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  • Christchurch: gli algoritmi e quei video del terrore che (noi) dovevamo bloccare

    Il massacro in Nuova Zelanda ha riproposto il tema del ruolo dei social. Le autorità locali chiedono "altre risposte", le aziende possono fare di più?

    18 Marzo 2019

    Sì alla fine 1,5 milioni di video dell’attacco sono stati rimossi da Facebook, un altro milione di video è stato bloccato mentre veniva caricato. Eppure non è bastato. Perché quei filmati del massacro, passati sul social di Zuckerberg, ma anche su YouTube, TwitterTelegram, hanno messo in chiaro i limiti, sì proprio i limiti di questi giganti, al punto che tre giorni dopo l’attentato che in Nuova Zelanda ha ucciso 50 persone in due moschee di Christchurch è polemica aperta sul ruolo dei social. christchurch

    Servono altre risposte

    La premier neozelandese, Jacinda Ardern, ha avvertito che “servono altre risposte” e ha sottolineato di aver fatto presente ai vertici di Facebook e alle altre piattaforme che tocca a loro rimuovere i filmati del massacro. Dal canto suo, il colosso di Mark Zuckerberg ha fatto sapere di aver rimosso in 24 ore “un milione e mezzo di filmati, e di aver impedito che ne venissero caricati altri 1,2 milioni”. Ha spiegato in particolare Mia Garlick, responsabile del social network in Nuova Zelanda: “Per rispetto alle persone colpite da questa tragedia e le preoccupazioni delle autorità locali, stiamo rimuovendo anche tutte le versioni editate del video che non contengono contenuti grafici”, assicurando che l’azienda continua a lavorare “giorno e notte” per rimuovere questi contenuti. “Stiamo impiegando una combinazione di tecnologia e persone”.

    Sei centri di controllo dei contenuti

    Come ha riportato nei giorni scorsi su Repubblica Jaime D’Alessandro “Facebook ha sei centri dedicati al controllo dei contenuti, nei quali lavorano 15 mila dipendenti che ogni 24 ore vagliano due milioni di post. Agiscono su segnalazione degli utenti o delle autorità, mentre gli algoritmi intervengono in autonomia quando individuano un testo, un video o un’immagine sospetta. Peccato che nessun algoritmo sia in grado di distinguere fra la scena di un film di azione e quella di una strage, con buona pace degli entusiasti dell’intelligenza artificiale”.

    Capacità limitata

    Alla Ardern ha fatto eco il primo ministro australiano, Scott Morrison: i social hanno cooperato con i governi fin dal momento in cui è emersa consapevolezza dell’attacco, ha detto, ma “dal punto di vista tecnologico hanno una capacità molto limitata” di intervenire in fatti analoghi a quelli di Christchurch, che hanno visto lo stragista diffondere il proprio pensiero e il suo folle attacco liberamente nel Web.

    Intanto l’ISIS su Telegram

    L’Isis ha promesso di vendicare le stragi nelle due moschee di Christchurch. Sui canali Telegram dell’organizzazione terroristica è stata condivisa la foto di un fucile, un Kalashnikov nero, con le scritte in bianco, in risposta alle armi usate dal suprematista Brenton Tarrant. “Vi sconfiggeremo presto, nessuno si salverà. La risposta è in arrivo”, si legge sul fucile avvolto in una bandiera nera dell’Isis.​

    Ancora allerta

    Intanto in Nuova Zelanda lo stato di allerta è ancora elevato: ieri è stato chiuso temporaneamente l’aeroporto di Dunedin dopo il ritrovamento di un “pacco sospetto”. Quanto alle indagini sulle stragi, Ardern ha confermato di aver ricevuto da Brenton Tarrant la mail con il manifesto suprematista nove minuti prima degli attacchi, e di averla girata, entro due minuti dalla ricezione, ai servizi di sicurezza.