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  • Come il Fintech sta cambiando i servizi bancari (e ci sta semplificando la vita)

    Roboadvisor, Challenger Banks e AI cambiano radicalmente la nostra interazione con i servizi finanziari e ci permettono di massimizzare le nostre finanze al minor costo e massima efficienza

    5 Aprile 2019

    Negli ultimi anni, il panorama globale ha visto l’avvento di app e startup che offrono soluzioni innovative (quasi in ogni settore) per rispondere alle esigenze delle nuove generazioni. Una delle industrie condizionate maggiormente da questo impatto è quella finanziaria, dove le startup emergenti hanno puntato a riempire i numerosi gap che istituzioni finanziare private e pubbliche non sono state in grado di colmare. Come ogni ondata innovativa, però, tutto accade molto in fretta e spesso è difficile stare al passo con le innovazioni ed nuovi prodotti. Sentiamo ogni giorno parlare di “Fin-Tech” e probabilmente abbiamo utilizzato almeno una volta uno dei nuovi prodotti creati da queste aziende. Tuttavia, abbiamo davvero capito di cosa stiamo parlando? E ancora più importante, abbiamo capito come ottenere il massimo ritorno da questi nuovi prodotti?

    La crisi come benedizione per il progresso

    Un passo indietro: 2008, l’ecosistema finanziario collassa. Tra le cause maggiori, la scarsa innovazione tecnologica e la mancanza di automazione che, come conseguenza, genera costi altissimi ed inefficienze.  In aggiunta, una mancanza di trasparenza ed asimmetria informativa si riversa sul consumatore finale con conseguenze economiche e sociali catastrofiche. Questo concatenarsi di eventi ha aperto il vaso di Pandora, evidenziando un fallimento del mercato. Nonostante questo, animati dallo spirito imprenditoriale e favoriti dalla rapida innovazione e dalla diffusione delle tecnologie emergenti, alcuni attori hanno generato tutta una serie di ondate innovative, fino al 2019. Il sistema finanziario globale segue la scia di un cambiamento continuo che vede il fiorire di nuove startup e prodotti focalizzati sul consumatore finale, all’esclusione dell’intermediario, accrescendo l’efficienza finanziaria di ognuno di noi.

    Il risveglio della forza

    Ecco quindi che nasce il “Fintech”, acronimo di Financial Technology, il cui ecosistema si focalizza sulla risoluzione di due problemi fondamentali: re-immaginare i prodotti finanziari e raggiungere il consumatore attraverso nuovi canali tecnologici. Dal lato della domanda, questo cambiamento nella mentalità del consumatore, ha generato la necessità di nuove istituzioni che offrissero servizi migliori e più efficienti. Dal lato dell’offerta, la crisi stessa ha spinto molti professionisti dell’industria finanziaria, tra cui molti Ex Lehman Brothers, a seguire la via imprenditoriale che ha fatto rinascere un industria dalle proprie ceneri. LEGGI ANCHE: 5 startup fintech che elimineranno la carta dal mondo di pagamenti e prestiti

    I numeri del Fintech

    Deloitte riporta che a livello globale, alla fine del 2018, possiamo contare ben 645 aziende Fintech nei servizi di pagamento, 410 nella gestione del risparmio e 332 assicurative. Se pensiamo al 2008, tutti ricordiamo che anche aprire un semplice conto in banca, in Italia, era un’ardua impresa che richiedeva un’infinità di documenti e il deposito di un notevole investimento. L’istituzione più innovativa all’epoca era PayPal e le classiche banche fornivano pochi servizi e per lo più inaccessibili. Insomma, enormi barriere all’entrata e l’impossibilità di accedere a servizi o opportunità a causa dell’arretratezza dell’industria dei servizi finanziari. A quanto pare, però, il mondo sta cambiando e per una volta, anche l’Italia. Stando al Registro delle Imprese, sono 235 le startup Fintech in Italia con 11 milioni di cittadini (25% della popolazione italiana fra i 18 e i 74 anni) che ad oggi, hanno utilizzato almeno un servizio Fintech. Tra i servizi più diffusi, vediamo il mobile payment, la gestione del budget personale e trasferimenti di denaro fra privati. LEGGI ANCHE: Il Fintech boom e gli altri dati dello studio di Mind the Bridge Oltre metà delle PMI italiane interagisce già con gli istituti finanziari tramite un’ app per Smartphone; il 92% lo fa tramite PC, ma in media solo il 5% delle piccole e medie imprese ha già utilizzato metodi di finanziamento alternativi come mini-bond, finanziamenti e prestiti Peer-2-Peer, crowd-funding, soluzioni di supply chain Finance.

    Il Focus: Challenger Banks

    Uno dei servizi derivati dall’ondata Fintech sono state le Challenger Banks: banche emergenti che utilizzano le nuove tecnologie per offrire soluzioni alle inefficienze del sistema bancario. Tra le più famose abbiamo Monzo, N26, Revolut e Starling Bank ma ne esistono molte altreQueste si focalizzano su ciò che più piace ai millenials: accesso dallo smartphone, facilità d’utilizzo, eccellente Customer Service ma soprattutto, sono per lo più servizi gratuiti con la possibilità di accedere ad un’offerta più avanzata solo per chi lo ritiene necessario. Insomma, lo stesso modello di business delle compagnie aeree low cost, se ci si riflette su. Si potrebbe quindi pensare ad una fine ingloriosa per le banche della vecchia scuola. Tuttavia non è così, come ci spiga Henri Arslanian durante una conferenza TEDx del 2016: questi nuovi entranti ​​hanno la possibilità di scegliere in quale parte dei servizi bancari vogliono focalizzarsi ed ovviamente optano per la parte più redditizia. È quindi improbabile che queste startup puntino a diventare un’istituzione di deposito, piuttosto, preferiscono controllare il front-end – cioè la parte che si interfaccia con il consumatore finale – e lasciare il noioso back-end, ovvero le noiose operazioni amministrative, il regolamento, operazioni post-trade, riconciliazione e segnalazione normative, alle banche tradizionali. Ci troviamo quindi di fronte ad un nuovo modello bancario, dove le banche tradizionali gestiscono il back-end diventando, quindi, fornitori di servizi a queste aziende tecnologiche che controllano il front end e l’esperienza del cliente.