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  • Google: la pubblicità dovrà essere più pertinente utilizzando meno dati

    "Raccogliere grandi quantità di dati non è utile" lo dicono a Ninja Matt Brittin e Prabhakar Raghavan durante l'Advertising Week Europe

    19 Marzo 2019

    In tanti, tra professionisti dei media e del marketing, sono a Piccadilly Circus, Londra, questa settimana, per la settima edizione dell’Advertising Week Europe. Più di 230 eventi in quattro giorni, dal 18 al 21 marzo, per parlare di media, marketing, technology, creatività, business trend e criticità. Tra gli speech, non potevamo perdere il keynote di Google “Advertising that works in a privacy first world”, un’ottima occasione per fare qualche domanda anche a Matt Brittin -President, EMEA Business and Operations, e Prabhakar Raghavan – SVP, Ads & Commerce.

    Advertising e fiducia

    Ricordando da dove tutto sia partito, prima dell’avvento del world wide web, passando per l’evoluzione di un grande ecosistema dove ognuno è interconnesso con persone vicine e lontane, Matt Brittin ha introdotto Prabhakar Raghavan, in una sessione in cui si è discusso di fiducia, privacy e advertising. Prima di lasciare il palco Matt Brittin ha speso due parole su come il mondo, guidato dall’Europa, si stia muovendo verso il privacy first online,  attraverso nuove regolamentazioni, come il GDPR, la legge sul copyright, e una serie di misure volte a proteggere i dati degli utenti, tutelandoli anche da contenuti non appropriati, di scarso valore o falsi, e creando un sistema gratuito e accessibile a tutti. A proposito di privacy, Matt Brittin ha concluso affermando che, nonostante Google abbia una lunga esperienza in materia e collabori con numerosi partner per creare annunci che siano utili ed efficaci per tutti, c’è ancora molto da fare. Il discorso sulla privacy è stato poi ripreso in più punti da Raghavan, che ha sottolineato come negli ultimi anni Google abbia snellito e semplificato policy e prodotti e come l’azienda vada sempre più in questa direzione. Raghavan rassicura su come i browser web stiano limitando il modo in cui i cookie di terze parti vengono utilizzati per personalizzare gli annunci. E, sempre in materia di privacy, chiude spiegando come “in un mondo privacy first, le relazioni di prima parte siano di vitale importanza”. LEGGI ANCHE: Google vuole sviluppare due app per aiutare chi ha problemi di udito A proposito di fiducia, altro grande tema caro a Google, l’azienda sembra puntare tutto sulla costruzione di un legame autentico con customer, publisher e advertiser, per cui intende “fare di più, ma con meno dati”. Sempre sul concetto di fiducia, Raghavan ricorda la battaglia che Google ha condotto contro la falsificazione e la frode, e come gli annunci stiano cambiando in risposta alle diverse aspettative degli utenti, più attenti, e alle normative in vigore. Continua sulla fiducia, e prova a rassicurare: “Google non vende informazioni personali né sfrutta informazioni sensibili per personalizzare gli annunci”. In riferimento a utenti e advertising, le parole che risuonano di più sono trasparenza, controllo e consenso. Nella convinzione che gli annunci debbano essere utili e pertinenti per gli utenti, e allo stesso tempo efficaci e misurabili per gli inserzionisti, uno degli obiettivi di Google è quello di offrire valore ed equità a chi produce i contenuti, per costruire un ecosistema pubblicitario sano e sostenibile. In un settore dinamico e sempre in evoluzione, nonostante i continui sforzi, la piattaforma ammette di non essere sempre stata all’altezza della situazione e di avere, talvolta, complicato le cose invece di semplificarle. L’impegno sarà proprio quello di migliorare la qualità dei contenuti, l’esperienza degli utenti e gli sforzi degli advertiser. In questa sfida, che Google non intende affrontare da sola, collaborerà con inserzionisti, agenzie, editori ed enti del settore, per fare in modo che le persone sappiano cosa accade e possano scegliere consapevolmente. LEGGI ANCHE: Su Google Immagini ora c’è il tag con le informazioni sul proprietario e la licenza d’uso

