Quanto lavoro c'è dietro una pubblicità? Ci avete mai pensato?
Ogni volta che vediamo una pubblicità, che il canale siano i social, il web, i billboard o la TV , sappiamo davvero quali meccanismi e quali logiche l'hanno generata?
La pubblicità può essere un'opera d'arte, tanto bella da far rimanere incollati le persone agli schermi da cui la stanno guardando o con il naso in su a guardare un cartellone per strada.
Eppure, le motivazioni per pubblicizzare un certo prodotto o una certa azienda in un modo invece che in un altro sono varie e cambiano a seconda di una molti elementi.
Il target di riferimento, ad esempio, rappresenta un punto chiave nella costruzione della strategia e del prodotto pubblicitario. Possiamo essere ironici, sarcastici, taglienti? Oppure è meglio creare una comunicazione più tradizionale?
Il marketing è una questione di equilibrio. E, ovviamente, chi fa marketing sa bene che dietro ogni scelta c'è un lavoro importante ed impegnativo, di grande responsabilità. La creatività è ciò che fa la differenza.
Cos'è il marketing non convenzionale
Attaccare il pubblico quando meno se lo aspetta, sorprenderlo e rimanere impresso nella sua mente; è molto difficile riuscirci, ma le aziende che hanno attirato l'attenzione con pubblicità geniali sono moltissime.
Si può dire che si tratta di una strategia pubblicitaria, in genere a basso budget, attuata attraverso tecniche di comunicazione non convenzionali per colpire l'immaginario e stimolare la curiosità degli utenti.
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Gli appassionati, ma non solo, non possono non rimanere incantati di fronte a queste idee creative, che hanno soprattutto il merito di centrare il messaggio in modo non banale.
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Il caso di "Preferiamo la carne"
È successo tempo fa a Pontecagnano Faiano, un comune in provincia di Salerno. Il manifesto pubblicitario, realizzato da un ristorante del posto, ritraeva alcune modelle curvy in lingerie e la scritta "Preferiamo la carne".
Da quel momento la cittadinanza si è divisa: alcuni hanno considerato la pubblicità sessista e offensiva nei confronti della donna, paragonata quasi a carne da macello, altri invece non l'hanno trovata offensiva, anzi divertente e dissacrante.
Chi ha ragione? Più che schierarci da una parte o dall'altra, è interessante capire cosa, oltre alle reazioni delle persone, cosa la pubblicità abbia generato.
Il primo a rispondere agli attacchi e alle lettere di protesta dei cittadini indignati è stato il Sindaco dell città, che ha ironizzato sulla vicenda, pubblicando questo post sulla propria pagina Facebook.
Qualche giorno dopo, però, la scia creativa generata dalla pubblicità non si è ancora arrestata e sui social è apparsa una nuova immagine.
Il brand è Momò, l'autrice è Marina Corrente, Social Media Manager che ha voluto scherzare sulla vicenda e si è divertita a creare un prodotto simile a quello originario per smuovere ancora di più le acque.
"Il mio obiettivo era, prima di tutto, quello di far sorridere, il doppio senso è evidente - ha raccontato Marina - ed entrare a gamba tesa all'interno di questa polemica che è stata per me di grande stimolo creativo e mi ha fatto riflettere. Ho voluto inserire l'immagine del David perché si tratta di un'opera d'arte universalmente riconosciuta, dunque ci scandalizziamo davanti all'arte?"
È questa la domanda che è alla base dell'intera vicenda: davanti a cosa ci scandalizziamo? E quali sono i reali motivi dell'indignazione? Qual è la linea sottile che divide sessismo e ironia?
A prescindere da tutto questo, l'elemento interessante all'interno di questo botta e risposta tra creativi, cittadini e istituzioni è proprio il marasma creativo che ha generato.
Se n'è parlato. E anche molto. Si è preso posizione, si è riso e ci si è indignati. Non è proprio questo ciò che dovrebbe fare la pubblicità?