“Chiunque potrebbe morire”: con queste parole Warren Littlefield, il produttore di The Handmaid’s Tale ha aperto domenica un panel al PaleyFest di Los Angeles. Al centro delle discussione la seconda stagione della serie distopica, in arrivo in Italia il 26 aprile sulla piattaforma TIMVISION. Dopo aver trionfato agli Emmy Awards aggiudicandosi ben 8 premi e dopo aver conquistato due Golden Globe, l’attenzione è tutta per la seconda stagione (da 13 episodi).
Il racconto seguirà la traccia del romanzo omonimo di Margaret Atwood e ci porterà oltre le mura di Galaad. “C’erano luoghi che mi sembravano molto importanti ed ero affascinati dal desiderio di sperimentare come le relazioni con le donne in quelle situazioni fossero diverse da quelle di Gilead – ha spiegato il produttore esecutivo Bruce Miller – le Colonie sono davvero il risultato finale della misoginia, della crudeltà e dell’abbandono delle donne, ma anche in questa crudeltà vedi che le donne trovano la possibilità di sostenersi a vicenda. Gran parte della serie riguarda l’incredibile resistenza e forza di June, ma di tutte le donne, in particolare”.
Nel corso del panel, Miller ha anche annunciato che per June (Elisabeth Moss), l’obiettivo principale non è solo ricongiungersi con la sua famiglia ma anche trovare un modo per proteggere il suo bambino non ancora nato. Il produttore esecutivo Warren Littlefield ha aggiunto che tutte le sue mosse nella stagione 2 riguardano proprio il bambino e “quale sarà il futuro per lui o lei. È un gioco di scacchi esplosivo e volatile” ha detto. Per sviluppare ulteriormente il tema della maternità attraverso il personaggio di June, “The Handmaid’s Tale” racconterà anche di sua madre, interpretata da Cherry Jones. Anche il mondo intorno a Gilead sarà ampliato nella seconda stagione. Ci saranno poi continui flashback per mostrare come l’America si sia trasformata un luogo in come Gilead.
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