    Meno dati, più fiducia

    Abbiamo chiesto a Matt Brittin e Prabhakar Raghavan quali sono gli strumenti che attualmente possediamo per difenderci come inserzionisti per tutelare i brand e come utenti online per tutelare la nostra privacy. Per gli advertiser, ci rispondono, gli strumenti sono brand suitable, per vedere dove vengono visualizzati gli annunci e controllare i posizionamenti dei relativi brand; real inventory seen by real people, per acquistare spazi pubblicitari con fonti e formati aggiornati e che offrano l’opportunità di essere visualizzati da persone reali su siti e app reali; measurement, per comprendere e comparare l’impatto degli investimenti usando metriche condivise. Per i consumer, invece, gli strumenti a disposizione sono: security, privacy and control, affinché gli utenti sappiano quali dati vengono raccolti, come sono utilizzati e abbiano in dotazione gli strumenti per proteggere e monitorare la propria privacy onlinebetter experiences, ovvero l’impegno dell’azienda affinché gli utenti vengano raggiunti da annunci utili e pertinenti, che non distraggano, interrompano o infastidiscano il consumatore; fewer “bad ads”, perché gli utenti sono protetti da annunci che contengono malware, vendono prodotti illegali o includono offerte ingannevoli. Per i publisher, infine, Google si impegna a garantire un fair value, un ecosistema che premi i contenuti di qualità e le esperienze utili; protection from fraud, ossia la tutela da chi commette frode o viola i diritti d’autore; e appropriate ads, per offrire il giusto contenuto al giusto pubblico. Ma come si creano annunci utili e pertinenti senza invadere la privacy delle persone? “A partire da tre parole chiave: sicurezza, privacy e controllo. Garantendo trasparenza sui dati raccolti, su come sono utilizzati e sugli strumenti per proteggere la propria privacy”, ci rispondono da Google. Se la fiducia delle persone nei confronti delle grandi piattaforme social e di condivisione di contenuti sembra oggi incrinata in modo irreparabile dopo scandali come quelli di Cambridge Analytica, i dati non possono più essere l’unica base delle strategie di marketing. Bisogna fare “di più per gli utenti, ma con meno dati”, torna a ribadire Google, che ricorda come miliardi di utenti gli affidino i propri contenuti più preziosi, siano essi email, foto, file, dati, con la convinzione, e la promessa da parte della piattaforma, che queste informazioni siano trattate come private; separate, dunque, dalla pubblicità. Prabhakar Raghavan dichiara di sfidare costantemente il suo team con questa domanda: qual è la quantità minima di dati che possiamo utilizzare pur garantendo ads comunque eccellenti?”. LEGGI ANCHE: Advertising e big data: qual è il confine tra creatività e privacy?

    Advertising e nuove tecnologie

    Infine, c’è un aspetto che non si può tralasciare in tema di advertising online ed è quella che riguarda la diffusione delle nuove tecnologie, come la realtà aumentata e l’AI. Machine learning e artificial intelligence possono essere “usati sì per analizzare dati, ma per poi ricavarne informazioni significative su tendenze, preferenze dei clienti e previsioni future”. Google apre dunque a strumenti che rendono il marketing digitale più efficace, fornendo ai professionisti del marketing una comprensione sempre più dettagliata dei loro consumatori. La chiave anche in questo caso è la qualità a discapito della quantità: “raccogliere grandi quantità di dati non è utile”. Raghavan richiama poi la differenza tra machine learning e intelligenza artificiale: “machine learning è il modo in cui un computer ‘apprende’ le regole della logica senza che sia programmato per fare le cose in un certo modo. In altre parole, l’apprendimento automatico consente a un computer di aggiornare continuamente la conoscenza che ha delle regole sulla base di come le persone reagiscono a vari fattori esterni. L’intelligenza artificiale, in senso lato, si riferisce invece alla capacità di un computer di prendere decisioni, in linea con quelle regole, imitando la logica degli esseri umani”. Il maggiore impatto del machine learning, dunque, è il suo potere predittivo, che consente alle aziende di utilizzare i dati passati e presenti dei clienti per prevedere i comportamenti e le tendenze future. Rispetto agli anni passati, l’AI sta introducendo nuovi strumenti e tecnologie, migliori, più accurate e più veloci, che supportano le persone nella risoluzione di quesiti, problemi e attività. L’intelligenza artificiale, aggiungono Matt Brittin e Prabhakar Raghavan, è sempre più utilizzata nei prodotti di tutti i giorni, e “se di recente abbiamo usato Search, Gmail, YouTube, Maps, Photos, Translate e Google News potremmo aver dialogato con l’AI senza nemmeno accorgercene. Sempre a proposito di intelligenza artificiale, nell’ottica di renderla accessibile a tutti, Google sta lavorando a codici open source, test, librerie e dati in cloud. Di recente, l’azienda ha pubblicamente dichiarato come l’intelligenza artificiale non sia solo un elenco di ideali, ma un progetto concreto che guida e continuerà a guidare lo sviluppo di nuovi prodotti e nuove decisioni aziendali. Essendo un’area in evoluzione, l’AI è un punto di partenza e una nuova area, tutta da esplorare. Puoi ascoltare il keynote integrale qui.

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