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  • La denuncia di Banksy al Mudec Milano potrebbe non essere una semplice questione legale

    La vicenda scatenata dalla mostra non autorizzata riapre il caso su copyright e street art

    7 Marzo 2019

    Banksy ha denunciato la mostra A Visual Protest del Mudec di Milano. La notizia è stata ripresa da tutti i principali siti di notizie e ha acceso il dibattito sulla questione del copyright legata al mondo dell’arte e della produzione creativa. Ovviamente il tema della discussione non riguarda il piano legale (ci sono delle norme ben definite e specifiche per tutelare, giustamente, il diritto d’autore delle opere creative) ma sull’applicazione di questa legge in una forma d’arte controversa e, per sua natura molto spesso illegale, come la street art.

    Banksy denuncia il Mudec: ecco com’è andata

    La mostra di Banksy al Mudec di Milano è stata un vero successo di pubblico. A Visual Protest, si snoda tra originali e riproduzioni all’interno di un percorso lineare che termina con una visita al Gift Shop. E questo a Banksy non va giù. La Pest Control Office Limited ha citato in giudizio la 24 Ore Cultura, società che ha organizzato la mostra al Mudec di Milano. Perché? Semplice: violazione del copyright e vendita non autorizzata del merchandising. LEGGI ANCHE: L’arte di protesta di Banksy arriva a Milano (con una mostra non autorizzata)
    Credits: Paolo Poce
    Penne, tazze, calamite, segnalibri e persino il catalogo della mostra sono stati portati davanti al giudice dalla Pest Control Office Limited con l’accusa di utilizzo del nome e dell’immagine di Banksy senza la sua autorizzazione. Il giudice Claudio Marangoni ha approvato il ritiro della gadgettistica ma si è dichiarato contrario alla proibizione dell’uso del nome dell’artista per pubblicizzare la mostra (non autorizzata) e alla vendita e pubblicazione del catalogo. Tutto corretto e giusto, utilizzare la produzione creativa di qualcuno senza la sua approvazione per scopi commerciali è sbagliato. Per questo esiste il copyright. Peccato che lo stesso Banksy disse :
    Copyright is for losers

    Banksy è un marchio registrato

    Forse non tutti sanno che il marchio Banksy è regolarmente registrato e la Pest Control Office Limited si occupa di controllare e tutelare l’utilizzo del nome e l’immagine dell’artista. Per chi conosce lo street artist di Bristol sembrerà una cosa assurda: lo stesso Banksy ha dichiarato, più di una volta, di volersi allontanare dal mondo del mercato dell’arte e della pubblicità: “Marchi di fabbrica, proprietà intellettuali e diritti d’autore fanno in modo che i pubblicitari possano dire ciò che vogliono, dove vogliono, con totale impunità”, ha affermato. E ha anche aggiunto: “Non possiamo fare nulla per cambiare il mondo fino a quando il capitalismo non si sgretolerà. Nel frattempo dovremmo tutti andare a fare shopping per consolarci.” Banksy VS Mudec Milano: il copyright al tempo della street art La tela che si autodistrugge appena il banditore batte l’asta del suo quadro è un forte messaggio: l’arte smette di essere tale appena viene monetizzata. Banksy ha sempre fatto della libertà il suo cavallo di battaglia, artista misterioso che sceglie i muri della città come sua tela principale. Denunciare la mostra del Mudec sembrerebbe, quindi, un’azione ipocrita: l’artista che non si mostra, che non vuole la fama e la gloria, che disprezza il mercato dell’arte e che crede fermamente nella libertà di esprimersi denuncia la mostra perché utilizza il suo nome senza il suo consenso. Non è forse questo il gioco dell’arte libera? La libertà di donare tutto il proprio talento a tutti e di lasciare che la libertà a tutti di utilizzarlo e averlo?

    A chi appartiene la street art?

    Se la street art si rivolge a tutti e vive nell’illegalità, allora a chi appartiene? Lo stesso Banksy nasconde la sua identità proprio per evitare problemi legali e svolge tutti i suoi lavori di nascosto. Il giorno prima quel muro era vuote e ora, puff!, ecco il murale di Banksy.
    “I più grandi crimini nel mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole. Sono le persone che seguono gli ordini, che sganciano bombe e massacrano villaggi”.
    La street art è anche “libera” dai dettami dell’arte: non ha regole, è massima espressione e non risiede in musei o gallerie. Il suo palcoscenico è la strada dove tutti possono vederla, amarla e, perché no, modificarla o nasconderla per sempre. Com’è possibile, allora, riuscire a registrare e rendere legale la street art? A chi appartiene, all’artista o a chi ha la proprietà del muro su cui è affissa? Ma soprattutto ha senso parlare di “proprietà” di un’opera che nasce con l’intento di essere libera?

