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  • La storia dell’artista che aveva previsto il successo degli Influencer su Instagram

    Era il 2014 e Amalia Ulman si finse una it girl su Instagram in nome dell'arte. Ecco la sua storia

    28 Marzo 2018

    Era il 2014, sono passati solo quattro anni eppure questa storia qualcuno l’ha già dimenticata. È la storia di Amalia Ulman l’artista che dal suo profilo Instagram riuscì a trollare tutti facendo finta di essere una it girl che cerca di far carriera a Los Angeles. Un gioco in nome dell’arte che però svelava un’amara verità, quella che ad oggi è la normalità (o quasi) su Instagram: il successo dell’influencer marketing.

    Storia di un’istrionica Social Media Artist

    Amalia è argentina, di professione fa l’artista e non di certo la fashion blogger, eppure per quattro mesi curò il suo profilo Instagram documentando la sua vita come una vera e propria influencer. Chi per la prima volta guarda i suoi post di quel periodo, non troverà nulla di strano, anzi.

    Ok ok last 1 promise! This place was so cool tho ~~!!!

    Un post condiviso da Amalia’s Instagram (@amaliaulman) in data:

    Si tratta di un profilo perfettamente curato nei minimi dettagli, in cui citazioni positive, molti selfie e foto di pietanze perfettamente instagrammabili si mixano e danno vita alla precisa copia di un’odierna wall di una qualsiasi influencer. Amalia iniziò proprio intorno al mese di marzo del 2014 a postare su Instagram le prime foto del suo progetto che in tutto ne comprende 186. Dopo quattro mesi la Ulman ammise di fronte ai suoi follower che si trattava solo di una messa in scena, che era tutto finto e che i suoi post erano stati concepiti come una performance artistica dal nome “Excellences & Perfections”. Amalia_s_Instagram___amaliaulman__•_Foto_e_video_di_Instagram L’artista argentina progettò tutto con meticolosità: si intrufolava negli hotel di lusso per farsi delle foto, frequentava assiduamente H&M per comprare vestiti adatti al personaggio che aveva deciso di interpretare (ma che poi restituiva) e prendeva anche lezioni di pole dance per calarsi meglio in questo stile di vita fittizio. L’idea alla base era quella di interpretare la vita di una brava ragazza diventata cattiva (e della sua ritrovata redenzione che la porta a un mondo healthy fatto di yoga e cibo sano) facendo leva sulla facilità con cui il pubblico si lascia manipolare dalle storie raccontate attraverso i media. Amalia_s_Instagram___amaliaulman__•_Foto_e_video_di_Instagram 2 La perfomance artistica fu un successo mondiale e nel 2016 fu inclusa tra e opere esposte alla Tate Modern di Londra facendo della Ulman la prima Social Media Artist a meritare un posto in una simile istituzione museale.

    Quattro anni dopo Instagram è davvero uno strumento di personal branding

    Ogni influencer o brand che si mostra su Instagram sa bene oggi quanto la propria immagine sia direttamente riflessa sul wall dell’app. Si cerca di attuare un attento personal branding, si prova a costruire un profilo che racconti una storia, quella personale, e con questa si fa leva sull’empatia umana dei follower.
    Gli stessi fondatori di Instagram iniziarono in seguito a guardare con interesse i profili particolarmente curati, tanto che in un’intervista del 2016 Kevin Systrom, co-fondatore del social visuale, ammise che per ben sei giorni non postò alcuna foto poiché nessuna sembrava abbastanza speciale da poter essere pubblicata. Systrom suggerì anche che questa fu una delle ragioni che spinse Instagram a introdurre le famigerate Stories lo stesso anno: l’intento era appunto quello di lasciare al wall un ruolo “istituzionale” e permettere alle Stories di dare sfogo ai momenti più autentici e meno ricercati. Ma tra tanti stereotipi, come mai la Ulman scelse proprio quello della good-girl-gone-bad? L’artista racconta: “È la storia di una ragazza di provincia che sogna di diventare una modella. È stata scoperta da un fotografo e finisce a vivere a Los Angeles. Non ha soldi, si è appena lasciata con il fidanzato e cede alla tentazione di diventare una sugar baby. A un certo punto però la situazione si capovolge e lei inizia a drogarsi, finisce in riabilitazione e torna dalla famiglia, in provincia”. amalia-ulman Dopo aver analizzato i profili più popolari su Instagram giunse alla conclusione che queste tre personas fossero quelle ad avere più seguito. Oggi questi tre stereotipi sono ancora molto diffusi, confermando la lungimiranza dell’artista che, attraverso la sua opera, non solo dimostrò l’efficacia del personal branding ma anche quella di una formula in grado di mixare diverse personalità e quindi altrettante tipologie di follower. Un altro importante messaggio venne dimostrato dall’opera della Ulman: molti follower significano molto potere, e all’epoca l’artista ne aveva 94 mila e quasi tutti fake. A dimostrazione dell’efficacia dell’impatto numerico sulla psicologia del follower il messaggio pareva già chiaro anche in un periodo ancora non esageratamente florido per gli influencer. La performance artistica prefigurava, dunque, l’inestimabile valore che oggi si è soliti attribuire alle celebrità su Instagram. Era il 2014 e l’influencer marketing stava per esplodere e cambiare (definitivamente?) le regole del gioco.