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  • 3 progetti di comunicazione per combattere la violenza di genere

    Dalla provocazione di Nantes all'esperienza interattiva di AQuest, storie di iniziative forti che generano azioni e reazioni

    15 Gennaio 2019

    Che la violenza sulle donne presenti ancora dati allarmanti è un fatto. Nel 2017 l’Istat ha dichiarato che più di 49.000 donne in Italia si sono rivolte ai centri antiviolenza e il 59% grazie a questi ha iniziato un percorso di uscita. Proprio per questo sempre più istituzioni e organizzazioni fanno informazione sul tema e lo fanno innanzitutto comunicando. Abbiamo scelto di analizzare tre iniziative sociali, creative e tecnologiche diverse tra di loro, ma accomunate dallo stesso obiettivo: combattere la violenza di genere. Sono iniziative che hanno scosso gli animi, anche i più dormienti, con azioni ed emozioni, talvolta attraverso un sorriso amaro, in altri casi con la paura e il desiderio di non dover parlare mai più di dati e statistiche agghiaccianti, o semplicemente attraverso una confessione sussurrata.

    Il marciapiede di Nantes

    Se passeggiando per strada incontrassi questo cartello. Quale sarebbe la tua reazione? violenza di genere: nantes È successo a Nantes in Rue de la Paix lo scorso novembre, in occasione della giornata contro la violenza di genere. I cartelli ricordano quelli delle toilette pubbliche, per differenziare il bagno delle donne da quello degli uomini. Il cartello invita i passanti e le passanti a camminare su due lati diversi della strada, uomini a sinistra e donne a destra, e come spiegazione riporta semplicemente “zona sperimentale”. Non sono state poche le polemiche e l’indignazione di chi non ha colto la grande provocazione e l’esperimento sociale in stile candid camera lanciati dal comune, per indagare le reazioni dei passanti. Sui social la notizia ha generato non pochi insulti e invettive contro il comune, ma una cosa è certa, che sia per indignazione o per un sorriso amaro, la campagna ha centrato l’obiettivo: scuotere le coscienze e portarci a riflettere sull’uguaglianza di genere prima e sulla violenza poi.

    Shout, un grido in cerca di luce

    Se invece di un marciapiede, ti trovassi in una prigione con una donna e soltanto a te fosse data la possibilità di salvarla? Tutto è iniziato come un progetto di ricerca e sviluppo tra i 3D artist e front-end developer di AQuest, digital creative agency italiana. L’obiettivo era quello di far aderire un piano 2D, con una specifica texture geometrica, a un oggetto 3D e fare in modo che i due livelli si muovessero in sincronia.  L’oggetto 3D era il volto di una donna e la texture una serie di barre nere che ne nascondevano parzialmente il volto. violenza di genere: shout Man mano che il progetto prendeva vita e venivano aggiunti suoni, movimenti, sottofondi, aumentava anche la carica emotiva, perché quel volto non era più soltanto un oggetto 3D, ma rappresentava una donna nel buio, colpita da alcuni fasci di luce, che nelle espressioni facciali mostrava vere e proprie emozioni. violenza di genere: shout AQuest ha pensato di utilizzare quelle emozioni nate da un lavoro di R&D a scopo benefico. Da qui nasce Shout, un’esperienza di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Shout è un grido, perché vuole fare rumore e farsi sentire il più lontano possibile. Lo fa attraverso una breve storia interattiva, dove sei tu direttamente coinvolto e solo con le tue azioni puoi salvare una vittima di violenza. La protagonista della storia è una giovane donna intrappolata in una prigione reale e mentale e l’utente può aiutarla a venirne fuori. E alla fine dopo averla liberata dalla prigione, può scegliere liberamente se donare a favore di due associazioni D.i.Re e Un Women. Un’esperienza da provare e una storia a cui cercare di dare il proprio contributo.

    La confessione sussurrata di Rainbow

    E se invece avessi bisogno semplicemente di qualcuno con cui parlare? Una delle più grandi difficoltà che una donna incontra quando subisce violenza è quello di confessarlo a qualcuno, perché ha paura di ritorsioni, si vergogna e non vuole sentirsi giudicata. La conseguenza è che la violenza domestica viene vissuta molte volte in solitudine. AI for good è un gruppo di persone riunite con la missione di utilizzare una tecnologia etica per risolvere problematiche sociali e ambientali. Il movimento ha sviluppato Rainbow contro la violenza di genere, un chatbot dotato di intelligenza artificiale che in una conversazione completamente anonima offre supporto alle donne utilizzando tecniche di storytelling, dando accesso a delle risorse utili e anche facendo azioni concrete. violenza di genere app Rainbow è anonimo, sempre attivo e non giudica. Abbiamo provato a parlarci e appena entrati nella chat abbiamo trovato una conversazione fluida, accogliente e non pressante. Rainbow ci dice fin da subito di essere un robot, ci propone poi un quiz e presentandoci una serie di contesti ci chiede se determinati comportamenti (es. il controllo del telefono) in una relazione siano normali o meno. Una volta terminato ci chiede  se vogliamo ascoltare delle storie di altre persone che ci sono passate. Il chatbot è stato realizzato per le donne in Sudafrica, ma una chiacchierata la fa con tutto il mondo.

    Ancora sulla violenza contro le donne

    Le iniziative sociali che abbiamo raccontato a loro modo scuotono, suscitano azioni e reazioni e lo fanno interagendo con l’utente nell’anonimato e allo stesso tempo con un distintivo contributo alla lotta per la violenza di genere. Le emozioni che ci provocano sono contrastanti, forti, gridate, sussurrate, o indignate. Perché in fondo come le emozioni, la violenza di genere è di tutti, è ovunque, è invisibile, è nelle parole, come “passeggiatrice”, “cortigiana”, “buona donna”; nelle deviazioni di strada, quelle davanti un bar per evitare battute non gradite; nelle chiamate a casa, quelle per cercare compagnia per paura di rientrare nella notte buia.