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  • È ancora possibile prosperare nella civiltà digitale?

    Nicholas Negroponte spiega come nasce l'innovazione e da dove si dovrebbe partire per risolvere i problemi più difficili

    16 Maggio 2019

    La vera innovazione non dovrebbe concentrarsi sui risultati, ma dovrebbe celebrare il processo creativo e pensare in modo disruptive. Solo in questo modo può essere possibile cominciare a pensare a un pianeta più pacifico basato proprio sulla tecnologia, che volenti o nolenti sta già avendo il suo enorme impatto sull’umanità e sul pianeta. Esprimendo questi concetti Nicholas Negroponte, co-fondatore del MIT Media Lab e speaker del World Business Forum, rivela le chiavi per prosperare nella nuova civiltà digitale. “Basandosi sul corso degli eventi passati, è possibile predire gli elementi che giocheranno un ruolo decisivo nel futuro. Io stesso ho subito delle influenze”, spiega Negroponte. “Molto importante per me è stato, ad esempio, il punto di vista di Marvin Minsky, inventore del termine ‘intelligenza artificiale’ e mio caro amico. Grazie a lui ho avuto modo di conoscere matematici famosissimi che mi hanno ispirato per tutto l’arco della mia vita. Negli anni ‘60-‘70 questi matematici si chiedevano: perché gli uomini amano la musica? Perché qualcosa è divertente? Da loro ho colto l’idea di guardare le cose da un punto di vita metafisico”.

    Come si risolvono i problemi più difficili?

    Il segreto per risolvere problemi difficili, tanto nella vita quotidiana quanto a livello sociale e tecnologico, è quello di tentare di guardare da punti di vista diversi i problemi per escogitare soluzioni differenti e adatte ad ogni situazione. Negroponte spiega la posizione con un esempio: nel 1976 un aereo Air France subì uno dei primi hijacking della storia ad Entebbe, in Uganda. “L’operazione di salvataggio fu sempre considerata estrema e tutti si chiedevano come fosse stato possibile portarla a termine con successo. La risposta è semplice: l’aeroporto venne costruito da un’impresa israeliana e una sua replica venne realizzata nel deserto. Quindi quando arrivarono a Entebbe, i soccorritori sapevano bene come muoversi”. Cosa si sarebbe potuto fare senza la replica dell’aeroporto nel deserto: sarebbe stato ugualmente possibile dare un senso esperienziale ai liberatori? Da questa riflessione nacque un camioncino in grado di mappare tutte le città e gli aeroporti che dopo 40 anni si è trasformato in quello che oggi è Google Street View.

    L’innovazione nasce sempre dall’impossibile

    “Quando abbiamo iniziato a lavorare su quello che noi oggi definiamo touch screen le persone credevano che non sarebbe mai stato possibile utilizzarlo. Oggi, come sappiamo, il touch è l’interfaccia principalmente utilizzata in tutte le nuove tecnologie”, racconta ancora Negroponte. E il biotech può essere considerato il nuovo digitale, grazie alla capacità che oggi abbiamo di creare oggetti dalle dimensioni minuscole. Una ragazza che frequenta il MIT, ad esempio, sta lavorando ad un progetto che ha avuto la sua origine da una serie di domande che si è posta osservando un’automobile: “Quest’ultima, infatti, è costituita da migliaia di pezzi e lei ha cominciato a ragionare sulla possibilità di ridurre il tutto ad un unico elemento. Per farlo, vorrebbe far nascere e crescere un’auto nello stesso modo in cui da un seme nasce un frutto. Un’idea che oggi ci sembra irrealizzabile ma che tra vent’anni potrebbe percorrere le nostre strade.

    L’importanza di un Internet libero

    Anche la telecomunicazione può offrire ottimi spunti di riflessione: è un esempio di come “si punti spesso sul privato più che sul pubblico, dando per scontato che il primo sia enormemente più efficiente ed evitando però così di sviluppare il secondo. Storicamente, le telecomunicazioni sono state trattate dai governi come un lusso, utilizzate dai ricchi per poter connettersi con persone lontane”. Negli anni ’80, l’interesse nelle comunicazioni è apparso nello stesso momento in cui è nato l’interesse per il “wireless”. Ma senza una struttura wireless. “A questo punto, capi di stato africani ad esempio, hanno cominciato a guardare con favore alle aste, che avrebbero permesso di ottenere strutture di telecomunicazione create da investitori esterni. Non possiamo dire che la privatizzazione sia fallita completamente, ma i collegamenti sono molto costosi e non sono sempre efficienti. Tuttavia, è opinione ancora comune che il settore privato sia più efficiente di quello pubblico. In Uruguay, ad esempio, l’85% dei bambini hanno la fibra ottica nelle loro case e il 100% di loro hanno il computer, nonostante il loro sistema non sia privatizzato. Dunque, passiamo a considerare che ruolo giocano le telecomunicazioni nell’apprendimento e nell’educazione, dato che i bambini sono le nostre più importanti risorse naturali. “Nel 1982 Steve Jobs ci ha fornito migliaia di dispositivi elettronici che noi abbiamo portato in Africa. Guardando quei bambini suonare la tastiera del computer come fosse un pianoforte, ho realizzato quanto grande possa essere la loro fantasia e quanto dobbiamo scommettere sul loro futuro. Per questo la possibilità di connettersi dovrebbe essere considerato un diritto umano. Il modo migliore per andare in questa direzione è pensare ad un Internet libero (o almeno a un basso costo e open a livello globale) che sia implementato attraverso un sistema globale pubblico, dove l’aggettivo “pubblico” non venga più associato a “locale” ma acquisti una dimensione mondiale. “A questo proposito proporrei anche di creare la World Connectivity Organization con lo scopo di connettere tutte le persone del mondo. L’idea è quella di proporre soluzioni plausibili che vadano oltre le giurisdizioni nazionali. Nella storia delle telecomunicazioni non abbiamo mai avuto una geometria che fosse intrinsecamente globale e credo che sia compito nostro porre fine definitivamente a questo isolamento”, conclude Negroponte nella sua visione per una civiltà digitale più prospera. Questo articolo si basa sullo speech di Nicholas Negroponte al World Business Forum, organizzato da WOBI.