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  • Una commissione inglese accusa Facebook: “Gangster digitale” e “Falso”

    Durissimo rapporto della commissione parlamentare britannica Digital, Culture, Media and Sport guidata dal conservatore Damian Collins

    18 Febbraio 2019

    Violazioni commesse “intenzionalmente” da Facebook rispetto alle norme britanniche sul rispetto della privacy del pubblico e sulla concorrenza fra imprese. Si imputa a Mark Zuckerberg che durante le udienze dell’inchiesta si è limitato a mandare a Londra alcuni dirigenti e di aver mostrato “disprezzo” verso il Parlamento del Regno Unito. Ma anche “Gangster digitale”, “Falso”, “in cattiva fede”, “opaco”. Questi i termini con cui viene descritto il gruppo di Menlo Park nelle 100 pagine di un rapporto presentato dai deputati della commissione parlamentare britannica Digital, Culture, Media and Sport guidata dal conservatore Damian Collins.

    Migliaia di domande e audizioni

    “Questa relazione finale – si legge – è frutto di molti mesi di collaborazione con altri paesi, organizzazioni, parlamentari e privati cittadini di tutto il mondo. In totale, il Comitato ha ricevuto oltre 170 osservazioni scritte, ha ascoltato prove da 73 testimoni, ha rivolto oltre 4.350 domande a queste udienze e ha avuto scambi di corrispondenza pubblica e privata con privati e organizzazioni”.

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    Azioni intrinseche al modello di business

    Il rapporto parte dalle indagini su Cambridge Analytica e mette in discussione l’impianto difensivo di Facebook. La fuga di dati non sarebbe stata frutto di “condotte abusive” (delle quali il social sarebbe stato comunque a conoscenza) ma di azioni “intrinseche al modello di business”. Questo renderebbe “chiaro” il motivo per cui le azioni e le dichiarazioni di Mark Zuckerberg siano arrivate solo “quando le gravi violazioni sono diventate pubbliche”. Una dimostrazione della “malafede” con cui opera Facebook.

    Indagate sulle fake news

    Nel testo si raccomanda al governo britannico di promuovere una “inchiesta indipendente” anche sulle fake news e sui sospetti di presunte ingerenze “straniere”  attraverso internet nella campagne per il referendum sull’indipendenza della Scozia del 2014, sulla Brexit del 2016 e per le elezioni politiche britanniche del 2017.

    Serve intervento legislativo radicale

    Nel rapporto si invita anche il governo di Theresa May ad un intervento legislativo “radicale” per bilanciare i rapporti di forza fra “queste piattaforme e gli utenti. L’era di un’inadeguata autoregolamentazione deve aver fine” ha detto Collins illustrando il rapporto. “I diritti dei cittadini vanno assicurati legalmente” e a tutti i giganti del web – non solo Facebook – va “imposto di aderire a un codice di condotta definito per legge dal Parlamento e soggetto alla supervisione di un regolatore indipendente”.