• About Author

  • Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • C’è un nuovo potere che deriva dai nostri dati, il capitalismo della sorveglianza

    Dalle origini allo scandalo Facebook, cosa si intende con questa espressione e quali sono le possibili soluzioni per conciliare privacy e vita digitale

    17 Aprile 2018

    L’espressione è stata coniata da J.B. Foster e R. McChesney che la usarono nel 2014 per la prima volta. Ma è stata Shoshana Zuboff, professore emerito alla Harvard Business School a renderla popolare: nel 2015 scrive infatti un articolo accademico dal titolo “Big Other: Surveillance Capitalism and the Prospects of an Information Civilization” in cui analizza questa nuova forma di capitalismo in cui i dati, acquisiti sorvegliando, monitorando e tracciando, sono il nuovo petrolio. Un capitalismo basato non più sulla produzione di beni o sulla speculazione finanziaria, ma sulla raccolta di dati personali e comportamentali e la loro mercificazione. Una sorta di capitalismo della sorveglianza, insomma.

    Le profonde radici del fenomeno

    Nel 1970 Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter dal 1977 al 1981, pubblica “Between Two Ages: America’s Role in the Technetronic Era”, un libro in cui sostiene che il mondo sarebbe passato, contemporaneamente, da un processo di maggiore unificazione e di maggiore frammentazione. Alla base del suo pensiero c’era l’idea che si sarebbe passati da una società di tipo postindustriale ad una che decise di chiamare “tecnotronica”, dominata dalle tecnologie, con profonde conseguenze sulla automazione dei processi, la cibernetica e le discipline tecniche che dominavano le organizzazioni sociale e produttive dell’epoca. capitalismo della sorveglianza Secondo Brzezinski ci sarebbe stato un ampio spettro di possibilità nella relazione tra cittadini e stato per la grande disponibilità di mezzi di controllo messi a disposizione dell’ingegneria sociale. Nel suo libro egli infatti dichiara profeticamente: “L’era tecnotronica comporta la graduale comparsa di una società più controllata. Una società del genere sarebbe dominata da un’élite, non vincolata dai valori tradizionali. Presto sarà possibile implementare una sorveglianza quasi continua su ogni cittadino e mantenere file completi e aggiornati contenenti anche le informazioni più personali sul cittadino. Questi file saranno soggetti al recupero istantaneo da parte delle autorità”. Queste dichiarazioni, di quasi mezzo secolo fa, sembrano più che mai attuali, vero?

    Il capitalismo della sorveglianza e il grande altro

    Nonostante oggi, dopo lo scandalo Cambridge Analytica,  il grande cattivo sembri essere solo Facebook, la Zuboff attribuisce a Google la paternità di questa nuova forma di capitalismo, adottata solo in seguito da Facebook e moltissimi altri, anche tra quei media che oggi gridano allo scandalo. Un primato, quello di Google, a cui il professore Siva Vaidhyanathan dedica già nel 2011 il suo libro “The Googlization of Everything: And Why We Should Worry”  (la googlizzazione di tutto: perché dovremmo preoccuparci). Un libro in cui invita a riflettere sullo strapotere di aziende come Google, di cui crediamo di essere utenti-clienti, ignari di essere anche prodotto e merce e che possono influire sul nostro consumo di informazione e cambiare la nostra percezione del mondo. Per Shoshana Zuboff non esiste un grande fratello, ma un grande altro, una sommatoria di poteri basati proprio sulla architettura globale di distribuzione dell’informazione mediata dai computer. CAPITALISMO della sorveglianza Una algocrazia, come alcuni la chiamano, in cui sono gli algoritmi, non sempre trasparenti, che estraggono e trasformano in merce i dati delle persone e sui loro comportamenti Soshana Zuboff ha annunciato la pubblicazione di un libro “The Age of Surveillance Capitalism: The Fight for a Human Future at the New Frontier of Power“, in cui analizza freddamente e da diversi punti di vista la situazione della attuale società digitale. La concentrazione di potere dei giganti del web e dei governi e la logica economica sottostante il capitalismo della sorveglianza sono una minaccia all’autonomia degli individui e ai diritti democratici o, viceversa, porteranno ad una maggiore democratizzazione e potere delle persone?

    Come sottrarsi alla sorveglianza

    L’11 aprile è stata la giornata del #faceblock, una giornata di protesta contro Facebook (ma non solo) in cui l’invito era ad astenersi dall’uso del social network. Ma è davvero la soluzione? Già nel 2010 un sondaggio della BBC condotto in 26 nazioni evidenziava come per il 79% delle persone l’accesso a Internet fosse un diritto umano fondamentale. capitalismo della sorveglianza Secondo la Zuboff è praticamente impossibile pensare ad una nostra partecipazione  sociale efficace (nel lavoro, nella formazione, nella salute e – perché no? –  nello svago) senza un accesso a questi spazi condivisi e di condivisione su Internet nonostante siano sempre più dominio di un capitalismo che sfrutta la sorveglianza. Per combattere questa situazione, dichiara la Zuboff, occorre capire i meccanismi che hanno portato alla nascita ed evoluzione del capitalismo della sorveglianza. Ma è chiaro, continua, che non si possa chiedere privacy ai capitalisti della sorveglianza, non più di quanto si potesse chiedere ad Henry Ford di fare ogni suo modello T a mano. Sarebbe, afferma, come chiedere loro di suicidarsi. La soluzione potrebbe essere invece chiedere leggi e regolamenti che disciplinino in modo chiaro:
    • la cattura e raccolta di nuovi dati comportamentali
    • l’uso di questi dati, la concentrazione eccessiva ed esclusiva di nuove forme di produzione (di dati e previsioni)
    • la creazione di nuovi strumenti di previsione
    • la vendita di strumenti di previsione
    • l’uso di strumenti di previsione per conto terzi
    • la monetizzazione del risultato di tali previsioni.
    Soluzioni necessarie per ristabilire una evoluzione sana del capitalismo ma anche per scongiurare il rischio di diventare schiavi delle macchine, degli algoritmi e dell’informazione che li alimenta.