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  • Così Angela Merkel ha ribaltato le regole del potere al maschile

    In Germania i bambini iniziano a chiedersi se anche un maschio, prima o poi, potrà governare il Paese. E da noi qual è la situazione post-elettorale?

    15 Marzo 2018

    La Spd tedesca annuncia i nomi dei sei ministri del nuovo governo presieduto dalla über-fraü Angela Merkel. La donna che, ai tempi delle lotte di #Metoo, afferma nella sua semplice esistenza un nuovo paradigma di parità di genere. La Germania, con il quarto mandato consecutivo di Merkel, è quel paese in cui i bambini chiedono ai genitori se anche un maschio può diventare Cancelliere. Non un mondo alla rovescia dove le disparità di genere non esistono, purtroppo, ma un mondo che ha innescato un cambiamento. La nuova squadra di governo presenta tre ministri uomini e tre ministri donne, formando un governo dove è una maggioranza femminile a ricoprire le maggiori cariche dello Stato. Proviamo a fare una riflessione che non vuole e non può essere esaustiva sulla leadership femminile di Angela Merkel e uno sguardo all’Italia. LEGGI ANCHE: La differenza di compenso tra uomo e donna, spiegata con una birra

    Merkel, identità digitale di un leader donna

    L’identità digitale di Angela Merkel è innanzitutto una fedele trasposizione online del suo storytelling offline. Presente su Facebook e Instagram, la scelta di voler arrivare a tutti è chiara.  Eppure, nonostante sia la prima in Europa a rappresentare la massima leadership al femminile – non è possibile inscrivere nell’insieme Margaret Thatcher che è stata considerata un unicum di storia politica –, non è certo una leader femminista. La Cancelliera ha dovuto superare le difficoltà imposte dal framing di genere che rinchiudono le donne in politica in paradigmi stretti di madri (di solito le donne in politica sono Ministri per l’Istruzione oppure si occupano di tematiche quali Pari Opportunità e Famiglia), prostitute (gli insulti sessisti rivolti alle donne sono una triste costante che non necessitano di esempi pratici) o matrigne (donne del tutto de-sessualizzate e sulle quali viene proposto un racconto “maschile”). Die Kanzler si afferma sulla scena politica con un soprannome datole dal popolo tedesco Mutti – appunto, un vezzeggiativo di mamma – nonostante lei stessa non abbia figli e con un cognome, Merkel, che non è il suo da nubile ma quello del suo primo marito. angela-merkel-2018  

    Le immagini online raccontano più di mille parole

    Alla cerimonia che l’ha vista accettare il suo incarico, emblematicamente, Merkel indossava una giacca bianca, ricalcando – inconsapevolmente o meno – l’immagine tipica del gender framing di sposa o di vergine. Online i suoi post per comunicare il rinnovato incarico di Cancelliera sono impersonali e in terza persona: non c’è nessun tentativo di rendere “caldi” i toni della comunicazione online, nonostante quanti l’abbiano conosciuta di persona raccontano di una donna estremamente affettuosa. Questo forse ci mostra di più di una vera scelta di comunicazione politica online. A confermare questo racconto online di donna abnegata al suo lavoro istituzionale c’è anche una precisa scelta di abbigliamento. La Cancelliera indossa sempre il completo con i pantaloni, in una compunta mise istituzionale che nega la componente femminile se non nelle eccentriche giacche. Sicuramente, bisogna notare, non corre il rischio di vedere le sue immagini riempire le pagine di Chi com’è stato per Boschi, Santanchè e Raggi, ree di essere belle e donne. Merkel è stata piuttosto vittima di un altro tipo di framing di genere: quello che la vedeva come una culona inchiavabile, lo stesso che ha più volte dovuto subire Camusso, ree di essere non essere considerate oggetti sessuali. merkel

    Una nuova era politica è possibile?

    Arriva una nuova onda con il nuovo governo insediatosi a Berlino il 13 marzo. Un gabinetto con nuove figure di potere che diversificano l’immagine della leadership femminile. Per noi potrebbe essere un’ottima guida, sperando che nel nuovo governo che verrà formato le donne abbiamo il ruolo che gli spetta. Ci sono voluti quasi trent’anni per avere, nella storia repubblicana, almeno una donna al governo. Ed è stato solo dal 2006 in poi che non si è più scesi sotto il 10% di donne nelle squadre di governo. Il governo Renzi è stato applaudito per la parità di genere negli incarichi di governo, ma senza durare molto e senza continuità di leadership femminile. Boschi, che la si apprezzi politicamente o meno, ha rappresentato una prima figura femminile a capo di un Ministero che in passato era sempre stato ad appannaggio maschile. E la speranza è di poter fare un passo avanti nell’affermazione di un posizionamento delle donne fuori dalla dicotomia più classica. Sono 0 su 18 le donne tesorieri per un gruppo parlamentare. Sono 4 donne su 28 a presiedere una commissione permanente. Sono 3 su 20 le donne alla guida di un gruppo parlamentare [dati Openpolis, 2016]. Sicuramente queste ultime elezioni hanno visto per la prima volta delle donne candidate come leader del proprio partito (come Meloni e Bonino) e questo fa sperare in una squadra di governo che dia alle donne adeguata rappresentanza considerando che abbiamo iniziato con il piede giusto: il 34% di elette alle due camere, la percentuale più alta nella storia repubblicana.