Il profilo Facebook fa parte dell’eredità digitale, lo dice un giudice tedesco
Un tribunale tedesco ha stabilito che il profilo Facebook fa parte dell'eredità digitale
Dovesse capitarci qualcosa di male (tipo morire, tocca pure ferro), cosa accadrebbe ai nostri profili social? Soprattutto: tutte le conversazioni private sarebbero al sicuro?
Oggi i Social Network fanno parte delle nostre vite, come un tempo lo erano le lettere scritte a mano e custodiscono il nostro essere, i rapporti con i nostri amici vicini e lontani, gli amori, i parenti, i colleghi di lavoro. Siamo abituati a pensare che gli scambi di messaggi privati siano un po’ come una sorta di “diario segreto” e, a meno che qualcuno non conosca la nostra password, siano inaccessibili.
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Il caro Mark Zuckerberg, tra le impostazioni del profilo, dà la possibilità di scegliere 1 o più contatti “erede”: delle persone di cui ti fidi e a cui vuoi “lasciare in eredità” il tuo profilo, non l’accesso, ma la possibilità di scaricare una sorta di database “commemorativo” di ciò che pubblicavi o i post in cui eri taggato. Ma in Germania è accaduto qualcosa che potrebbe cambiare il futuro.
Un tribunale tedesco ha stabilito che il profilo Facebook è parte dell’eredità digitale
Eredità digitale temo sia un’espressione di cui sentiremo parlare molto nei prossimi anni.
A Berlino nel 2012 una ragazza è deceduta in un incidente e da allora i genitori hanno richiesto di poter accedere al suo profilo Facebook per acquisire nuovi elementi sull’incidente. Mark Zuckerberg si è opposto all’accesso poiché legato alla privacy dell’utente. La ragazza in questione non aveva impostato un contatto erede e di conseguenza il profilo è stato bloccato e trasformato in “profilo commemorativo”, rimanendo impenetrabile ai genitori.
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Dopo sei anni e numerosi ricorsi la
Corte costituzionale federale di
Karlsruhe ha considerato il profilo della ragazza deceduta come “parte dell’eredità digitale” includendone anche i messaggi privati.
Nuovi scenari di eredità digitale
Quali saranno le conseguenze di questa sentenza?
Quanto ancora di personale e segreto ci rimane nelle nostre conversazioni “private”?
Per quanto non si abbia nulla da nascondere, è utile ritagliarci dei momenti che siano solo nostri e degli interlocutori che scegliamo: dove ci porterà questa ossessiva condivisione anche della “riservatezza post mortem”?