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  • Se hai una Missione puoi trovare la forza di risollevare la tua azienda (anche con 450.000 euro di debiti)

    Ascolta il nuovo podcast Ninja Economy! Nella prima puntata ripercorriamo la storia di Ninja (dagli esordi, alla crisi, alla rinascita) insieme a Mirko Pallera e al suo mentore Michelangelo Tagliaferri

    11 Luglio 2019

    Ascolta qui la puntata o iscriviti al podcast Ninja Economy dal tuo player preferito! 

    Se preferisci leggere l’articolo, in questa intervista scoprirai: 
    • Qual è la Missione Segreta di Ninja e da quale intenzione profonda nasce la nostra impresa
    • Perchè l’approccio critico ci ha permesso di immaginare e prevedere prima degli altri il futuro della comunicazione
    • Chi è il Maestro che ispira il nostro lavoro e qual è la missione che ci ha trasmesso
    • Cos’è la responsabilità sociale della comunicazione e perchè è fondamentale esserne consapevoli
    • Come è possibile partire anche dal Sud Italia per costruire un’impresa online di successo
    • Come uscire da 450.000 euro di debiti e ripartire cambiando il proprio modello di business
    La Motivazione per cui facciamo qualcosa è un fattore decisivo per raggiungere un qualunque risultato, che sia iniziare un nuovo regime alimentare, uno sport o raggiungere un nuovo obiettivo lavorativo. Tutto parte da un Desiderio e da una Motivazione più o meno forte che sorge prima di tutto nella nostra interiorità. Ogni cambiamento nella nostra vita parte da una Intenzione e poi da una Decisione in grado di creare quelle “cause interne” che poi, nel tempo, si manifestano in “effetti” nella realtà, grazie ovviamente all’azione. E’ come se la motivazione creasse già dentro di noi quella cosa, in una sua forma latente, che poi si manifesta nella realtà quando agiamo. Se puoi immaginare una cosa, puoi anche realizzarla insomma. Ovviamente poi, senza azione non succede nulla!  Se ci pensiamo è incredibile, ma avviene così: quella cosa viene prima immaginata e poi realizzata, parte dall’interno per arrivare all’esterno, prima “dal” e “nel cuore” e poi arriva al mondo. E questo avviene sempre, nella vita personale ma anche nel lavoro…

    Mission e Vision

    Chi ha dato vita ad un’azienda per trasformarla in un colosso mondiale sa bene che “Mission e Vision” sono le stelle che orientano il cammino verso i grandi risultati. Suonano molto aziendali queste due parole, ma che si chiami Visione o Missione, il senso non cambia. E’ vero, ci sono delle leggere sfumature nei due termini: Vision è quel sogno grande e universale, mentre Mission spesso si riferisce a obiettivi più materiali e di business. In ogni caso è quella Motivazione interiore – manifestata con le Parole, che vengono scritte, condivise e dichiarate solennemente al mondo – che spinge chi fa parte dell’azienda (Fondatori, Manager, Team) ad agire nella giusta direzione… ….a superare le difficoltà che si presentano di volta in volta nel percorso di crescita e di espansione aziendale. Vorrei ora illustrarti alcuni esempi celebri di Missioni aziendali, e devo dire che i risultati scaturiti da queste forti Motivazioni parlano chiaro:  

    “Organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle accessibili e utili per tutti”

      è la missione di Google.

    Accelerare la transizione del mondo verso l’energia sostenibile”

      è quella di Tesla e del suo fondatore Elon Musk, che ha anche la missione di..

