La diversità, anche sul posto di lavoro, è un valore. Molto facile a dirsi. Un po’ più difficile da mettere in pratica, soprattutto quando si parla di disabilità.
C’è voluta una legge, la 68 del 1999 per cercare di obbligare in qualche modo le aziende anche ad assumere gli appartenenti alle cosiddette categorie protette. E anche in questo caso, spesso, i datori di lavoro hanno preferito pagare delle sanzioni piuttosto che mettere in discussione la loro organizzazione e i loro ritmi produttivi per cercare di integrare queste persone.
L’altra faccia della medaglia, comunque, è che l’imposizione senza un adeguamento intelligente si è tradotta spesso in assunzioni che non hanno rappresentato nessun vantaggio professionale né per l’interessato né per l’azienda.
In altre parole, più crude, spesso alcuni impiegati sono finiti ad occupare una scrivania solo per rispettare gli obblighi di legge, ma non sono stati messi nelle condizioni di svolgere delle mansioni a loro adeguate dal punto di vista tecnico e relazionale.
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Il legislatore si è reso conto di queste storture e con la legge 99 del 2013 ha cercato di mettere in risalto l’obiettivo principale del collocamento mirato per le persone disabili: l’integrazione lavorativa.
Ulteriori correttivi arrivati nel 2015 hanno cercato di incentivare ancora di più le assunzioni tramite sgravi contributivi, l’integrazione con le reti sanitarie e formative, la riduzione della percentuale minima di invalidità richiesta. Questi provvedimenti puntano ad aumentare il numero di persone con disabilità impiegate.
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Dal punto di vista del datore di lavoro esistono degli strumenti che è possibile utilizzare per fare dei passi in avanti su questo tema.
Innanzitutto, è necessaria la formazione per un management plurale per cercare di capire e gestire le diverse situazioni che si possono presentare.
Viene consigliata una consulenza organizzativa per l’inserimento lavorativo di queste persone e viene suggerito un percorso di empowerment della persona con disabilità.
Infine anche il gruppo di lavoro deve relazionarsi in maniera appropriata e per questo fondamentale è il lavoro di team building.
Il management plurale passa quindi per la valutazione delle competenze, per l’individuazione delle posizioni adatte alle persone con disabilità e per la costruzione di una cultura dell’inclusione. In questo modo si arriva a considerare l’altro come una risorsa con le sue peculiarità che sono complementari ad altre nella quotidianità lavorativa.
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