Breve diario dal Salone del Libro di Torino. Giorno due

Pierric Bailly è uno scrittore francese di trentacinque anni che indossa spesso, come oggi, un cappellino con visiera. Pierric Bailly ha scritto un libro doloroso e salvifico: L’uomo dei boschi. Marco Missiroli, lo scrittore amato da Carrère, delicato e intenso, colto e romagnolo, che modera l’incontro, esordisce con questa domanda: “Pierric, com’è morto tuo padre?”. La sala trattiene il respiro, ma Bailly risponde: “Mio padre è rimasto un giorno disteso, di schiena, ai piedi di un dirupo dove stava passeggiando per raccogliere dei funghi. Ma non ne sono sicuro, se mi sbagliassi tradirei la sua storia”. Missiroli allora rilancia: “Quando in uno scrittore compare un dubbio, compare un libro… Cos’è la verità? Questo è un libro su un padre morto”.

Come nasce la verità dei libri

Marco Missiroli è l’unico scrittore che ha la grazia dell’osceno. “La verità si insinua sul lato del dubbio, sul lato del vago”, dichiara Bailly, “la verità è vicina a ciò che è impalpabile. Ho errato nelle gallerie, nei tunnel del luogo dov’è morto mio padre e lì c’è sempre una grande eco (…) Ho iniziato a fare domande e ascoltare la mia stessa voce che mi rispondeva”.

“Cosa si prova a raccontare la verità?” chiede Missiroli. “Nulla di spettacolare. Solo la sensazione quieta di essere nel posto giusto. Sono rimasto nella vita trovando un posto a mio padre. I morti tornano vivi grazie alle parole giuste”.

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“Sì, man mano che il libro finiva, tuo padre nasceva”. conclude Missiroli con la generosità di chi sa leggere gli altri. “Mio padre vive ancora nella natura, senza misticismi”, continua Bailly, “perché la verità, come dice Annie Ernaux, è una preghiera laica”.