    “Trasformare la razza umana in una specie multi-planetaria”

      attraverso Space X, la sua azienda focalizzata sui viaggi spaziali.   La Singularity University, l’università creata da Google, utilizza spesso un acronimo, MTP “Massive Transformative Purpose”, ovvero l’obiettivo di trasformazione massiva che l’azienda deve assolutamente avere per impattare realmente sulla società. Ma come immaginare e scegliere la propria Missione? Bhè innanzitutto gli obiettivi da raggiungere devono essere chiari, e anche il modo in cui farlo e i valori su cui l’azienda si fonda. Obiettivi chiari, valori positivi, condivisibili e aggiungerei decisamente Eroici. Deve essere una sfida, una missione appunto, qualcosa da supereroi in missione. Questi valori poi devono permeare tutti i reparti dell’azienda e raggiungere ogni team e ogni collaboratore con il proprio messaggio galvanizzante, in grado di spronare tutti a realizzare ogni giorno lo straordinario. Bisogna avere una Missione per attivare l’Energia necessaria a cambiare il mondo. Per desiderare di essere “i migliori”  – come fanno le aziende che raggiungono risultati prima impensabili  – bisogna avere necessariamente una Missione elettrizzante e agire ogni giorno per avvicinarsi passo dopo passo alla sua realizzazione. La storia delle grandi imprese ci insegna che spesso sono gli stessi valori del fondatore a incarnarsi nella filosofia aziendale. I founder sono l’Anima dell’azienda, e la loro anima permea i prodotti che l’azienda porta nel mercato e quindi nel mondo. C’è una trasmissione diretta di quella Intenzione, dell’Energia delle Anime dei founder alla manifestazione dei prodotti e dei servizi che arriveranno fra le mani delle persone. Steve Jobs Pensiamo a Steve Jobs, che ha plasmato Apple sulla sua esigenza di unicità e perfezionismo, modellandola in prodotti tecnologici dall’altissimo design divenuti icone senza tempo. Le Missioni sono bussole, sono orizzonti che permettono alle aziende di tendere all’infinito, che le spingono a spostare sempre un pochino più in là la linea del miglioramento. Ci fanno alzare l’asticella, giorno dopo giorno. Ci fanno continuamente crescere. Si chiama Evoluzione, ed è quello a cui ogni cosa tende, se non vuole morire. Con questa intervista realizzata da Damiano Crognali, inauguro il mio podcast. Se leggerai l’intervista che segue, o l’ascolterai sotto forma di podcast, ti racconterò la storia di Ninja e lo farò con un ospite di eccezione: il mio mentore professionale Michelangelo Tagliaferri, presidente di Accademia di Comunicazione.