    L’arte di protesta passa dal tribunale

    “Chiedere il permesso è come chiedere di poter tenere un sasso che qualcuno ti ha appena tirato in testa”.
    Dall’iconica Baloon Girl passando per la serie di topi fino all’irriverente Monkey Queen, l’arte di Banksy è sempre stata di protesta. La Regina d’Inghilterra, McDonald’s, Walt Disney, Gesù… nessuno è sfuggito alla sua arte che ha avuto sempre l’obiettivo di sconvolgere e farci pensare. Banksy non ha mai chiesto il permesso a nessuno per l’utilizzo delle immagini, un gioco pericoloso che l’ha “costretto” all’anonimato ma che rende tutto ancora più forte e di impatto. L’artista misterioso che prende in giro le multinazionali e i potenti in barba alle leggi! Un moderno Robin Hood che ruba la notorietà dei “ricchi” per trasformarla in messaggi amati dai “poveri”. ninja Però, forse per la prima volta, Banksy si è trovato dall’altra parte. Da street artist di nicchia è diventato una vera e propria icona conosciuta da tutti e, pertanto, desiderata da tutti. Museo e case editrici si sono subito attivate per dedicare mostre, esposizioni e pubblicazioni al misterioso artista del popolo. Non ci sorprende, quindi, che il Mudec di Milano abbia dedicato un’intera mostra a Banksy. Ci sorprende però la denuncia dell’artista.

    Perché Banksy ha denunciato il Mudec di Milano?

    La mostra di Milano non è e non sarà l’unica mostra dedicata allo street artist inglese. Allora come mai l’artista non ha denunciato la mostra di Firenze allestita al Palazzo Medici Ricciardi? La risposta la troviamo proprio nel titolo del primo film girato dall’artista: Exit Through the Gift Shop. Gli organizzatori della mostra di Firenze non hanno prodotto merchandising e non hanno editato un catalogo della mostra, a differenza dell’esposizione del Mudec. La scintilla che ha scatenato tutto sembra essere proprio l’intento, da parte degli organizzatori della mostra, di rendere l’arte di Banksy commerciale. Di ingabbiarla in quei meccanismi che l’artista ha sempre odiato e continua ad odiare. LEGGI ANCHE: Abbiamo visto (e vi raccontiamo) la mostra di Banksy a Firenze
    Credits: Paolo Poce
    Ok ma allora perché denunciare la mostra anche per l’utilizzo del proprio nome sui manifesti pubblicitari? Perché denunciare il catalogo della mostra e non le altre pubblicazioni sul suo conto? Che sia, questo, un punto di svolta per l’artista? Che sia stufo di vedere le sue opere usate senza permesso da chi vuole trarne profitto? Forse stiamo assistendo ad un cambiamento, a una lotta di Banksy per riportare la street art alla libertà. O forse stiamo solo assistendo a una grande performance creativa. Ma, in fondo, che differenza c’è? ___ UPDATE: Abbiamo contattato il Mudec Milano, che tramite il suo ufficio stampa ci fa sapere che all’esito del suddetto procedimento cautelare, con ordinanza del 14 gennaio 2019, il Giudice della causa ha rigettato tutte le domande cautelari formulate da Pest Control Limited, ad eccezione di quella (inibitoria) concernente un ridotto numero di articoli di merchandising. In particolare, il Giudice Delegato ha:
    • rigettato le domande di Pest Control concernenti l’inibitoria e il sequestro del materiale di comunicazione recante il marchio “BANKSY” e i marchi raffiguranti le opere “bambina con il palloncino” e “lanciatore di fiori” (quindi anche il titolo stesso della mostra);
    • rigettato le domande di sequestro e inibitoria concernenti il catalogo della mostra;
    • rigettato le ulteriori domande di sequestro dei prodotti e della documentazione contabile e commerciale relativa a questi ultimi;
    • accolto la domanda di inibitoria di 5 articoli di merchandising (1 agendina, 1 segnalibro, due cartoline e 1 gomma da cancellare).