo il Punteggio di Qualità non è riassunto da un numero unico visibile nell’interfaccia di Google, ma si può dedurre solo indirettamente osservando:
Prima di lavorare sull’efficacia, è necessario verificare che tutte le possibili azioni di conversione siano tracciate nel sito di destinazione (e importate in Google Ads, se monitorate in Analytics).
Nel lungo termine, nessun account PPC realmente efficace può permettersi di spendere in un gruppo di annunci più di quello che guadagna, a meno che non ci siano delle ragioni strategiche per farlo che vanno al di là del guadagno diretto o che non si voglia diventare “donatori continuativi di Google”.
Ci sono alcune accortezze da tenere in considerazione per quanto riguarda questo indicatore. La prima è che non è sempre facile impostare un valore corretto per i contatti o le richieste ottenute. Nei siti di branding o puramente informativi o istituzionali (dove non si vende nulla direttamente) bisogna sempre considerare le conversioni “comportamentali” (tempo sul sito o download di PDF o visualizzazioni video, ecc.) e, anche negli eCommerce, si dovrebbe sempre considerare non solo il valore della prima vendita ad un nuovo cliente, ma anche il suo lifetime value (cioè quanto è in media in grado di comprare potenzialmente fino a quando sarà nostro cliente).
Secondo. I problemi tecnici di attribuzione della conversione al giusto canale diminuiranno sempre i valori reali delle conversioni, a meno che non si utilizzi il codice di monitoraggio nativo di AdWords e non si cambi il modello di attribuzione standard di Google Ads per attribuire la conversione un po’ a tutti i clic su annunci che l’hanno preceduta.
Terzo. Non sottovalutare il valore dell’”effetto scoperta” e del “passaparola” di gruppi di annunci che apparentemente non convertono. Le query di ricerca generiche hanno molto spesso un’influenza indiretta sulle ricerche con i nomi del tuo brand. Se fermi le prime è perfettamente normale aspettarsi poi molte meno anche delle seconde (mettendole in pausa per un po’, potrai anche verificarne l’impatto reale).
Quarto. Considera sempre la rilevanza statistica dei dati (l’efficacia di una parola chiave / posizionamento non dovrebbe mai essere valutata se prima non ha registrato almeno qualche migliaio di impression e qualche centinaia di clic e varie conversioni).
A causa di tutti questi fattori, invece di concentrarci su un obiettivo di ritorno sugli investimenti ben preciso e fermare qualsiasi cosa non lo raggiunga, è bene indagare su gruppi di annunci “fuori scala” (in cui le conversioni costano molto di più che in altri) e continuare finché è economicamente sostenibile campagne che sono importanti per il branding del nostro progetto.
Tutti aspetti che approfondiremo durante il Corso SEO & SEM Energy di Ninja Academy.
L’ultimo, ma non meno importante, indicatore da valutare è la copertura in termini di quota di impression, che è un fattore chiave nel decidere come regolare i budget delle campagne e i CPC delle singole parole chiave e/o posizionamenti display.
Fatto 100 il numero di tutte le potenziali visualizzazioni che si potrebbero avere con un budget illimitato, l’Impression Share ci dirà quale parte di queste stiamo effettivamente coprendo.
Bisogna sempre attivare queste colonne personalizzate (disponibili sia per la rete di ricerca, sia per la display) e monitorarle attentamente. Tutti i gruppi di annunci con i minori costi per conversione (le tue “vacche da mungere” digitali) dovrebbero infatti sempre avere la copertura più alta possibile. Se non è così, significa che i tuoi migliori annunci non vengono sempre mostrati quando invece sarebbe molto conveniente per noi che apparissero.
Ciò può accadere per diversi motivi, ma i più frequenti sono:
Le tue “conversion superstar” dovrebbero sempre avere un budget sufficiente a portarle vicino al 100% di copertura. Un buon equilibrio tra budget giornaliero e spesa reale in queste campagne è l’unico modo per garantire che le persone realmente interessate vedano i tuoi annunci dove e quando hanno convertito meglio in passato.
Tutti i picchi di ricerche o di visualizzazioni di questi annunci sono i migliori amici del nostro ROI. Le perdite di copertura, i peggiori nemici.
Ecco infine un po’ di suggerimenti per migliorare l’efficienza, l’efficacia e la copertura in modo da aumentare le performance del tuo account.
Troverai qui un’infografica che riporta tutti i passaggi del metodo “PPC CheckMate”. Che il ROI sia con te!
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