    Le origini della missione di Ninja

    Qual è stata la missione che ti sei posto quando sei partito, prima con Ninja Marketing e poi con Ninja.it? «Vi posso raccontare un segreto! Pensa che il nome della nostra società, che poi è diventata Ninja Marketing S.r.l., era un acronimo. Si chiamava SECS S.r.l., che si legge SEX Srl. Sembra solo una parola un po’ osé, ma in realtà c’era dietro la missione della nostra società. Solo che è una missione segreta e quindi non posso rivelare il vero significato dell’acronimo. La versione ufficiale era comunque “società per l’economia e la comunicazione sociale”. Una grande missione quindi, al di là del gioco di parole dell’acronimo, che serviva anche a creare un po’ di mistero attorno a questo progetto e a far sorridere soprattutto l’impiegata di banca ogni volta che andavamo a prelevare un assegno. La missione era soprattutto quella di diffondere la consapevolezza del ruolo, del valore e della responsabilità della comunicazione commerciale».
    kickstarter
    Il CEO di Kickstarter, Yancey Strickler con Mirko Pallera, fondatore di Ninja Marketing e Ninja Academy
      Partiamo dall’inizio, quando è nato Ninja Marketing? «Ninja Marketing nasce come un semplice blog nel 2004, il primo articolo è stato pubblicato alla fine di quell’anno. E nasce con l’idea di diffondere sostanzialmente le ricerche che io il mio socio Alex, stavamo conducendo nel campo della comunicazione pubblicitaria. A quei tempi avevamo appena frequentato un Master di una famosa scuola che si chiama Accademia di Comunicazione. Chi lavora nel campo la conosce sicuramente perché è stata ed è una delle scuole più prestigiose per formare i pubblicitari, ha formato soprattutto i creativi, gli account di agenzia, insomma in tutte le agenzie in Italia c’è qualcuno che arriva da questa scuola. Ma con quel blog abbiamo cercato di fare un cambio di passo nella comunicazione. Quando frequentavamo il Master eravamo già molto critici rispetto a quello che era il cambiamento nel mondo della pubblicità; ci facevamo delle domande e ci chiedevamo cosa c’era effettivamente dietro i numeri, nel momento in cui ci presentavano le grandi ricerche come Auditel, Audipress etc. Ci chiedevamo “come mai le persone non cambiano canale quando c’è la pubblicità?”, domande banali che però uno studente di comunicazione si faceva nel momento in cui si trovava ad affrontare questi argomenti.
    Campagna di guerrilla marketing realizzata dai Ninja per la birra Golden Fire
    Contemporaneamente nascevano delle nuove forme di comunicazione. Il Guerrilla Marketing soprattutto, che nasceva dagli esperimenti di Guerrilla Communication. Internet in generale era una materia nuova all’interno del percorso di studi ed era trattato ancora in maniera tradizionale; non si era ancora capito il vero potenziale di relazione che permetteva questo nuovo strumento. Erano i tempi in cui si stavano dando le licenze telefoniche di nuova generazione e quell’anno sviluppammo un project work per un grosso gruppo editoriale, che a quei tempi avrebbe potuto tranquillamente progettare un servizio come Google Maps. Non furono in grado, però, di intravedere quel percorso. Si trattava di DeAgostini e Seat, che con Pagine Gialle e mappe avrebbero praticamente potuto realizzare un servizio identico a Google Maps o a Google MyBusiness, e noi immaginammo quale poteva essere l’utilizzo di questa tecnologia. Il problema che tutti si ponevano era: “ma nessuno accetterà mai di dare la geolocalizzazione del proprio telefono”. E oggi invece è un tema comune e moltissime app sono basate su questa funzione. Con questo approccio molto critico – nel senso di osservare la realtà per decodificarla e trovare nuove soluzioni – ci immaginammo quello che poteva essere il futuro della comunicazione. L’anno successivo fu anche pubblicato Permission Marketing di Seth Godin, che fu un libro rivoluzionario».
    Seth Godin, consulente di marketing e autore di numerosi best seller tra cui “Permission Marketing”

    La responsabilità della comunicazione

    Quando hai fondato Ninja Marketing, uscito dall’Accademia, qual era la tua missione? «Per raccontarlo devo ricordare il momento in cui ho incontrato il mio maestro, Michelangelo Tagliaferri. Lo cito anche nel mio libro Create, dove, anche per la sua lunga barba bianca, ne parlo come la rappresentazione umana di Platone. Spesso non riuscivo neanche a prendere gli appunti delle sue lezioni, perché erano dei viaggi all’interno della comunicazione. La materia che lui insegnava era “Forma Mentis”, che era in realtà la materia più importante del Master e devo dire che non tutti ne capivano l’importanza. Era un corso in cui non si capiva bene di cosa lui parlasse, perché nessuno era in grado di prendere appunti. Infatti, io persi la prima lezione e quando tornai in classe ovviamente avevo voglia di recuperare la lezione. Chiesi cosa avesse spiegato ai miei compagni, ma nessuno aveva preso appunti e nessuno mi riusciva a spiegare di cosa aveva parlato. Il fatto è questo: quello che emergeva dai discorsi di Michelangelo, oltre alla capacità di reggere la complessità, era il suo appello alla responsabilità sociale di noi comunicatori. Questo era molto chiaro nel suo intervento. Ovvero, diceva, “voi siete quelli che plasmano la realtà attraverso i simboli, voi costruite attraverso delle campagne pubblicitarie una versione dell’uomo e della donna, e quindi dovete essere consapevoli di questo potere, di questo ruolo e dovete maneggiarlo con cura”. Questo era il suo messaggio, che è rimasto molto impresso in me, e ho cercato poi di portarlo avanti».
    Michelangelo Tagliaferri, Presidente Accademia di Comunicazione
    Può spiegarlo meglio di me Michelangelo Tagliaferri. Cosa spiegavi durante le tue lezioni? «Sì, è sostanzialmente questo, ma è molto semplice da capire: se noi siamo in una linea evolutiva e partiamo dai livelli più bassi dell’evoluzione della specie, della natura, della biologia, c’è un punto nel quale il rapporto con la parola, con il suono della parola, con il verbo, porta inevitabilmente ad andare verso l’alto. E quindi vi è la necessità di prendere in carico che con le parole saremo in grado di fare le cose o di crearle, cosa che invece quando siamo in una situazione un po’ meno evoluta non siamo in grado di fare. A quel punto siamo pronti per andare verso il futuro, che è un futuro – io spero – di gioia e di grande fierezza. Se non ti carichi di questa responsabilità però non vai da nessuna parte, torni indietro. Un po’ quello che stiamo vivendo in questo momento quando le parole sono confuse, le persone non sanno di cosa stiamo parlando, la logica non c’è più, il numero serve per altro e non riusciamo mai a comprendere qual è il punto di riferimento del senso. Il dato è semplicissimo: se tu in base al senso comune perdi il senso delle cose, hai perso le cose. E devo dire che spesso se ci pensi la comunicazione, la pubblicità è stereotipata». Cosa ha significato Mirko per te questa consapevolezza della responsabilità? «Spesso ai tempi si parlava della classica famiglia del mulino bianco, ma che cosa rappresentava? Rappresentava la falsità, non rappresentava la realtà della colazione o della famiglia. Un altro professore ci diceva “pensate in realtà come è veramente la mattina una famiglia”. Ci sono le grida, il cioccolato spalmato addosso sul vestitino appena messo pulito dal bambino, la mamma che urla, il papà che si incavola già. Insomma, è tutt’altro. Così, attraverso questa ricerca dell’autenticità, del senso di responsabilità, siamo andati a svelare un po’ l’altra faccia della comunicazione, che era quella che permetteva un dialogo con il pubblico. Era un contenitore che metteva in connessione quello che le persone vedevano, con la possibilità di restituire un valore, in uno scambio tra i brand, le aziende e il pubblico. Questo a quei tempi mancava. Non c’era ancora questa consapevolezza che poi è arrivata e si è trasformata nella nostra missione di Ninja. L’importanza della missione è anche questa: deve essere uno stimolo per la produttività dell’azienda».

    Un’emigrazione al contrario

    Dopo aver frequentato i corsi di Michelangelo all’Accademia, hai fatto una scelta coraggiosa: insieme al tuo socio di allora, Alex Giordano, avete preso “armi e bagagli” e siete scesi nella costiera amalfitana e avete deciso di fare azienda giù al Sud… «Sì, è stata una decisione che ha seguito il cuore devo dire. Tutto ci diceva che forse non era il caso, però è stato uno dei nostri punti di forza, quello di essere lontano, controcorrente, in questo posto nascosto, il covo dei Ninja in costiera amalfitana, è stato uno dei nostri asset. Sicuramente la qualità della vita, ma anche questa ricerca di senso, mi ha portato a vivere nel Sud Italia, proprio perché sentivo uno sradicamento dei luoghi dell’hinterland milanese, dove magari hai anche le villette, i centri commerciali, ma dove avevo perso il contatto con le radici, con le tradizioni, con le cose che contano di più. È stata una delle prime scelte controcorrente. Anche avere un blog al tempo è stato controcorrente, era uno dei primi blog. All’inizio non è stato facile: mi sembrava di essere in una bolla spazio-temporale in cui io andavo a mille e tutto andava a due all’ora. Devo dire che oggi è completamente diverso, perché chiaramente la scelta dei collaboratori che sono entrati nel team  è stata fatta anche sui tempi del business e i nostri tempi sono quelli milanesi. Ecco, viviamo giù in costiera amalfitana ma siamo regolati sull’orologio di Milano». Cosa pensi di questa scelta Michelangelo? «Queste scelte controcorrente non sono soltanto per rinnovare la comunicazione, si tratta di porre le condizioni per cui chi più sa mette a disposizione di coloro che meno sanno, per rompere le barriere e andare verso l’evoluzione. Ci sarebbe bisogno che migliaia di giovani andassero dal Nord verso il Sud per creare le condizioni che Mirko ha creato, con dedizione e con forza, mettendo a disposizione sé stesso. Si tratta di un cambio non di mentalità, ma di modi di affrontare i problemi».

    Ninja oggi: l’azienda e la mission (e come superare una crisi)

    Oggi Ninja.it è qualcosa di differente rispetto a Ninja Marketing, ci sono stati molti cambiamenti. Ce li racconti? «In realtà tutta l’azienda si è completamente trasformata. La trasformazione è partita da un rebranding, ma in mezzo c’è stata una rivoluzione umana. Questo fa parte un po’ dello stile da surfista che mi contraddistingue, se non altro come filosofia! Abbiamo dovuto reinventaci oggi, perché prima il blog ci ha portato la consulenza, con una vera e propria agenzia di comunicazione digital non convenzionale. A un certo punto, quindi, abbiamo realizzato il nostro sogno. E su questo sfido i lettori a scegliere bene i propri sogni, perché poi si realizzano. Per noi allora il sogno era quello di competere con le grandi firme della pubblicità. Quando nel nostro settore del marketing non-convenzionale e digitale sono arrivate le grandi firme della pubblicità, da Ogilvy a JWT, noi abbiamo cominciato a soffrire un po perché loro potevano contare su squadre di creativi, potevano addirittura andare sotto costo pur di vincere una gara. Abbiamo avuto una grossa crisi, anche economica. A quel punto ho deciso di cambiare il mio karma, cioè il tuo destino creato dalle tue azioni passate, come se fosse un fiume in piena che però hai la possibilità in qualche modo di deviare se sei determinato a farlo e se sai come lavorarci. In quel momento, consigliato da mia madre, ho deciso di mantenere salda la rotta e di portare fino in fondo questa battaglia e a distanza di due anni ho riacquistato le quote, ho rimesso in piedi la società, abbiamo preso una sede bellissima, ci siamo rilanciati e abbiamo chiuso il fatturato l’anno scorso con il miglior anno di sempre».   Come hai fatto a far ripartire tutto? «Quello è stato un grande pivoting, ovvero ci siamo resi conto su quelli che erano veramente i nostri punti di forza: facevamo cose nuove, ci eravamo inventati delle cose che non esistevano, quello che oggi si chiama influencer marketing, il seeding. Ci siamo resi conto che quello che davvero ci distingueva era Ninja Marketing, ossia il sito, la community. Ci siamo quindi concentrati su quello che sapevamo fare bene e che ci distingue, e abbiamo aperto Ninja Academy e a fare formazione che è praticamente uno dei centri di formazione online – ma non solo perché facciamo anche corsi in aula – più riconosciuti dai ragazzi. Abbiamo formato 60 mila persone in questi anni (NdR, ad oggi sono più di 70.000)». La prossima onda che stai per cavalcare è quella che coincide con la tua nuova e rivitalizzata missione. Qual è, ce la riveli? «Io cerco di scriverla e riscriverla più volte durante l’anno adesso per continuare a perfezionarla e continuare a trasmetterla continuamente all’interno dell’azienda.  

    La missione di Ninja è di attivare e potenziare il talento e la consapevolezza dei professionisti, per trasformarli in business leader globali che migliorano il mondo attraverso il loro lavoro nelle aziende.

      Questo è quello che noi facciamo tutti i giorni».